*Abbiamo francesizzato il titolo di questo post: chissà mai che il suono flautato degli amici d’oltralpe non convinca il presidente a darci ascolto… almeno per quanto riguarda il sito di Trentodoc
Brevissimo post di servizio per segnalare la lettera aperta che Franco Ziliani ha postato poco fa su Le Mille Bolle Blog. Mi sembra condivisibile dalla prima all’ultima riga. Fra l’altro, nel fargli gli auguri di buon lavoro, Ziliani invita il presidente dell’Istituto Trentodoc, Enrico Zanoni, ad inaugurare una nuova stagione della comunicazione e dei rapporti con i giornalisti. A partire dalla rivisitazione, ma io direi dalla ricostruzione, della curiosissima quanto surreale web site di TrentoDoc. Di cui questo blog si è occupato molto fin dall’inizio, per sottolinearne le criticità e la sostanziale inutilità. TrentinoWine è rimasto inascoltato, ora che il consiglio arriva da una voce autorevole come quella di Ziliani, forse (speriamo) le cose cambieranno. Forse. Comunque, caro presidente Zanoni tanti auguri anche dai noi trentodocchisti per passione e per amore. Del Trentino e del metodo classico.
Leggi qui la lettera aperta di Ziliani
Un invocazione accorata, la nostra…caro presidente come in questa canzonetta
e per chi non conosce il francese, una splendida versione in italiano…
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!
Anagramma Zanoni moser trentodoc? Torno mostro indecenza
Ma alla fine gira e gira argomenti per criticare Zanoni non ne trovate, ammettetelo… anche Ziliani conclude il suo “post” con l'appello speranzoso che il nuovo presidente lo cerchi per rilasciargli un intervista… aspetta e spera… campa cavallo… osservando la filosofia Cavit mi sa che Ziliani rimarrà mollltooo in attesa della chiamata, in quanto Cavit parla poco e fa, e anche tanto direi dai bilanci. Concludendo vorrei dire: lasciamolo operare questo neo president, più di Peratoner farà presto a fare non credete? Saluti.
Dunque, quando l'interlocutore non capisce, il problema, spesso serio, è sempre dell'altro. Di chi parla. O di chi scrive. Allora provo a ricapitolare in maniera sintetica e spero chiara. Qui, mi pare, nessuno ha mai criticato Zanoni. Io lo seguo e lo stimo da quando ancora non era in Trentino e si occupava di tutt'altro. Fin qui ci siamo? Bene, detto questo, e spero si sia capito, resta un fatto. E su questo, sì, ci siamo esercitati in tanti in questi giorni. Sull'opportunità politica – e per brevità uso questa parola che ne racchiude molte altre – che sia la cooperazione a guidare il (ri)lancio di Trentodoc. Io, con altri mi pare di aver capito, pensiamo che oggi la cooperazione non sia il soggetto più titolato a rappresentare gli interessi del metodo classico. Semplicemente perché ad oggi il suo focus di interesse sta altrove. Non nelle bollicine classiche. Il perché lo abbiamo spiegato molte volte. Ma, le ripetizioni non sono mai dannose. Oggi gli interessi della cooperazione vitivinicola sono spostati su altri settori, produttivi e commerciali. E questo per ovvie ragioni: perché la cooperazione presidia soprattutto il fondovalle – poco adatto alle bollicine metodo classico, magari ad altro sì, ma non al trentodoc – e perché non è ancora pronta a fare un ragionamento coraggioso sulle rese. E questo perché non è facile guidare processi formativi così pesanti quando questi coinvolgono migliaia e migliaia di soci produttori. Questi sono due aspetti che caratterizzano la cooperazione vitivinicola e che mal si conciliano con la produzione di metodo classico. E infatti gli interessi commerciali di Cavit – e produttivi delle sociali di primo grado – oggi sono concentrati, giustamente e legittimamente, su altri settori e in altri ambiti. Non sul Trentodoc. Tutto qui. Come vedi non sono critiche a Zanoni. Ma tentativi, più o meno riusciti, di fare un ragionamento. Ragionevole. Comunque, ormai, la cosa è fatta. E cosa fatta capo ha. Ma questi restano elementi oggettivi che, al di là degli ottimi bilanci di Càvit e della buona volontà, della competenza e della professionalità di Zanoni, minano all'origine una presidenza come quella uscita dall'assemblea di ieri sera. E questo senza polemica. Anzi, di più: con molta polemica. Perché le polemiche fanno bene, stimolano le idee, fanno crescere e chiariscono da quale parte stanno gli interlocutori. E tutte le parti, e tutti gli interessi, sono legittimi allo stesso modo.
Ma vede gentilissimo interlocutore, quello che trovo singolare è il pregiudizio, e cioè che la Cooperazione in questo caso Cavit non sia legittimata a guidare il consorzio Trento doc, lei dice:
perché la cooperazione presidia soprattutto il fondovalle – poco adatto alle bollicine metodo classico, perché non è ancora pronta a fare un ragionamento coraggioso sulle rese, perché non è facile guidare processi formativi così pesanti quando questi coinvolgono migliaia e migliaia di soci produttori,( e dagliela con i contadini ignoranti) perchè gli interessi commerciali di Cavit – e produttivi delle sociali di primo grado – oggi sono concentrati, giustamente e legittimamente, su altri settori e in altri ambiti, ma scusate sono ma di cosa stiamo parlando? Lo sappiamo tutti che certe colline servono solo sulla carta perchè le rese vengono da altrove… il discorso poi sulle rese non è assolutamente vero, ci sono sociali che volontariamente fanno vino con rese inferiori e i riconoscimenti non mancano, ammesso che li vogliate notare, sui processi formativi preferisco non dire nulla perchè è il solito sistema per attaccare la massa, gli interessi commerciali di Cavit e le sociali sono solo rivolti a garantire un reddito dignitoso a migliaia di famiglie, e mi sembra che funzioni a parte qualche anomalia, ma ricordiamo pure che le sociali sono nate da un bisogno/desiderio di liberarsi di certi commercianti senza scrupoli che acquistavano l'uva dai contadini a pochi spiccioli per poi rivenderla molto più cara naturalmente a solo loro vantaggio, ecco non vorrei ritornare ai tempi in cui, raccontavano i miei nonni, loro si dovevano inchinare dinnanzi al commerciante che veniva ad acquistare l'uva e togliersi il cappello per ingraziarselo, e ora i nipoti di questi bravi commercianti vantano di avere cantine blasonate, con una tradizione centenaria alle spalle, di pregio, sì saranno di pregio, ma ricordiamolo fatte con i soldi della povera gente. Non vorrei ora che questi ci insegnino come fare…
Scusate lo sfogo.
Caro Giuliano, va bene così. I punti di vista sono diversi. A questo punto per dirimere la faccenda sarebbe necessario portare qui tutti i numeri che descrivono l'esperienza cooperativa nel settore vitivinicolo. Le rese, la dislocazione nel fondovalle e in collina e tutto il resto. Magari lo faremo. Per il resto, davvero, nessuno credo voglia immaginare un Trentino senza coop e tanto meno nessuno voglia disconoscere la funzione propulsiva e liberatoria esercita in passato dal modello cooperativo. Di sicuro non i Cosimi. Stia tranquillo, i Cosimi, tanto sono cose che si sanno, hanno alle spalle una storia solidamente piantata a sinistra. Ma stavamo parlando di altro: di interesse di Càvit a produrre e commercializzare Trentodoc. Tutto qui. Anche qui, ci vorrebbero i numeri. E le dichiarazioni apodittiche non bastano. Vedrà che nei prossimi giorni, con un po' di tempo in più, li vedrà publicati.
Per il resto, grazie ancora per i suoi contributi che aiutano comunque a capire meglio.
PS: ma chi ha mai parlato di contadini ignoranti? Affermare che governare un mondo con centinaia di migliaia di soci è cosa complicata, è proprio tutta un'altra cosa.
CpR
ha ragione Giuliano, campa cavallo… Sono sicuro che l'appello contenuto nella mia lettera aperta rimarrà inascoltato. Ma la colpa non sarà certo mia…
Anche gli enoenigmisti abbiamo su questo blog, ma bravo bravo… poi certo non che c'entri molto (o si?) con il nostro discorso, ma insomma…