Brindisi, 4 novembre 2010 – Più della metà del fatturato e della forza lavoro dell’industria vitivinicola nazionale viene dalle cooperative: 3,2 miliardi il giro d’affari complessivo (54% del totale), quasi 6.000 gli addetti (53%). E se più di un terzo delle imprese italiane che producono vino sono cooperative, anche per il 2010 le prime cinque maggiori imprese italiane per fatturato (Gruppo Italiano Vini, Caviro, Mezzacorona, Cantine Riunite & CIV e Cavit) hanno tutte forma cooperativa. Una posizione di leadership che si conferma anche fuori dai confini nazionali, dove troviamo ben sei aziende italiane nella classifica delle prime dieci cooperative europee (dati Copa-Cogeca). “Sono dati lusinghieri che confermano il peso della cooperazione vitivinicola italiana – commenta Maurizio Gardini, presidente di Fedagri-Confcooperative nel suo intervento all’Assemblea del settore in corso presso la Cantine Due Palme di Cellino San Marco (Brindisi) – e che attestano che le migliori performance in termini di fatturato provengano dalle imprese con maggiori dimensioni aziendali”. I risultati dello studio realizzato da Nomisma per Fedagri e presentato in Assemblea, dimostrano che le cooperative più grandi sono quelle che riescono a remunerare meglio sia i soci conferitori che la cooperativa stessa, tramite investimenti aziendali. Le dimensioni aziendali più strutturate generano inoltre una serie di vantaggi in termini di efficienza e di redditività: la riduzione dei costi di produzione – grazie alla diminuzione dell’incidenza dei costi fissi e all’ottimizzazione di trasporto e logistica – e l’acquisizione di maggior potere contrattuale nei confronti degli interlocutori commerciali, sia italiani che esteri.
Anche la propensione all’export delle cantine cooperative è infatti strettamente correlata alle dimensioni di impresa: la quota di fatturato derivante dalle vendite all’estero è di oltre il 53% per le cooperative che hanno fatturati superiori a 40 milioni di euro. Le grandi dimensioni aiutano infine anche nel rapporto con il mondo del credito: sempre secondo i dati Nomisma, il costo dell’accesso al credito per le cooperative di piccole dimensioni ha un impatto sul fatturato pari al 4,6%, dato che scende invece al 2% per le cooperative più grandi. “Aiutare le nostre cooperative ad essere più competitive sul mercato interno e su quelli internazionali è il nostro principale obiettivo – ha concluso il presidente Fedagri – ed è per questo che incoraggiamo da sempre le imprese a procedere sulla strada delle fusioni e delle aggregazioni”. Solo negli ultimi due anni le cooperative di Fedagri hanno concluso importanti processi aggregativi. In Veneto la Cantina di Soave ha incorporato la Cantina di Montecchìa di Crosara, vedendo così accrescere il suo potere di mercato sia per la DOC Soave (34%) che per la DOC Valpolicella (47%). Con la costituzione del consorzio veneto Collis Wine Group, nato dalla fusione tra la Cantina di Colognola ai Colli e la Cantina dei Colli Berici, le due cooperative hanno potuto completare la loro gamma di vini prodotti, dall’Amarone al Prosecco. Aggregazioni concluse con successo anche in Emilia-Romagna, con la fusione tra la Cantina Formigine e la Cantina Pedemontana di Braida (dal quale è nata una realtà cooperativa che controlla e valorizza oltre il 70% del lambrusco grasparossa) e in Lombardia, con la fusione tra la cantina di Casteggio e la Cantina di Broni che ha dato vita alla Cantina cooperativa Terre d’Oltrepò. Fusioni cooperative per massimizzare le economie di scala anche in Puglia, dove la Cantine Due Palme ha recentemente incorporato la Cantina Angelini di San Pietro Vernotico e la Cantina Riforma Fondiaria di Cellino San Marco.