Uffa che barba, che barba, che noia. Massì, che noia. Ma che noia davvero, ritrovarsi qui a scrivere sempre le stesse cose. Una noia soprattutto per chi legge. Immagino. Ma insomma, va così. E di sicuro non per colpa di questo modestissimo black blog corsaro. Dunque, questa mattina sulle Millebolleblog, leggo la punzecchiatura di Franco Ziliani, rivolta bonariamente ad un paio di colleghi. Colpevoli, si fa per dire, di aver usato ripetutamente la parola “bollicine”, a proposito della manifestazione pirotecnica con cui il Trentino ha celebrato il suo Trentodoc. Naturalmente, e non c’è nemmeno bisogno di scriverlo, con Ziliani sono d’accordo su tutta la linea. Anche se mi pare che il problema, a questo punto, non sia tanto dei giornalisti, che fanno il loro mestiere e che a volte quando scrivono un pezzo hanno bisogno di evitare noiose ripetizioni e sgradevoli assonanze. E quindi cercano di variare un po’ il lessico e il vocabolario. Il problema è un altro, e lo abbiamo seganalato fino allo sfinimento in tante occasioni. Ultima, il sermoncino che un paio di giorni fa ho dedicato al vice presidente dell’Istituto di Tutela, Carlo Moser. E’ da lì che bisogna partire: dalla rivoluzione delle parole, dal capovolgimento del lessico famigliare. Dei trentodocchisti e dei trentini. E la cosa, però, si mette subito tutta in salita. Il vice presidente, nell’intervista che cito nel post precedente, sostiene che le “bollicine piacciono ai giovani”. E la Camera di Commercio, insieme a Provincia e Marketing SpA, da qualche anno mette in piedi una graziosa manifestazione che si chiama, appunto, “Bollicine su Trento”. Non “Trentodoc per tutti” ma “Bollicine su Trento”. E’ chiaro anche al più spovveduto dei marchettari di provincia che bisognerebbe prenderli a mazzate. Quelli che questa orribile dicitura se la sono inventata e anche quelli che continuano ad usarla. Ma andiamo ancora più in là. Una recente indagine demoscopica (novembre 2011), ci consegna una realtà disarmante: solo il 23 % degli italiani conosce, e sa cosa significhi (spero), la parola Trentodoc. Temo che se l’indagine avesse messo il focus sul Trentino, il risultato sarebbe stato ancor più deludente. E non lo dico a caso. E’ una convinzione frutto di decine e decine di mie personali peregrinazioni per i locali del Trentino: otto volte su dieci alla mia richiesta di un Trentodoc mi si risponde in vario modo, ma sempre negativamente. Chi semplicemente sa cos’è ma non lo tiene in casa. Chi ce l’ha ma non lo vende (a bicchiere), chi cerca di dirottarmi su Franciacorta. E infine, i più, quelli che mi propongono un Prosecco. Di solito nella variante vezzeggiativa/diminutiva di prosecchino. Ieri, lo racconto perché mi sembra un esempio da manuale di questo andazzo, ero a pranzo insieme ad un produttore trentino, uno di quelli bravi (di cui non faccio il nome, ma fidatevi: bravo al limite dei tre bicchieri; mai ricevuti ma meritati, ma tanto lui se ne infischia. Così dice). Il ristorante è uno di quelli con molte pretese, dove ti aspetti che il titolare, non il sommelier che gira per i tavoli, ma il titolare quando parla con i clienti sappia di cosa sta parlando. Insomma non un ristorante Cheap ma un ristorante Cool (consentitemi lo scivolone yankee, ma voglio farmi capire anche dai giovani leon(cin)i del Trentodoc che hanno studiato negli States). Cinquantaquattro euro per due primi, una bottiglia di minerale (eravamo entrambi in macchina quindi a rischio patente) e due caffè. E’abbastanza Cool, almeno il prezzo? Ochei. Verso la fine del pranzo, la signora che dirige il traffico nel locale (insomma l’ostessa), si avvicina al mio amico produttore, di cui è già cliente, e ne approfitta per fargli un ordine. Un cartone di questo, un cartone di quell’altro. E così via. Alla fine, con un sorriso complice e ammiccante – che voleva dire: lo sai che questa è quella che preferisco fra tutte le tue bottiglie -, gli si rivolge esattamente così: “Portami anche tre cartoni del tuo buonissimo prosecchino”. Voleva dire Trentodoc. Ma ha usato la parola prosecchino. A quel punto, io ho buttato gli occhi sotto il tavolo e sono uscito a gambe levate, con la scusa di fumare una sigaretta. Non so come sia andata a finire. Se la signora fosse stata un signore, forse sarebbe finita a botte. Il mio amico produttore è uno di quelli che si fanno saltare subito la mosca al naso. Ma dinnanzi ad una signora, come d’incanto, diventa un gran signore anche lui. Potenza misterica delle femmine, anche quando zoppicano con le parole e con i concetti. Qualche tempo fa – forse anche questa la ho già raccontata da qualche parte, ma la ripeto -, in conferenza stampa chiesi all’assessore Mellarini, quale fosse a suo avviso la ragione della debolezza di questo marchio/brand/denominazione. Lui chiaramente infastidito, mi rispose così (traduco dal dialetto perché in Trentino anche le istituzioni di solito parlano l’idioma locale): “Senti, abbiamo appena vinto un gran premio a Londra per la nostra ultima campagna comunicativa. A questo punto non posso certo essere io ad indossare il grembiulone con la scritta Trentodoc e ad andare in giro per le fiere. Magari potresti farlo tu…”. Risposta stizzita che tagliò sul nascere ogni possibilità di ragionamento ragionevole. A fine conferenza stampa, lo presi sotto braccio e amichevolmente gli consegnai un suggerimento (che come sempre non ascoltò): usa un po’ di soldi – gli dissi – per fare formazione. Per istruire al territorio ristoratori, baristi e tutti quelli che il territorio lo vendono ogni giorno ai trentini e ai turisti. Per farlo basterebbe destinare l’1%, e anche meno, di quella vagonata di soldi e di milioni che viene spesa ogni anno dalle agenzie della promozione istituzionale trentina in giro per il mondo. E che però, nonostante tutto il can can che fanno, non sono ancora riuscite a fare la rivoluzione (low cost) delle parole. Nemmeno in Trentino, dove la parola prosecco(ino) è utilizzata abitualmente come sinonimo di Trentodoc.
PS: Mentre sto per postare questo innocuo pensierino natalizio, leggo sul blog un commento firmato da Lanfranco: oggi sulle pagine della Gazzetta il Checco mondiale (produttore di Trentodoc e padre del vicepresidente di Trentodoc) si fa fotografare insieme ad uno sciatore mentre allegramente stappano una magnum di Champagne sulle nevi di Andalo (Trentino). Non ho parole. Cotanto padre e cotanto figlio. Non basta solo una rivoluzione lessicale, qui urge anche una rivoluzione fotografica. Urge, ma proprio urge. Il lavoro si prevede lungo. Ma proprio lungo.
Anche Cosimo sbaglia. E chiede subito scusa ai lettori e al Checco Mondiale. Interpretando male un commento di Lanfranco, mi ero permesso una battutaccia. E questa volta era fuori luogo: nella foto pubblicata sulla Gazzetta il nostro campione sta stappando una bottiglia del suo Trentodoc (finalmente), anche se poi nella didascalia la bottiglia viene indicata come Champagne. Questa volta il pressapochismo confusionario, quindi, è da attribuirsi solo ai giornalisti e ai blogger. I trentodocchisti non c’entrano. Grazie, naturalmente, a Roberto Anesi che ci ha prontamente segnalato questa topica natalizia. Potere del Web questa capacità autocorrettiva dell’informazione condivisa.
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!
Ma nooo! zia Cosima, non prendetela così! è Natale ti vogliamo tutti bene e siamo tutti felici di leggere i tuoi pensieri (?) la tua alta elaborazioni di concetti. Perdonaci se non tutti abbiamo il tuo garbo nel rispondere, la tua serena e pacata reattività quando ti senti criticata. Ti piace volare alto, ti piacciono i pensieri profondi e non tutti possiamo stare al tuo passo. Io non posso sapere se sei sulla strada giusta… lo spero sinceramente per te, perchè sono consapevole che quelle passate non ti hanno portato molta fortuna. Non perderti d'animo un giorno comprenderai in cosa consista la dialettica e vedrai che … oltre a 4-5 amici inizierai a "comprendere" ed "amare" anche chi è diverso da te.
con affetto
zio Michele
Caro signor "zio Michele" (e se lo lasci dire, l'allusione del suo nick name è poco garbata o oltre che di cattivo gusto), non per difendere Cosimo che mi sembra si sappia difendere da solo, ma non mi sembra lei abbia usato qualche pensiero più o meno alto per contestare il blog. Non è entrato nel merito di nessun argomento che è stato trattato dai post e dai commenti. Mi sembra lei sia mosso più da un fatto personale. Comunque buon natale anche a lei.
Curiosa e Sospettosa
(le consiglio anche d cambiare nick, lo trovo proprio di pessimo gusto)
Finalmente hai trovato qualcuno al tuo pari che te le suona come si deve e dice a tutti quello che tutti pensano che se solo un povero CRETINO!
Dunque, riassumendo: in ordine Cosimo è uno stronzo, un disfattista, uno sfascista, un polemista strumentale e infine pure un personaggio (ino) con seri problemi di personalità. Non c'è male. Insieme a lui, immagino, anche quei quattro o cinque commentatori quotidiani che più o meno condividono la linea di questo blog. Tutti mezzi (o interi) psicopatici. E'interessane, a questo punto, constatare come chi contesta astiosamente TWB non si avventurai mai sul terreno delle opinioni e del ragionamento (?) e del confronto dialettico, ma si limiti all'insulto più o meno greve. Più o meno diffamatorio. Se questi sono gli interlocutori critici di TWB, credo proprio, a costo di essere autoreferenziale, di essere sulla strada giusta. Insieme agli altri Cosimi e agli altri quattro o cinque commentatori quotidiani.
Buon Natale (dalla casa dei pazzi)
Era classimo. Una scoreggia. Spumeggiante tra i miti. Dolomitici. La valeva en pet…
Oddio sempre più difficile, un aiutino ?
Tutto bene. Per evitare di scrivere troppo mi permetto di rinviare ad un veramente bellissimo articolo sul nome da dare a questo tipo di vino mosso che ha dentro anche delle bollicine (ach! ho detto la parola incriminata…)
http://www.aristide.biz/2011/01/il-sostantivo-spu…
Non ci sono nomi belli ed alternativi a spumante, e bollicine fa veramente pena. Ce ne dobbiamo fare una ragione. A peggiorare c'è che mentre "Franciacorta", "Prosecco", ed in qualche misura perfino il tronco "Oltrepo" sono nomi bellissimi, per non parlare di "Champagne" e di "Cava", il nome "Trentodoc" non lo è, al massimo è come gli scarrafoni.
Ma dobbiamo usare quello. Dobbiamo usarlo come ci ha insegnato Catone il Censore con la distruzione di Cartagine: INFILARLO IN OGNI DISCORSO.
PS: piccola richiesta all'Assessore: nel mio piccolo, se vuole regalarmi un grembialon con scritto Trentodoc, io posso usarlo in tutte le serate della Fibess.
Saluto, PO
Sta atento Primo.. che l'asesor ensema al grombial el te mete su anca 'l capel…
No resta che trar el capel per aria
e dopo el capel trarem per aria anca el mela…. a no…no se pol perché quelo le za su le nuvole… no.. el mela bisogna tirarlo zo… trem per aria el capel e butem zo el mela!
Bellissima idea Primo Oratore: un grembiulone trentodoc per ogni trentino! mi sembra sensazionale, qualcuno la dovrebbe vendere all'assessore: slogan "En trentim, en grombial" . ve lo immaginate: in poco tempo tutti saprebbero di cosa stiamo parlando.
Eh infiliamolo in ogni discorso appunto mi sembra quello che dice il cosimo. ma invece sembra il contrario che anche chi ci dovrebbe credere, non lo infila da nessuna parte. magari lo infilasse da qualche parte!
ma mettitelo in quel posto mettitelo. E piantatela di parlare male di chi lavora. ma lo sapete o no che dietro a quello che voi chiamate trentodoc, ci sono aziende, imprese,lavoratori. E voi questo marchio lo state rovinando.
Donatella
Potrei tornare. Per bere.meglio. Volete?
Torna torna probo.. che ci mancano i tuoi acuti anagrammi e le tue iperboli estreme..torna…. ti aspettiamo a braccia aperte..anzi a blog aperto!
CpR
Caro PO, mi piacerebbe di più se chiedessi un grembiulone con su "Trento" e basta, prova a pensarci. La differenza sostanziale è che con questo termine – infilato in ogni dove – metteresti ogni volta un mattoncino sulla costruzione del territorio (in Champagne ci lavorano da tre secoli), mentre "Trentodoc" è un marchio inventato da un'agenzia, pagato da pantalone, di proprietà di un'agenzia istituzionale che lo reclamizza (con fondi pubblici e con i risultati che sappiamo). Per me, questa è la prima mossa che dovrebbero fare i produttori locali, mentre la seconda sarebbe di impegnarsi con i colleghi nazionali per trovare un "cognome" comune per presentarsi unitariamente sui mercati esteri, superando i personalismi territoriali. Ancora una volta l'esempio e lo stimolo viene da Oltralpe. Infatti, Magdalene de Le Vin parfait interagendo con Aristide (che tu hai richiamato) dice: "Credo che il problema sia culturale.. In Francia c'è la cultura della condivisione, quasi ogni produttore, soprattutto se piccolino, fa parte di una specie di interprofessione, che intende valorizzare determinate produzioni o modalità, e che ha una specie di codice etico, quindi da una parte c'è la denominazione, ma dall'altra c'è un gruppo di persone… insomma, un ombrello protettivo per proteggere, informare e valorizzare, sia il prodotto che il territorio.
Chissà, forse un giorno anche l'Italia capirà che l'unione fa la forza… "
Allora… bon grembial e bon Nadal.
Io non mi sono mai spinto così in là, per non apparire troppo polemico, e quindi mi sono sempre limitato a rivendicare almeno il buon uso di questo marchio commerciale. Però visto che fai da apripista, cosimo si aggrega. Discutiamo anche sull'opportunità di questo marchio commerciale che non è mai decollato. Trento, di sicuro ci piacerebbe, molto ma molto di più.
oi oi, ho creato involontariamente un casino … 🙂
Il mio commento era ovviamente ironico, corredato di smile finale per evitare incomprensioni. Era evidente che Moser non si sarebbe mai fatto fotografare stappando una bottiglia di Champagne. E la foto e' chiara, anche senza essere fini conoscitori dell'ambiente spumantistico locale. A me ha fatto solo un gran ridere la didascalia, tutto qui. Chiedo scusa se ho generato equivoci!
Volevo commentarequanto sopra fino a quando ho visto il post scrittum ed allora ci ho rinunciato.
Verificate bene le cose prima di scrivere… sulla foto della Gazzetta di oggi si vede chiaramente che Moser sta stappando il suo TRENTODOC 51,151, si vede una bottiglia appoggiata con l'etichetta bene in vista che ad un occhio attento e conoscitore delle bollicine regionali non può sfuggire.
Nella didascalia, però, il giornlista scrive che Moser stappa una bottiglia di Champagne.
L'errore, quindi, è da dividere a metà tra il giornalista della Gazzetta e voi.
Un blog sul vino Trentino è sicuramente interessante, sicuramente aiuta a creare opinione e se ben vincolato potrebbe anche creare quell'informazione che spesso manca. Nelle vostre righe, però, leggo una sorta di…. posso chiamarla "eccesso di critica"???
Cerchiamo di essere più sereni, cerchiamo di darci una mano tutti assieme.
Caro Roberto, grazie per la pronta segnalazione. Ho immediatamente provveduto a rettificare e a chiedere scusa a tutti. Verificare sempre le fonti, primo comandamento. Anche per i black blog!
In quanto al resto, ti ringrazio perché noto che ci segui con una certa costanza. E tuttavia trovo assai curioso che a questo blog venga rimproverato "un eccesso di critica". E lo trovo curioso perché mi sembra unilaterale. La critica è eccessiva, dici. Mentre questo clima omogeneizzato, egemonico, monocorde, ecumenico che gira attorno attorno a Trentodoc, a palazzo Roccabruna e in genere al vino trentino, cosa è? Non è eccessivo? E' sempre la critica ad essere eccessiva? Il potere omologante che si esercita da anni in questo settore, non è forse eccessivo? Anzi indigesto? Anzi indigeribile? Forse, dico forse, questo nostro eccesso critico è la reazione naturale all'ecumenismo dilagante e silenzioso in cui da molti anni si barcamena questo Trentino. Insomma, ti chiedo, è sempre la critica ad essere eccessiva e mai il potere, esercitato in tutte le sue forme, ad essere eccessivo? Naturalmente è una questione di punti di vista. Magari eccessivi, ma ci piace così. Cosimo è un estremista…
Non sono sicuramente la persona adatta per discutere di politica, se poi lo facciamo usando termini come "clima omogeneizzato, egemonico, monocorde, ecumenico" vado proprio nel pallone!!! 🙂
Certo… se i dati di chi conosce il TRENTODOC sono così bassi vuol dire che abbiamo molto da lavorare. Tutti. Dall'altra io ho molte occasioni per confrontarmi con colleghi Sommelier o gente del settore e posso solo dire che il TRENTODOC è conosciuto da tutti e che gli apprezzamenti sono univoci e positivi come, esternamente, anche l'immagine del marchio è alta e ben riconosciuta.
Credo, però, che un blog che porta il nome del Trentino e lo associa alla parola vino, anche se in inglese, potrebbe contribuire, nel suo piccolo, a cercare di accrescere l'immagine del prodotto con una sana e positiva divulgazione.
Io so solo che mi sbatto ogni giorno per raccontare ai miei Ospiti cos'è un TRENTODOC ed al mio staff ho bandito la parola spumante. Ho tolto il prosecco dalla mia carta dei vini già nel 1998 andando incontro anche a delle critiche ma senza perdermi d'animo e da allora propongo il Trentino e le sue "bollicine", termine non amato in questo Blog.
Rileggetevi anche io mio post qui http://www.trentinowine.info/2011/12/11/quando-do… perchè la mia conclusione è la stessa… cerchiamo di collaborare di più!!!
wow…. il mio primo post è stato immediatamente pubblicato mentre il secondo è in attesa di moderazione… figo!!
Roberto, per caso non penserai che sia finito (automaticamente) in moderazione) per censurarti. Ci è finito solo perché conteneva un link e il sistema (che non è intelligente) a naso ha sentito odore di possibile spam. Spero davvero non consideri cosimo così sciocco da volersi, e voler, privare di un commentatore intelligente e arguto e soprattutto sempre corretto e documentato come te!
minimamente sfiorato il pensiero di essere moderato per essere poi censurato!!! Ho immaginato che fosse per via del link che ho postato o perchè replicavo a chi gestisce il Blog e la procedura automatica lo prevedesse.
Era solo per sorridere un po'!
Per fortuna! Vabbè che indossiamo il passamontagna e siamo arcigni… ma insomma mai vorremmo dare questa impressione….solo questione di link appunto..e di stupidità, talvolta utile, della piattaforma wordpress
Caro Roberto, ti rispondo in ritardo: porta pazienza. Premetto che considero il tuo ristorante come “il ristorante dei ristoranti” delle Alpi. Insomma, ineccepibile tu e il tuo locale; locale che ho avuta la ventura di frequentare qualche volta e sempre con grande soddisfazione (ho una recensione pronta da qualche tempo, aspetto solo l'occasione giusta per poterla pubblicare). Quindi, davvero penso tutto il bene possibile di te, del tuo lavoro e del tuo modo di interpretare il tuo lavoro. Ti capisco meno quando dici: vado nel pallone quando si parla di politica. Caro Roberto tu fai politica. Tu nel tuo ristorante fai politica. Quando fai una scelta in cucina o in cantina, stai facendo politica. Quando butti fuori dalla porta chi ti vende prosecco o chi ti vende salse pronte e scatolame, stai facendo politica. Stai scegliendo. E anche noi, su questo piccolo blog corsaro, facciamo delle scelte. Tutto qui. Lo facciamo esercitandoci criticamente, facendo polemica, sollevando questioni e temi su cui discutere. Ma lo facciamo perché immaginiamo un mondo innaffiato di Trentodoc. Per questo facciamo la pelle a quelli che (Mella e compagnia cantando) il trentodoc lo usano solo per le loro campagne elettorali (di destra, di sinistra, di centro, di est, di ovest, di nord e di sud). Semplicemente pensiamo che sottolineare gli elementi di debolezza e le criticità possa essere utile, ammesso che qualcuno abbia voglia di leggere e di ascoltare. Utile almeno tanto quanto eliminare il prosecco dalla lista vini. Insomma tutti lavoriamo per lo stesso obiettivo. Ma lo facciamo, mi pare, in modo diverso. Tu da sommelier eroico e noi da modesti black blogger.
vedo sempre il baffo di casa ferrari alle partite dell ITAS nessuno ha pensato ad una bella sponsorizzazione sulle mitiche maglie dellITAS che girano tutti i palazzetti del mondo
Giriamo il suggerimento al ..Baffo.. anzi ai due Baffi … e lo giriamo volentieri anche al nostro assessore "ghe penso mì!"… sempre che ci legga…
Si, anche io penso che il problema sia poco dei giornalisti e molto, invece, questo sì, dei comunicatori ufficiali, degli uffici stampa, dei produttori e di chi rappresenta istituzionalmente un marchio. Mentre, appunto, un giornalista, ma lo ho già scritto nel post, è in qualche modo coartato dalla grammatica del pezzo e dell'impaginazione. Questo non vale invece per tutti gli altri: se sono convinti che il marchio funzioni allora dovrebbero abolire dal loro lessico tutti i sinonimi "distraenti". In caso contrario lo cambino. Ma il problema appunto, secondo me, è prima di tutto loro. E nel caso del trentodoc mi pare un bel problema!
Saluti e grazie per l'attenzione
CpR – BB
Caro Massarello, tu che sei depositario di tutti i segreti conciliari, perché non provi a spiegarci come mai e per quali incomprensibili vie la denominazione Trento ad un certo punto è diventata Trentodoc .. e quale sia la differenza fra le due denominazioni…. magari ne potresti fare anche un post, ma se la spieghi sinteticamente qui fra i commenti credo che molti lettori te ne sarebbero grati… (te lo dico perché giusto ieri ne parlavo con un produttore che lo chiedeva a me, e a cui io ho provato a spiegarlo con parole mie, ma le tue sarebbero senz'altro più chiare!)
Scusa, ti leggo solo ora e non conosco segreti di sorta, ma provo a ri-spiegare perchè se ne è parlato qualche tempo fa. "Trento" è denominazione di origine controllata dal 1993, quindi proprietà collettiva dei produttori che hanno vigneti nella zona doc e che si sottopongono al relativo disciplinare di produzione. Per gestire la denominazione (che è stata chiamata così per evitare confusioni con la più grande -10x- doc Trentino riservata ai vini tranquilli) è stato creato l'Istituto Trento DOC matodo classico. Persa, per mano francese, la possibilità di usare il metodo champenoise, agli spumantisti è stato negato anche l'uso del "classico" riservato ai vini di più antica origine delle doc italiane (es. chianti classico).
Dovendo/volendo trovare un nome alternativo si era giunti al "Talento", boicottato da Franciacorta che è così riuscita a vaificare lo sforzo di riservare l'indicazione al Trentino/Alto Adige, Franciacorta, Oltrepò pavese e Serralunga d'Alba, ossia le zone classiche di coltivazione dei Pinot e dello Chardonnay. Successivamente i trentini "regalarono" allo Stato italiano il Talento che, in forza di un Decreto ministeriale è oggi a disposizione di tutti coloro che rifermentano in bottiglia con qualsiasi varietà. Franciacorta lo ha addirittura vietato sulle sue etichette. Fatta la frittata, resta il problema del nome da dare allo spumante riferm. in bottiglia italiano per competere a livello dei mercati internazionali con Champagne, Cava, Deutscher Sekt, ecc. i quali ringraziano commossi per l'insipienza italiota (scusate lo sfogo, ma è così).
Dal 2000 o giù di lì, la PAT ha affidato alla Camera di Commercio la promozione dei prodotti agricoli trentini e la startegia operativa a Trentino marketing. Questa ha creato il logo TrentoDOC e ne è la proprietaria (credo). Nel frattempo, Franciacorta, Asti e da ultimo anche Prosecco hanno chiesto ed ottenuto la DOCG lasciando "Trento" con la sola doc al palo. Sappiamo che l'acronimo doc è, nel vissuto dei consumatori, sinonimo di vino tranquillo di qualità italiano. Nulla a che fare con le bollicine. Ecco perchè i tempi, a mio parere, sarebbero maturi per una riflessione a tutto tondo anche sulla denominazione-logo Trentodoc aprendo ad ipotesi nuove che, con un pò di coraggio si potrebbero anche sfruttare per un'affermazione concreta del brand. Infatti, sono solo 60 mila hl di vino base che danno 9 milioni di bottiglie, quando la potenzialità è di 30 milioni! Cin, cin!
Bravo, anche oggi ha fatto la tua. Oggi hai preso di mira la mia collega. Complimenti proprio un bel servizio al trentino stai facendo. Ma chi ti paga? Quelli del franciacorta? O quelli del prosecco! Sei uno stronzo prezzolato
Quindi se capisco bene: la denominazione si chiama "Trento" mentre "Trentodoc" è un marchio commerciale promozionale? E'cosi? Quindi sulla bottiglia l'indicazione obbligatoria deve essere Trento – non trentodoc?
"Trento" con scritto subito sotto "Denominazione di origine controllata". Obbligatorio sull'etichetta principale. Nota 1. Etichetta principale è quella che riporta le indicazioni obbligatorie per legge (può essere anche la controetichetta, quindi, anche se il consumatore di solito non lo sa…) Nota 2. Se i produttori avessero chiesto il passaggio del "Trento" alla DOCG, avrebbero potuto chiedere la deroga all'obblico di aggiungere "denominazione di origine controllata e garantita" in etichetta, al pari di Franciacorta, Asti e Champagne. Ed avremo avuto, finalmente, un "Trento" e basta.
Mi meraviglio di te che sembri una persona per bene e colta e molto equilibrata, che stai qui a perdere tempo con questa gente che ci danneggia tutti giorni!
caro Cosimo, spero di fare cosa gradita inviandoti il link all'uscita di questa settimana della rassegna stampa WineWebNews che curo per il sito Internet dell'AIS, dove é citato questo tuo articolo
link http://www.aisitalia.it/winewebnews-23-dicembre-2…
cordiali saluti
Franco Ziliani
Naturalmente, la cosa è molto, molto gradita! Grazie!
CpR – BB
Cara zia Cosima, è tenero vedere (leggere) come i tuoi problemi di personalità siano da te vissuti come agressività contro il mondo, purtroppo io non riesco ad aiutarti, ma ci sono fior fiore di specialisti che curano questre sindromi, anche se è vero che un nostro amico comune, che spesso ti da una mano, non è ancora uscito dal tunnel Ti prego fatti (facci) un regalo di Natale fai … una telefonata al 118!
con tanta tenerezza!
zio Michele
Mi hanno segnalato oggi alcuni amici di milano (ma franciacortini di origine come me) il vostro blog con il passamontagna: sto leggendo qua e la: bravi state facendo un lavoro encomiabile. Dovrebbero farvi un encomio per l'amore che si capisce state mettendo in questa critica quotidiana che trovo sempre costruttiva
Alba
Caro Massarello, spiegazione chiarissima, completa ed esauriente! Grazie!
CpR
E' appunto questo il problema, anzi "I PROBLEMI!, dal basso arriva una scarsa conoscenza, dall'alto la convinzione che la pubblicità valga più dei contenuti, e che alla fine è solo un modo come un altro per fare business.
Io vorrei che per una volta ci mettessimo dalla parte di chi di vino non ne capisce nulla o quasi (che è la maggioranza): lo Champagne, che sicuramente è più conosciuto nel mondo del Trentodoc o del Franciacorta, la gente comune (italiana) sa che è una bollicina, una parte minore sa che è anche una regione (al femminile).
L'errore nostro è quello di pensare che "il resto del mondo" abbia lo stesso interesse e la stessa voglia di approfondire che hanno gli appassionati o gli esperti del settore.
Non è così, non lo è nemmeno per il cibo che è cosa ben più necessaria rispetto al vino.
Allora dobbiamo smetterla di essere autoreferenziali, se vogliamo che aumenti l'interesse e il numero degli appassionati (e quindi acquirenti, perché alla fine di questo ha bisogno chi produce vino), dobbiamo essere più chiari e semplici possibile.
E' risaputo che non c'è cosa più attraente per le donne e gran parte degli uomini della parola "bollicine". Che senso ha evitare di nominarla a vantaggio di un asettico e poco comunicativo "Trentodoc"?
Asetticco ovviamente quanto meno lo si accompagna con la giusta spiegazione di cosa è o vorrebbe essere.
La gente comune non si pone il problema dell'etichetta, quello che conta è che ciò che beve gli piaccia e magari costi anche abbastanza poco.
Allora "Trentodoc" va bene, va benissimo, ma non si può rinunciare ad accompagnarlo a termini come "spumante" o "bollicine", che fanno molta più presa su chi ci legge. Almeno per ora…
Caro CpR, a me non viene di dire uffa, mi monta l'ansia, però dopo mi calmo. Noto con piacere che il nuovo presidente del Trento ha risposto a Ziliani, per cui avevo ragione io ad esprimere fiducia invece di coloro che lo demonizzavano aprioristicamente. Certo, la storia è ancora tutta da scrivere per cui staremo a vedere, magari punzecchiando o proponendo.
Sono d'accordo anch'io con Ziliani, ma non su tutta la linea perchè alcuni fondamentali vanno affrontati e discussi, non cassati e basta, senza proporre alternative. Mi riferisco al nome per lo spumante classico italiano che resta da trovare (no bollicine, no Talento, no classico, no champenoise) non foss'altro perchè all'estero ci danneggia il caos italiano; a quando una presentazione unitaria fra regioni vocate a questo metodo?
Poi c'è il discorso delle cooperative e quelle trentine hanno preso una strada loro, da cui però si potrà tornare indietro o qualcosa del genere. Poi c'è il Trento, diventato TrentoDoc che è marchio di un'agenzia pubbli-promozional-istituzionale, ma non dei produttori… voglio dire che se si vuole discutere dei fondamentali, roba ce n'è.
Non credo sia una questione di "presa", Giuliano, ma di contenuti.
Io sto in terra di Prosecco, anche qui ora si parla di "bollicine" molto spesso. Una parola nuova nel vocabolario dei "proseccari", la differenza è che qui si identifica col Prosecco e sta bene (fino ad un certo punto, aggiungo io), invece mi pare di capire che così non è in Trentino.
Sta sicuro che se chiedi una "bollicina" a Treviso 100% non ti chiedono quale, ma ti danno direttamente un Prosecco, i più bravi magari ti chiedono se vuoi un Prosecco o un Prosecchino, ma insomma quello è.
Dovrebbe essere la stessa cosa a Trento, chiedo una "bollicina" e versano un Trentodoc, invece mi rifilano un Prosecco pure lì (che sfiga, io vengo a Trento, perchè non ne posso più di Prosecco e mi ribevo ancora un Prosecco!).
Credo che il problema di fondo sia questo.
Una comunicazione errata, fatta di parole errrate, a cui seguono azioni errate.
Tutto questo, restando legati al concetto di marchio territoriale, se invece si abbandona questa visione le cose cambiano, ma questa è un'altra storia.
C'è una contradizione tra il dire ed il fare delle genti Trentine.
Sono orgogliosi di un marchio che le identifichi con il territorio per rivendicare la loro unicità, e poi fanno pubblicità al territorio degl'altri vendendo più le loro "bollicine" che quelli del Trentino. Mah….
Immagino Alessandra, che quel "Giuliano" sia io.
Ho l'impressione che alla fine non diciamo cose tanto diverse. Sulla comunicazione errata siamo assolutamente d'accordo. Ma nel caso specifico dell'articolo pubblicato da Luciano Pavesio sul Lavinium, non mi sembra ci sia confusione alcuna, visto che Trentodoc è scritto a chiare lettere in numerosi punti del testo. Il fatto che poi, anche per alternare i termini, venga detto anche "spumante" e "bollicine", direi che è solo un modo per dare un'indicazione in più, che non mi sembra errata.
Anche perché di spumanti si tratta, altrimenti sotto la voce Trentodoc si produrrebbero anche altre tipologie, così come per il Franciacorta.