Pubblichiamo anche sul nostro blog, perché in buona parte ne condividiamo le ragioni, il video che riprende l’incursione degli attivisti di Cibo&Terra durante il convegno della Fondazione Mach dedicato al marketing del vino, tenutosi ieri a Trento.

Documento integrale dell’assemblea Cibo&Terra
Meno agroindustria significa più biodiversità, più salute, più benessere economico.
Migliorare il marketing non è una soluzione per l’agricoltura trentina

(fonte Globalproject) Il tema del convegno di oggi alla Fondazione Mach segnala che i poteri forti dell’agricoltura trentina e la politica provinciale continuano a muoversi in un’ottica di breve-medio periodo che privilegia il profitto immediato e non vogliono vedere le contraddizioni disastrose che in questo settore si stanno aprendo.
Si cercano nuovi sbocchi di mercato per la produzione vitivinicola eccedente del Trentino. E nemmeno si dice che presto il problema potrebbe riguardare anche la frutticoltura e la trasformazione casearia.
Ci si occupa del sintomo, si ignorano le cause della malattia. I mercati globalizzati sono inondati da sovrapproduzione di ogni settore e di molte aree geografiche che cerca sbocchi in tutti i modi. Questa sovrabbondanza – mentre non si traduce in distribuzione equa, anzi aggrava le povertà – costituisce un problema che si potrà superare solo con un modello diverso di produzione e di consumo e non con una competizione tra produttori sempre più esasperata, più logorante, più costosa, più incerta.
In agricoltura il Trentino da troppo tempo ha imboccato la strada delle monocolture industriali e dei distretti territoriali (mele, viti, piccoli frutti) inserendosi nelle logiche delle economie di scala che impongono il costante aumento della produzione per sopperire al minor utile. Si è depauperato sempre più il territorio con impattanti impianti intensivi e conseguentemente si sono ignorate le vocazioni territoriali, la tutela della salute (uso dei pesticidi di sintesi) e dell’ambiente e persino le richieste del mercato locale. Logiche che comunque opprimono gli stessi agricoltori (al di là dei vantaggi economici immediati: sovvenzioni, contributi; l’utile è sempre costantemente in calo) e li fa dipendere in modo ricattatorio da un sistema provinciale di sovvenzioni e di servizi che continua a mantenere un grosso apparato di interessi e di riproduzione del potere ma comincia a mostrare crepe vistose.
Abbandonare la diversificazione dei prodotti è stato un errore che non consente di guardare con tranquillità ad un futuro difficile. Il Trentino non è autosufficiente dal punto di vista alimentare: la popolazione accoglierebbe con favore la conversione della propria agricoltura al servizio del territorio, come dimostrato dal grande successo dei mercatini e dalle vendite aziendali dirette. E’ quindi necessario – prima che sia troppo tardi – invertire gradualmente la rotta prima di tutto attraverso un salto culturale capace di recuperare identità all’agricoltura trentina e poi, ovunque possibile, attraverso le azioni che rovesciano il segno del sistema: agricoltura di prossimità al servizio del consumo locale e dell’offerta turistica trentina, filiera corta, produzione di qualità (biologica, biodinamica), intesa con i consumatori, organizzazione dei gruppi di acquisto, con effetti positivi anche sotto il profilo della remunerazione del lavoro agricolo.
Non è una strada agevole ma è l’unica da percorrere per anticipare una crisi irreversibile i cui segnali sono evidenti. Occorrerà: mettere in discussione le strutture del potere economico di settore che si muovono con logiche non corrispondenti agli interessi collettivi; contrastare il pensiero unico dei tecnici che nell’agricoltura industriale – anche oggetto di manipolazioni genetiche – vedono sviluppo; imporre alla provincia una politica di sostegno strutturato ad un’agricoltura capace di fare qualità e non quantità e valorizzi il rapporto positivo con la natura, nel rispetto dell’ambiente e della salute dei residenti e degli stessi operatori agricoli.
Assemblea -Cibo&Terra-