In Trentino troppi piagnistei. Il mondo del vino in provincia di Trento è affetto da un endemica tentazione al masochismo e non è capace di guardare oltre la punta del suo naso. Sono parole di Albino Armani, il cantiniere da 18 milioni di euro all’anno, prodotti fra Friuli, Valdadige, Valpolicella, zona del Prosecco e, appunto, Trentino. Sede di questo piccolo impero che gira intorno al vino, Chizzola di Ala. Il dibattito post Vinitaly, che ieri ha fatto saltare il tappo all’associazione dei vignaioli: “Non parteciperemo alla Mostra dei vini del Buonconsiglio”, non lo appassiona affatto: “Mi pare che ci si stia perdendo dentro un bicchier d’acqua. I nostri vicini, in Valpolicella, stanno discutendo se mettere la fascetta di stato anche al Ripasso, lo stesso discorso si sta facendo anche nelle zone del Prosecco. In Trentino, perdiamo tempo in questioni di dettaglio che non portano da nessuna parte”. Sarà che la sua posizione gli consente di guardare alle vicende trentine con maggior distacco, sarà che è abituato a ragionare in altro modo, ma Armani si tira fuori dal coro della narrazione del vino Trentino come una tragedia già scritta: “Sui mercati internazionali la Doc trentina gode ancora di buona salute, il Trentino ha ancora un buon appeal commerciale. I produttori guadagnano meno di qualche anno fa? D’accordo, ma faccio un esempio: quando la sociale di Avio ha toccato il fondo della crisi, con uve pagate a poco più di 30 euro, le remunerazioni del Friuli erano esattamente la metà”. Lei è ottimista, fin troppo mi sembra… “Forse guardo le cose con maggior distacco, ma dico che in Trentino il sistema vino, anche grazie al ruolo svolto dalla politica e dalle istituzioni, nel suo complesso ha tenuto e tiene. Torno al Friuli, in questo momento Friulvini, il consorzio di secondo grado è in liquidazione, è sul mercato a 2 milioni di euro. Non mi pare, per fortuna, che in Trentino sia accaduta la stessa cosa con Cavit”. Lei sembra parlare più come un cooperatore che come un imprenditore privato… “Da imprenditore mi rendo conto che dove si è lasciata mano libera al mercato, e torno a citare il Friuli, ci abbiamo rimesso tutti almeno in termini patrimoniali. Il modello trentino, grazie anche alla rete di protezione garantita dal pubblico, invece ha tenuto. E ha tenuto anche per noi privati. Il resto sono dettagli, si poteva fare di più per Avio o per Nomi o si è fatto troppo per Lavis. Può darsi. La politica poteva fare di più? Può darsi anche questo, diciamo che ha fatto il 60 % di quello che poteva fare. Ma, ripeto, non siamo messi così male come qualcuno vuole farci credere. In Trentino c’è un certo masochismo di cui non sappiamo liberarci”. Masochisti anche i vignaioli che hanno deciso di boicottare la mostra dei vini? “Sono anche io convinto che nella Consulta loro avrebbero dovuto contare di più, la rappresentanza paritetica forse era la strada migliore. Ma la loro reazione mi sembra sproporzionata”. E allora cosa non funziona in Trentino, davvero pensa che siano solo ubbie masochistiche? “Se manca qualcosa è una dialettica alta, una visione strategica. Ci perdiamo nei dettagli, ma non abbiamo ancora cominciato ad interrogarci su cosa fare nei prossimi cinque anni. Il Pinot Grigio è un prodotto commercialmente maturo, e poi cosa faremo? Questa è la domanda. Su questo dovremmo cominciare a discutere. Il futuro è il Trentodoc, sono i vini di montagna? Cominciamo a chiederci queste cose e a mirare alto”. Lei è uno dei pochi che non se la prende con la politica, non è che per caso teme di disturbare il manovratore? “Non ho di queste preoccupazioni, sono uno di quelli che in Trentino non hai mai ricevuto aiuti pubblici. Ma penso che ora la politica, le istituzioni, facciano bene a traghettare i soggetti coinvolti nella crisi, quelle coop che conosciamo, oltre il guado. Poi la politica, e lo ho scritto recentemente anche a Mellarini, si faccia da parte e si occupi solo di disegnare, o di aiutare a disegnare, l’orizzonte dentro il quale dobbiamo muoverci nei prossimi dieci anni. Si riappropri di un ruolo esclusivamente di indirizzo”.
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!