Quando, l’altro giorno in conferenza stampa a Rovereto, l’assessore all’agricoltura Mellarini ha tirato fuori dal cappello l’idea estemporanea dell’ennesimo festival da mettere in piedi in città, questa volta dedicato, udite, udite, ai vitigni autoctoni, mi sono detto: come è cambiato questo posto, in così poco tempo. Quando ero ragazzo, era la città della cultura e della produzione industriale. Oggi è diventata la città dei festival. Soprattutto di quelli all’insegna del “magna & bevi”. O, per dirla come piace all’assessore, del “Food & Beverage”. Ma come, ancora un festival? Ne stava giusto presentando uno, quello sulla viticoltura biologica che si aprirà venerdì a Manifattura Domani. E già, Mellarini, stava pensando a come farci divertire il prossimo anno. Dunque, quello che ci attende per il 2012, dopo il vino biologico, è il vino autoctono. Un festival per tutti e un festival per tutte le stagioni. Niente di male, si intende. Però, c’è un però. Queste cose, a meno che non le si voglia prendere per quello che effettivamente sono, una passerella per i politici, hanno un senso solo se trasmettono qualcosa. Se comunicano, qualcosa. Se almeno hanno l’ambizione di far crescere qualcosa. Altrimenti, che cosa le facciamo a fare? E, allora, anche il tema dei vitigni autoctoni in Trentino e in Vallagarina, può essere uno di quei temi su cui fare qualche riflessione. Ma le riflessioni, appunto, bisogna farle. E per farle, bisogna partire dal mondo reale. Non da quello fantastico, abitato dalle parole, dalle ambizioni e dalle velleità. E dai festival. Tra l’altro, è apparsa curiosa la spiegazione che Mellarini ha dato ai giornalisti, circa la genesi intellettuale del nuovo festival che verrà: “Una buona percentuale dei produttori di vino in Trentino si trovano in Vallagarina. Il prossimo anno mi piacerebbe organizzare un festival sui vitigni autoctoni nazionali, con un concorso dedicato”. Quale sia il nesso, fra la quantità delle aziende e le varietà coltivate, mi sfugge. Rovereto, o Trento, potrebbero essere più adatte per un grande evento dedicato al Pinot Grigio, allo Chardonnay o al Pinot Nero con cui si produce il Trentodoc, ammesso che a questo brand qualcuno abbia ancor a voglia di crederci. Capisco davvero meno, l’attenzione per gli autoctoni in una terra che gli autoctoni li ha dimenticati. Ma veniamo al mondo reale. E abbandoniamo per un attimo quello delll’iperuranio mellariniano. La viticoltura del Trentino negli ultimi trent’anni ha subito un processo violento di internazionalizzazione delle varietà coltivate. Forse, questa almeno è la mia sensazione, più di qualsiasi altro comprensorio vitivinicolo italiano. E’ stato un processo prima intuito e poi guidato dalla cooperazione, a cui si sono adeguati, chi più chi meno, anche i vignaioli. Nel giro di tre decenni la viticoltura trentina ha scelto (?) di trasformarsi pesantemente, aderendo ad un modello plasmato sul gusto globalizzato, manipolato e orientato dalle multinazionali agroalimentari. In cambio del successo, anche economico, sui mercati, ha rinunciato al suo profilo tradizionale. E lo ha cambiato. Ha messo da parte le coltivazioni autoctone, e i relativi patrimoni genetici, e ha valorizzato, spesso facendolo benissimo dal punto di vista della qualità, produzioni standard: i vitigni internazionali, appunto. Ancora niente di male. Ma da qui, perché questa è la realtà di oggi, bisognerebbe partire. Anche per progettare un festival degli autoctoni, come quello annunciato giorni fa da Mellarini. A proposito, ma non ne abbiamo già uno, e anche piuttosto consolidato (Autochtona), a Bolzano, a poche decine di chilometri da noi? Vale davvero la pena fare gli eterni replicanti dei cugini altoatesini? Ma ora proviamo a dare un’occhiata ai numeri che descrivono quello che è accaduto negli ultimi decenni. La fonte è il Rapporto 2011 sullo stato dell’agricoltura trentina, pubblicato dalla Camera di Commercio di Trento (vedi tabelle a fianco). Stiamo pure larghi e mettiamo fra le varietà autoctone del Trentino Enantio, Marzemino, Teroldego, Schiava, Lagrein, Moscato Rosa, Nosiola, Traminer. Oggi le superfici vitate con queste varietà rappresentano poco più del 20%. Nel 1980, superavano abbondantemente il 60%. Rispetto a trent’anni fa, alcune varietà sono state letteralmente decapitate, contrariamente a quanto continuavano a raccontarci le grancasse della comunicazione istituzionale e dei consorzi creati ad hoc. E’ il caso dell’Enantio (Lambrusco a foglia frastagliata): nel 1980 occupava il 12,6% della superficie vitata del Trentino, oggi solo lo 0,5% (53 ha). Anche la Schiava ha subito lo stesso destino: il 34% nel 1980, oggi il 3,9% (399 ha). Il Teroldego ha mantenuto le sue posizioni, pur in flessione. Oggi rappresenta il 6,3% (640 ha), nel 1980 rappresentava il 7%. Anche i campi coltivati a Nosiola, hanno subito un ridimensionamento: da 1,1% a 0,7% (77 ha). Sono cresciuti, anzi raddoppiati, invece gli impianti di Marzemino, ma pur sempre dentro dimensioni poco significative: da 1,6% a 3,5 % (360 ha). Sono numeri che raccontano come si è trasformato il Trentino del vino. Oggi, due sole varietà internazionali, Chardonnay (28,2%) e Pinot Grigio (23,1%), rappresentano oltre il 50% delle superfici vitate. Questo è il mondo reale da cui farebbe bene a partire, per i suoi ragionamenti e i suoi progetti festivalieri, anche l’assessore Mellarini.
Le tabelle pubblicate sono tratte da: “Materiali di Lavoro dell’Economia Trentina: La viticoltura trentina 2011” – Rivista della Camera di Commercio di Trento.
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!
Complimenti per l'articolo io l'ho trovato molto interessante
anche perche' i numeri aiutano a capire molte cose sullo stato
dell'enologia trentina. Del resto la trasformazione degli impianti
(o reimpianti) e' stata quasi completamente pilotata dai mega
consorzi che gestiscono la produzione dei loro soci conferitori
con il solo occhio alla vendita sui mercati esteri.
Bene ha fatto Ziliani a ripostare il vostro lavoro.
Grazie Gaio Plinio, in verità la notizia di per sé non era nuova: ma a volte i numeri raccontano più di mille parole i fenomeni. Su cui poi si può anche discutere, come infatti è poi avvenuto in questo blog, anche grazie alla segnalazione di Ziliani. Comunque, grazie!
Solo per segnalare che il post (e i commenti) sono stati ripresi questa mattina da Franco Ziliani su Vinoalvino.org. Vuol dire che non avevo, e non avete voi, scritto cazzate….
Cosimo Piovasco di Rondò (sempre più autoreferenziale)
Ma l'assessore Mellarini, lo legge questo Blog? Non credo, altrimenti sarebbe intervenuto per dare qualche risposta che a questo punto mi sembrerebbe doverosa. O forse sì, ma non ha niente da dire? In ogni caso, se qualcuno ha il suo indirizzo email, dovrebbe provare a condividere con lui almeno questo post. Sarebbe interessante ascoltare anche l'altra campana, altrimenti rischiamo il monologo
Lo legge, lo legge….. almeno credo. I post vengono segnalati di volta in volta anche nelle alte stanze del palazzo…. se non lo legge lui lo leggono i suoi comunicatori… Che poi non voglia rispondere, forse perché non ha tempo, forse perché il luogo non gli è consono o perché lo ritiene troppo modesto per ospitare le sue opinioni.. è tutto un altro paio di maniche…
CPR
Teroldek: bevi de mem!!!
A parte le battute, a me invece questo post sembra piuttosto interessante, al di la de numeri; perché racconta un immagine del Trentino non convenzionale e non patinata. E a volte, credetemi, questo puo' fare bene. A tutti.
Barby
Ma ci siete o ci fate? Queste cose le sappiamo tutti da molti anni. Spacciarle, oggi, per notizie o peggio ancora per rivelazioni è una perdita di tempo. Ma non avete niente da fare?
TeroldeK
Ops,a forza di criticare gli errori degli altri, prima o poi ci si casca. Hai ragione Curioso, ho commesso un errore cromatico, nella fretta di scrivere ho scambiato moscato rosa per moscato giallo…, a volte sarebbe utile rileggere quello che si scrive.E questa volta, non lo ho fatto. Mi serva da lezione! Quindi chiedo scusa a tutti, lettori di questo post e commentatori.
Per il resto, mi sembra che la tua analisi sia precisa, ancor più analitica della mia. Però, visto che parli di documentazioni, quindi credo numeri, che le istituzioni non divulgano…. perché non lo fai tu…. girandole a questo blog (trentinowine@live.it), Potrebbe essere una buona occasione per discutere anche di quello che gli "altri" non dicono…
Grazie!
CPR
Caro Cosimo, complimenti! E complimenti a quanti sono già intervenuti. L’indifferenza sui temi di politica vitivinicola degli ultimi anni è stato il substrato sul quale si sono sviluppate le storture che hanno provocato i guasti che stiamo vivendo. E’ solo parlandone, democraticamente, senza demagogia, ma con spirito costruttivo che si potrà superare la situazione di stallo nella quale ci troviamo. Detto questo con un po’ di retorica, rivendico come cittadino il diritto di criticare costruttivamente l’operato di chi ci ha portato in questa crisi e soprattutto chi non è riuscito a proporre soluzioni rapide, avendone la responsabilità politica. Non si può essere generosi nel giudizio dopo il dimezzamento delle liquidazioni delle uve, della crisi delle cantine, della perdita dell’immagine complessiva del Trentino vinicolo. Men che meno oggi, a distanza di anni dall’inizio della crisi, dove il foglio dei programmi futuri continua ad essere tremendamente bianco, senza uno straccio di programma che dica cosa e come si intende riposizionare il Trentino al posto che gli spetta. Dopo tanto parlare di Dossier del Vino di San Michele (ricordate? Lì c’era già quasi tutto. E’ stato brutalmente cassato dai vertici della cooperazione), poi c’è stato il documento dei 4 saggi (magretto, ma meglio di niente), poi la nomina dei due gruppi di lavoro al posto dell’annunciata unica cabina di regia. Che si troveranno prossimamente e cominceranno a fare…
E’ sul cosa fare e sul come, soprattutto, che ci sarà da discutere, discutere ed intanto il tempo passa. Altro che annunciare manifestazioni sugli autoctoni. Di nuovo fumo negli occhi. Non se ne può più.
A Paola di Ravina mi permetto di confermare che i dati pubblicati sono veri. Ce ne sarebbero anche altri, che gli Enti preposti o non hanno, o non conoscono, comunque non si pubblicano per carità di patria.
A Elisabetta di Trento ricordo che la Schiava è dimostratamente coltivata in Trentino dall’Alto Medio Evo (… et duam dimitiam uvae sclave grapule, si legge in una compravendita in Valle di Lagaro) anche se da decenni nessuno ci lavora più su, intendo dire che non la si studia e migliora più, a differenza dell’Alto Adige dove sta giustamente godendo di un grande ritorno… autoctono. Meno corretto, invece, trovo annoverare fra gli autoctoni il Moscato rosa, mentre è autoctono il Moscato giallo.
Per Paola
I numeri pubblicati sono corretti e sono quelli elaborati dall'Assessorato all'agricoltura, poi magari andrebbero interpretati. Per esempio mi pare azzardato inserire la Schiava fra gli autoctoni trentini, che in vece formalmente è un autoctono dell'alto adige. Ma mi sembra un dettaglio di poco conto fare distinzioni fra le due province vista la diiffusione che questo vigneto ha sempre avuto anche in trentino. Comunque i numeri crudi sono corretti, basta appunto verificarli come dice cosimo sul rapporto annuale della camera di commercio.
Elisabetta di Trento
Io non so se i numeri pubblicati su questa tabella sono affidabili, ma se è così, mi chiedo cosa ci hanno raccontato fino ad ora. Dico la verità, io sono trentina di nascita e vivo a Milano da molto tempo, ma quando torno nella nostra terra sento sempre parlare di territorio, di enogastronomia legata al territorio, di marketing territoriale. E cerco di far passare questo messaggio anche ai miei amici e conoscenti per invitarli a venire da noi. E invece cosa scopro? Che da anni stiamo vendendo parole e un'immagine falsata della realtà. Ripeto non so se i numeri pubblicati da Cosimo (a proposito complimenti, per aver sollevato questa questione!), siano reali, non sono riuscita a scaricare il documento linkato. Qualcuno, me li puo' confermare o, speriamo, smentire?
grazie
Paola
Per Lorenzo Rotaliano: Naturalmente accetto la critica. Ma mi chiedo, che male c'è nel fare politica? Pare che questa parola sia diventata sinonimo di un'attività criminale. Non è così. Rivendico il diritto di fare politica, se fare politica è provare a fare ragionamenti dentro un orizzonte di riferimento. Lo facciamo tutti, anche quando sosteniamo di non fare politica. Detto questo, però, mi permetto di puntualizzare una cosa, che fra l'altro avevo già espressa in un post di qualche tempo fa, con Mellarini, da molto tempo, ho un legame di amicizia che va oltre le divergenze, che ci sono e sono grandi come voragini, di opinione. Quindi, tutti tranquilli: questo blog vuole, con molta modestia, provare ad offrire degli spunti di ragionamento. Non fare la guerra all'Esimio. Non è questo l'obiettivo. E tuttavia, è spesso inevitabile tirarlo per la giacchetta: in Trentino, forse come in nessuna altra parte d'Italia, la politica gioca un ruolo decisivo e fondamentale nell'economia. E in quella agricola in particolar modo.
Per Anonimo e Criticon: mi sembrate entrambi ben informati circa il contesto vitivinicolo trentino: avete voglia di scrivere su questo blog? Il vestito di Cosimo Rondò può essere indossato anche da voi, se lo ritenete adatto alle vostre sensibilità. Se vi interessa, scrivete a trentinowine@live.it
Grazie!!!
CPR
Se devo dire la verità, mi pare che questo blog stia facendo politica. E non è un buon segno. Ci sarebbe invece bisogno di fermarsi e di confrontarsi senza livori. Mellarini, forse non sarà il migliore degli assessori possibili, ma è di sicuro uno che ha fatto tanto per noi lavoratori della campagna. Forse voi frequentate troppi salotti. Per questo non vi piace Mellarini. Lui si sporca le mani e in campagna con noi ci viene, vorrei vedere voi!!
Lorenzo San Michele all'Adige
Bello, tutto molto bello.
Una manifestazione sulla Nosiola a Rovereto. significativo, importante, un passo nella giusta direzione. Finalmente la valorizzazione dei vitigni autoctoni …..
Ma fatemi il piacere !
Questi sono soldi buttati. Assieme a quelli dati a quei super-manager (leggi enologi hihihi) sfornati da San Michele che hanno favorito, predicato ed effettuato lo scempio sulla viticoltura trentina.
Spiantate la Nosiola, che non vale niente !
Spiantate la Schiava che fa schifo ed in ogni caso non ve la paghiamo niente !
Piantate Cabernet sauvignon in collina (così non matura mai e ha quelle belle note verdi che ci piacciono tanto).
Sul Pinot grigio e sullo chardonnay non dico niente, trovate ampie referenze sopra ….
Promuovere la Nosiola in questo modo oggi è veramente sprecare del denaro pubblico.
La Nosiola va promossa è certo, ma non con l'aria fritta.
Facciamo un piano organico di valorizzazione territoriale. Aiutiamo chi sta facendo sperimentazione. Chiediamo a San Michele si portare avanti come si deve il gruppo sull'agricoltura biologica (e lasciamo stare la cosmesi). Mandiamo in pensione Scienza che ha già fatto danni dappertutto e adesso torna a rompere in trentino (magari in Ossezia trova qualche nuova varietà di vite …).
Fare manifestazioni pre-elettorali ad effetto è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Ma siccome invece il Mella a questo punto ne ha tanto bisogno, e mettere mano ai problemi veri costa sangue, sudore e si scontenta di sicuro qualcuno, teniamocene alla larga !
Ah che tristezza. Quasi quasi mi faccio una spremuta con una commissione di saggi sul vino per tirarmi su !
Io invece credo che l'iniziativa dell'Assessore Mellarini sia comunque buona: almeno iniziamo a parlarne. L'abbandono delle nostre radici ha spalmato certamente un bel reddito in questi ultimi anni, oggi un ripensamento almeno parziale credo vada però previsto e caldeggiato. Per questo credo che Mellarini sia sulla buona strada. Durante ogni contatto con importatori stranieri a cui propongo ciò che chiedono, (quindi Pinot Grigio, Prosecco, Valpolicella provenienti dalla mie cantine e dai miei vigneti) finisco sempre per affiancare l'offerta anche degli autoctoni della terra in cui son nato: non tutti scrollano le spalle, anzi! Vendere Foja Tonda (Casetta d.o.c.) certo non è mai stato facile ma questo antico vitigno della Vallagarina veramente 100% autoctono (nemmeno citato nell'elenco di cui sopra..) ha dato immagine alla mia azienda come nessun altro vitigno è riuscito a fare. Durante il convegno sul ruolo dei vitigni che ho definito "evocatori" ( Casetta, Enanzio in Vallagarina) credo di aver espresso questo concetto: l'anima del territorio rende anche e soprattutto in quanto tangibile entità economica. Ho quindi ben chiaro che per me il lavoro di vent'anni al fianco degli autoctoni e dei vitigni in via d'estinzione non è stato solo un moto dell'animo (da cui non si può comunque prescindere essendo un prerequisito ovvio), bensì una precisa azione economica che ha dato ottimi frutti.
Grazie,
Albino Armani
Grazie Albino, per le tue osservazioni sempre puntuali. Sono cose che ci siamo ripetuti tante volte in questi anni. E dette da te certe cose assumono maggiore autorevolezza. Condivido quello che dici. Perfino, paradossalmente, il tuo incipit: "….Io invece credo che l’iniziativa dell’Assessore Mellarini sia comunque buona: almeno iniziamo a parlarne". Certo parliamone. Parliamo di tutto. Anche di queste cose che ci appassionano da tanto tempo. Ma cerchiamo, viva dio, di parlarne sulla base di una precisa idea del contesto. Chiediamoci chi siamo stati, cosa siamo, dove vogliamo andare e soprattutto come ci vogliamo arrivare. Mi sembra il minimo sindacale. Anche per organizzare un festival. E, invece, purtroppo, mi pare che spesso l'assessore si lasci trascinare da un malinteso senso dello spettacolo e delle trovate ad effetto. Misurandosi, non con la realtà ma con una percezione adulterata del contesto in cui si muove. Come, qualche settimana fa, quando lo sentimmo dichiarare che la zucca di halloween valorizza la nostra agricoltura. Insomma un conto è parlarne,anche criticamente, un altro è il "purché se ne parli" magari a vanvera.
Grazie
CPR
Ma come si fa a dire che il Mella è sulla buona strada? Scusa Albino, riconosco la tua buona fede e anche il tuo impegno appassionato per i vitigni evocatori, ma Mellarini cosa c'entra in tutto questo? Promettere per rovereto un festival sull'autoctono a rovereto a me è sembrata l'ennesima boutade …. buttata lì tanto per buttarla. Anche dal punto di vista del marketing questa, perdonami, è una minchiata: un anno facciamo il festival biologico, un altro quello degli autoctoni, un altro faremo ancora qualcos'altro. Anche da questo punto di vista mi pare siano tutte cose che ingenerano confusione, ma soprattutto che narrano una mancanza di identità riconoscibile….
ps: ALBINO CONTINUA COSI': IL TUO FOJA TONDA MI PIACE TANTISSIMO
RenatoRoveretano
Quasi quasi non ci credo. Questo post è talmente sensato e puntuale che deve fare parte di un piano di depistaggio ordito da Mellarini in persona … 🙂
Cavolate a parte, complimenti davvero, è la prima volta che qualcuno tenta di prendere il politicone di turno per i piedi, mentre volteggia nel cielo delle fanfaronate, per riportarlo sulla terra.
Accanirsi sull'assessore è quasi crudele, tanto è sciocco e impreparato: certo che, in un clima in cui ogni cosa che dice è presa per oro colato, a volte anche l'accanimento è giustificato. Quindi mi accanisco volentieri.
Cosimo Piovasco ha detto bene: l'equazione Rovereto- Vino- Vitigni Autoctoni- Festival è comprensibile solo nel sistema logico-razionale mellariniano, fatto di campagne pubblicitarie precise come la pesca con la pastura o la caccia con le bombe a mano, di marketing territoriale a colpi di presenza alle finali di Champions e via dicendo.
E' stato capace di vantarsi che all'areoporto di Monaco si beve un vino lagarino e sui voli Lufthansa si sorseggia TrentoDoc. Che è un bene, ovviamente, ma andrebbe anche detto che questo avviene perché Lufthansa e compagnia bella vengono inondate di soldi per sceglierci. Non è un vero riconoscimento della qualità del nostro territorio: Lufthansa metterebbe in carta anche bollicine greche, se Santorini si vendesse l'anima.
La conseguenza di un'impostazione come questa è sintetizzata nelle tabelle pubblicate: depotenziamento delle peculiarità positive del Trentino per rincorrere la chimera del mercato internazionale. Abbiamo visto com'è andata a finire.
Non di sola Schiava vive l'uomo, è evidente, così come non di solo biodinamico può campare la viticoltura trentina: ma vedendo cosa fanno a nord di Salorno, forse chi ha permesso la strage di Vernatsch dagli anni 80 ad oggi andrebbe non solo sostituito nei suoi incarichi, ma imputato al tribunale de L'Aia.
Il caso "Enantio" è significativo. L'impegno politico-istituzionale per la sua tutela è inversamente proporzionale al suo successo e alla sua reale diffusione. In sostanza, da quando il popolare Lambrusco a foia zicolada è diventato l'illustre Enantio, sta facendo la fine dei panda. Forse è il caso che si smetta di tutelare, festivalare, denominare, e si ricominci a coltivare, vinificare, vendere e- buondio- bere il nostro vino?