Si chiama Sol. Come sole, in dialetto trentino. E Sol come solo, sempre in dialetto. Dunque un vino che nasce con un’esposizione perfetta al sole in tutte le ore del giorno. E di cui ne sono state prodotte solo 600 bottiglie. E solo da uve coltivate, e vinificate, con tecniche naturali. Sol, insomma. Si tratta di un Sauvignon trentino, annata 2010, prodotto da vigneti maturi, piantati circa 30 anni fa sulle colline di Castel Noarna nell’alta Vallagarina (Tn), sulla sponda destra dell’Adige. Trattandosi di Castel Noarna, avete già capito chi sia il produttore. Sì, proprio lui: Marco Zani, il vignaiolo-ristoratore roveretano che da qualche anno sulla collina di Nogaredo sta conducendo interessanti sperimentazioni, e non solo, biologiche e biodinamiche. Sol sarà presentato in premiere sabato prossimo, 5 novembre, nella cantina-castello della famiglia Zani. Fra le 16 e le 18, il programma prevede degustazione, visita ai vigneti e possibilità di prenotare la bottiglia, in anticipo di qualche settimana sull’inizio della commercializzazione. Questa la cronaca dell’evento. Ma c’è dell’altro. Dietro questa iniziativa si intravede la mano di Luca Bini, il patron della Casa del Vino di Isera, di cui Zani come la maggior parte dei vignaioli lagarini è socio. Le due barriques da cui è stata prodotta la bottiglia, infatti, sono state acquistate dalla gestione di palazzo de Probitzer. “Ho fatto un assaggio in cantina, direttamente dal legno, qualche mese fa – ha raccontato Bini – e ho capito che attorno a questo vino si poteva costruire una bella operazione di comunicazione. Le caratteristiche estreme di questo bianco, secondo me, ci consente, infatti, di organizzare un’operazione di grande impatto”. Sol, dunque, nasce dalla partnership fra Casa del Vino e uno dei suoi vignaioli. Una sorta di numero zero che potrebbe fare da apripista ad altre iniziative simili con altri consociati. Ma veniamo al vino. Io lo ho assaggiato un paio di giorni fa seduto ad uno dei tavoli dell’enoteca di Isera, in prima assoluta. Sulla bottiglia un’etichetta ancora da sistemare definitivamente, ma già ben abbozzata. Sol è un vino estremo. Si capisce subito che è il frutto di una scelta radicale: le tecniche bio in campagna, la vinificazione naturale, la lunga permanenza in barriques, un anno, e l’imbottigliamento senza filtrazione. Tutti elementi che, appunto, ne fanno un vino che si percepisce immediatamente come estremo. La prima impressione, devo dire, è stata di un impatto esagerato della componente legnosa, sia in bocca che al naso. Però, per onestà, confesso subito che i legni non ricadono fra le mie preferenze olfattive e gustative. E preciso anche che il vino era stato messo in bottiglia solo da pochi giorni. Tutti elementi che, forse, all’inizio mi hanno distratto e portato fuori strada. Tuttavia, la vera sorpresa, è arrivata poco dopo; quando il profilo acutamente legnoso ha lasciato subito il posto ad una sensazione balsamica molto persistente che allude ad un’accentuata componente minerale contenuta in queste uve coltivate in collina. Chi mi stava accanto, e stava bevendo insieme a me, ha osservato genialmente: “Sembra di sentire quell’odore di sassi sfregati l’uno contro l’altro, che sentivamo quando da bambini giocavamo con la terra in mezzo ai campi”. Mi è parsa un’immagine calzante per raccontare la sensazione vivacemente mineralizzata, profusa a lungo da questo vino, anche dopo aver finito di berlo. La stessa sensazione che mi ha fatto pensare ad alta voce: “Questo vino lo si apprezza più dopo averlo bevuto che mentre lo si beve”. Come una boccata di freschezza rigenerante, come il piacere che provi quando sei in debito di ossigeno e finalmente ti si spalancano i polmoni. Così Sol mi ha spalancato le narici e le mucose. Un piacere fisico che vuoi subito ripetere. Perché ti regala il senso della vitalità e di quanto sia bello respirare. Questa è stata la mia esperienza con Sol, dopo averlo bevuto. Naturalmente, si tratta di Sauvignon trentino, quindi elegantemente e armoniosamente lontano dalle esperienze grasse e invadenti alle quali ci siamo abituati in questi anni con i Sauvignon altoatesini e friulani. E’ un Sauvignon trentino, gustosamente impregnato di frutta bianca molto matura, che prevale sui sentori vegetali dei Sauvignon alla moda su cui ci siamo fatti la bocca. Seppure con tutti i distinguo di cui abbiamo detto prima, caratteristiche che ne rendono unico ed estremo il profilo sensoriale. Ma che, a mio parere, risulta ancora troppo giovane per essere apprezzato fino in fondo. Il che mi fa pensare che questa bottiglia darà il meglio di sé con la maturità, fra cinque, dieci, forse anche quindici anni. Si accettano scommesse. E questa è una buona buona ragione per prenotarne qualche bottiglia già durante la premiere di sabato prossimo. Voto 7,5 in attesa di un 9 fra qualche anno.
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!