Alcol test obbligatorio: per una volta produttori di vino, ristoratori, forze dell’ordine e amministratori locali sono d’accordo. La norma entrata in vigore sabato scorso che impone gli esercenti di locali pubblici (con chiusura dopo la mezzanotte) di mettere a disposizione dei loro clienti un dispositivo di rilevazione del tasso alcolico, può diventare un’opportunità per tutti: “Può essere la volta buona – ha spiegato il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga, presidente della casa del vino di Isera – per sfatare la leggenda metropolitana secondo la quale l’alcol test sia sinonimo di tolleranza zero. Se i clienti impareranno ad accostarsi ad una misurazione seria del loro tasso alcolico, capiranno che qualche bicchiere si può anche bere. Ciò che davvero è dannoso è questo clima di terrorismo”. Gli fa eco il titolare del locale di Isera, Luca Bini, da qualche anno impegnato seriamente su questo fronte: “A pasto una bottiglia in due la si può bere tranquillamente, abbiamo fatto centinaia di rilevazioni fra i nostri clienti e i dati sperimentali ci danno ragione”. Insomma pare proprio che a questo punto, dopo che la sterzata repressiva che è arrivata persino ad imporre l’obbligo della misurazione nei locali pubblici, gli operatori del settore facciano buon viso a cattiva sorte. Perché, diciamolo pure, in questi anni il calo del consumo di alcol negli esercizi pubblici – e questi sono dati statistici – si è attestato attorno ad un 30% secco. Che non è poco. “Anzi è tanto – sostiene il marchese Guerrieri Gonzaga padre del San Leonardo uno dei top wine mondali – perché dietro al mondo del vino c’è un’economia e ci sono tante famiglie che lavorano. E poi perché il vino se consumato moderatamente è fa soprattutto bene”. Di questo, se ne è parlato ieri mattina nell’enoteca di Isera, consorzio che raggruppa oltre 20 produttori e numerose municipalità lagarine. A questo punto quindi, entrata a regime la legge, il problema diventa un altro e riguarda soprattutto la sua applicazione: “La norma prevede che ristoratori ed esercenti si dotino di un misuratore chimico o elettronico. Sul mercato se ne trovano anche da 15 euro – ha spiegato il comandante dei vigili urbani della destra Adige Nicola Mazzucchi -. Il rischio è che molti si affidino a dispositivi non idonei, creando confusione fra i consumatori. Il consiglio, quindi, è quello di affidarsi a strumenti sicuri. Solo così la loro azione di sensibilizzazione e di prevenzione nei locali pubblici potrà essere di aiuto anche a noi forze
dell’ordine”. Della stessa opinione anche Bini, della Casa del Vino: “Su questo noi abbiamo fatto un lavoro durato due anni, i risultati sono a disposizione gratuitamente sul nostro sito. Ma ci siamo dotati di uno strumento idoneo in linea con quello usato dalle forze dell’ordino. Mi aspetto che da parte dei miei colleghi ci sia una uguale attenzione su questo tema. Siamo pronti anche ad aiutarli. Perché solo in questo modo possiamo trasformare questo obbligo in un’opportunità; e far capire che tre bicchieri consumati a pasto, magari mettendosi alla guida dopo una mezz’ora dall’ultimo bicchiere, si possono bere tranquillamente. La cosa importante è essere seri ed investire molto sulla professionalità, anche la nostra”. A fianco di produttori e forze dell’ordine anche le municipalità lagarine che conoscono bene quanto l’economia dei loro territori sia legata alla viticoltura. E ieri mattina lo ha spiegato il vicesindaco di Isera Franco Nicolodi: “Noi abbiamo sempre fiancheggiato queste iniziative perché, se da una parte abbiamo a cuore il problema sicurezza, dall’altra sappiamo che è sbagliato far passare un messaggio totalmente repressivo e terroristico. Questo obbligo, se interpretato con competenza da tutti gli attori, non deve essere vissuto come uno strumento repressivo ma come uno modo per rilanciare il consumo moderato del vino senza inutili e dannosi terrorismi”. Per una volta, insomma, attorno ad un obbligo, volentieri o malvolentieri, sono tutti d’accordo. Manca solo la voce dei consumatori, ma quello è tutto un altro paio di maniche.