Ieri Cosimo 2 si è fatto un giro a nord di Trento. E ha fatto visita ad alcuni ottimi spumantisti di metodo classico (li chiamo così per semplicità – e spero di non beccarmi subito una meritata tirata d’orecchie da parte dell’amico Ziliani -, perché non tutti quelli che ho incontrati stanno sotto il cappello della Doc Trento, né sotto quello di TRENTODOC). Dei risultati, buoni risultati, delle chiacchierate di ieri, magari, vi racconterò prossimamente. Ora mi interessa, invece, raccontarvi del mio rientro sotto i cieli lagarini, nel tardo pomeriggio. Per tutta la giornata, facendo forza alla tentazione, avevo bevuto solo acqua, durante il pranzo. E la ragione non è difficile da immaginare: Cosimo, come quasi tutti, vive nel terrore di essere beccato alla guida in stato di ebbrezza. Legale non reale. Faccio questa distinzione dopo aver ascoltato in tv, lunedì sera, le opinioni del dottor Luigino Pellegrini, consigliere Pd di Rovereto; che, a sostegno delle sue tesi, invocava il concetto equivoco, e a mio modo di vedere pericoloso, di “norma sociale”. Bene, io invoco quello di norma individuale. E reale. In ogni caso, pur a fatica e a costo di enormi sacrifici, mio malgrado mi inchino alla norma legale. Ma distinguo fra ebbrezza reale ed ebbrezza legale. Comunque, dicevo, verso sera sono rientrato a Rovereto. Ho portato la macchina a casa e ho deciso di concedermi finalmente un Trento Doc. Sono entrato in un locale della città in cui non ero mai entrato prima. Ma che, almeno dall’esterno, da un po’ di tempo in qua mi ispirava. In vetrina una bella serie di magnum Trentodoc e Franciacorta, messe in fila una dopo l’altra. Uno spettacolo a vedersi, per quelli come noi. Questa la ragione dell’ispirazione che andavo coltivando da qualche settimana. All’interno un’atmosfera elegante e parecchia gente ai tavoli. Dietro il banco, un quarantenne in divisa da barman. Apparentemente inappuntabile. Poi, ho saputo essere il titolare del locale. Comunque, questo è un dettaglio. Appena entrato ho chiesto subito un Trento Doc. Il barista mi ha fatto capire di aver inteso e senza tentennamenti ha fatto pochi passi dietro il bancone ed è tornato davanti a me con una bottiglia di Merlot – Bottega Vinai (Cavit). A quel punto, ho chiesto scusa e ho ripetuto: “Vorrei un Trento Doc non un Trentino Doc”. Il barista ha insistito con il Merlot. Per tagliarla corta ho pronunciato la parola magica: spumante di Trento. Ho evitato di usare l’espressione Metodo Classico, per non complicare le cose. E infatti gli si sono illuminati gli occhi. Si è chinato in basso, verso la cella frigo, e ha tirato fuori una magnum di Prosecco Val d’Oca Docg. Ho chiesto ancora scusa per l’insistenza e ho provato a spiegarmi ancora meglio: “Mi dia un Ferrari, un Methius, un Letrari, un Revì, mi dia una cosa così”. Volutamente ho citato alcuni marchi che avevo notato poco prima in vetrina. Finalmente ci siamo capiti e, da sotto il bancone, come per incanto è uscita una bottiglia di Altemasi Cavit. Insieme abbiamo tirato un sospiro di sollievo che ha tagliato l’imbarazzo. Di entrambi. Ho bevuto la mia flute. E ho chiesto il conto: euro 3,50 con lo scontrino. Lo stesso prezzo che mi viene chiesto, per esempio, per un Letrari Dosaggio Zero in un bel locale dei paraggi. Troppo, ho pensato, per un Altemasi base. E soprattutto troppo faticoso, a Rovereto, riuscire a bere un Trento Doc /TRENTODOC. Proporrei di ripartire da qui, dalla Città della Quercia, per un programma di diffusione del marchio. Sia presso i consumatori che presso gli operatori del commercio. Per questi ultimi, butto lì un idea banale: una giornata di formazione, gratuita, ogni sei mesi. Costerebbe poco, credo. Di sicuro meno delle cattedrali faraoniche che abbiamo avuto il (dis)piacere di visitare a Vinitaly. E forse contribuirebbe a far vendere qualche bottiglia in più del nostro Metodo Classico.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
La docg non garantisce nulla. Crea solo falso appeal. Il vino deve parlare nel bicchiere. Trasferire identità . Quella che fa rima con sincerità . Ma il Trentino l'ha persa per strada
..avrà anche perso per strada la sincerità…. ma sempre per strada negli ultimi giorni ha scoperto i pesci…. e i pescatori e ne ha fatto un nuovo marchio…. ecco qui
http://www.intrentino.to/interne/articoli.aspx?ID…
Alzi la mano chi, in Trentino, è mai riuscito a bere un Trento, senza dover spiegare di cosa si trattasse. A me non è mai accaduto. Ha ragione cosimo quando dice: troppo faticoso e troppo difficile bere un Trento a Rovereto. E anche a Trento!
Cara Curiosa&Sospettosa, nessuno nega la difficoltà concreta che si prospetta ogniqualvolta al bar/winebar si chiede una bollicina autoctona.
La questione del marchio o brand che dir si voglia, deve necessariamente essere definita quanto prima; non possiamo permetterci di procedere ancora così, tra pastoie burocratico/amministrative e confusione mediatica, con i gestori dei locali preposti alla mescita spesso scarsamente preparati.
Lo scorso anno, a Palazzo Roccabruna, in occasione della degustazione delle bollicine nostrane, ci siamo presentati in quattro alle 19, siamo stati invitati a ritornare alle 21 e ci può stare. Quello che invece non ci può stare (dopo aver pagato, peraltro) è veder disattese le nostre aspettative; Perlè e Mach finiti (mi chiedo come sia possibile) e il resto delle bollicine servite addirittura a temperatura ambiente (sui nostri commenti a caldo, meglio sorvolare)….
a proposito di palazzo roccabruna…
"Nelle sale cinquecentesche del Palazzo ogni giovedì e sabato, dalle 17.00 alle 22.00, è possibile scoprire i sapori ed i profumi dei vini trentini e della collezione permanente del TRENTODOC, le bollicine trentine metodo classico, testimoni nel mondo della qualità della vitivinicoltura locale."(Dalla home page di palazzo roccabruna).
Insomma: l'enoteca provinciale cui è delegato il compito di far conoscere sapori e odori del trentino è aperta al pubblico due giorni a settimana dalle 17 alle 22. E gli enogastroturisti, si fottano. O vengono in quelle fasce orarie, che sembrano quelle fiscali.. da medico fiscale …o , appunto, si fottano…. .
…sapessi le volte che gli enogastronomoturisti si sono fottuti in Trentino….a Trento e nella Città della Quercia poi….evidentemente a Palazzo Roccabruna sta bene così, finchè dura…..ma bisogna anche sottolineare che nelle città menzionate nei giorni festivi, trovare un bar o ristorante aperti equivale a vincere un biglietto di Win for life…..
Eccerto se l'esempio è palazzo roccabruna…. figurarsi gli altri….. a parte pochi…. valorosi….
mah…..davvero mah…..
…pochi e valorosi sì, ma mi chiedo come possiamo andare avanti così, come si possa fare cultura del territorio con attività ristorative e APT chiuse nei giorni festivi…..
…..certo che quel doc/DOC attaccato alla parola Trento non vogliamo proprio tolglierlo eh? A me pare sufficiente definire un metodo classico "Trento" punto. Che cosa centra la doc? E' la stessa storia dei grandi vini italiani, pensiamo al Maseto, Tignanello, pure il San Leonardo….tutti vini da tavola, anche il sassicaia è andato avanti per decenni (peraltro senza alcun problema) prima che creassero la Doc Bolgheri Sassicaia…..
Sono ovviamente d'accordo con Wyatt circa l'uso di "TRENTO" senza l'orpello "doc", non foss'altro perché bisogna migliorare ancora passando di fatto nel sistema previsto per la "docg". Ovviamente chiedendo poi (e meritandosi) l'autorizzazione a scrivere "TRENTO" in etichetta senza l'aggiunta di "docg", come ottenuto da Champagne, Cava, Franciacorta, Asti…
Nel sistema "doc/docg" bisogna continuare a credere per affermare il territorio d'origine del prodotto: è l'unica tutela in mano ai viticoltori. Alcune grandi Case hanno potuto snobbarlo grazie alla forza del loro marchio, e in Trentino ciò vale solo per le eccezzioni che conosciamo. La "doc/docg" è in definitiva uno strumento che si può usare bene (es. Champagne) o male (es. …da trovare). Fuochino, fuochino…
Non oso immaginare cosa mi sarebbe stato proposto … in quel bar di Rovereto, se avessi chiesto… un Trento. magari mi avrebbero servito un piatto di polenta e coniglio. A parte gli scherzi… il fatto è che qui siamo davanti ad un grande pasticcio, accresciuto a dismisura dal quel brand commerciale -TRENTODOC – che oltre a non essere mai riuscito a decollare…. non è servito a vendere…. ma questo non è dipeso da noi..che da sempre ci battiamo per la docg e per il TRENTO
…mi scuso per aver omesso una "s" dal nome del grande Merlot toscano Masseto e aver scritto Sassicaia con l'iniziale minuscola (sarà mica l'effetto del Valpolicella Quintarelli 2003 bevuto l'altra sera?) :-).
Cari Massarello e Cosimo P.R.BB, allora FORZA, portate avanti il progetto per ottenere la DOCG e soprattutto per definirla "TRENTO", che poi (come ho già scritto in altri post) potrà declinarsi in brut, demi-sec, pas dosè ecc.
Così finalmente si uscirà dalle pastoie burocratiche e si dipaneranno le nebbie intorno alle bollicine trentine, che sono per carattere,complessità, longevità, piacevolezza le migliori del territorio nazionale
Vuoi vedere che forse ho capito a quale realtà docgiggista si riverisce il Massa….azz….
Ammazza….dimentico anche il log-in adesso, eppoi nel post precedente il riverisce finale….ma sto Quintarelli,……vuoi vedere che ha ragione il dott. Pellegrini?
Attento Wyatt: Se vai avanti di questo passo…a qualcuno potrebbe venire in mente di comminarti "l'ergastolo a vita della tastiera"….. con pubblica gogna, espiazione, quotidiana dinnanzi alla comunità….
…ergastolo a vita della tastiera…!!! Già mi vedo con i lucchetti sulla scrivania e con accanto un bicchiere di Marzemino (sigh!!!)…..
Le giornate di formazione gratuita per gli operatori già ci sono (presso Accademia d'Impresa), e proprio nell'ultimo autunno si sono tenuti interi pomeriggi dedicati al Trento DOC, gestite anche attraverso la collaborazione delle Strade dei Vini e dei Sapori del Trentino.
Sono terribilmente imbarazzato a volte dall'ignoranza (intesa come "non conoscenza") di alcuni miei colleghi baristi/ristoratori riguardo il vino che vendono. Non solo sulle sue caratteristiche, ma anche sul servizio (bicchieri inadeguati, temperature da panico, ecc, ecc). Io credo che questa sia tutta colpa loro: nessuna voglia di conoscere, pressapochismo che dilaga… e alla fine è il vino che ci rimette.
Qualche mese fa, il titolare di un conosciuto locale del centro di Trento (nel cui nome compare la parola VINO, tra resto…) alla mia richiesta di consigliarmi qualcosa da bere ha detto che aveva "un buon vino di qualità, un po' dolce". Non vi posso dire che imbarazzo ho provato quando arriva al tavolo con un Dolcetto d'Alba; avrei voluto sprofondare al centro della Terra per lui.
Se le giornate di formazione di Accademia d'Impresa non funzionano e/o sono poco frequentate, inventiamoci qualcos'altro.. qualcosa che funzioni. Ma facciamo qualcosa. Urge, fare qualcosa.
Questo argomento mi intriga molto, scusatemi per l'invadenza. Eravamo i 5 ieri in un bar di Trento per l'aperitivo. Ho voluto provatre anch'io come Cosimo ed ho chiesto: Trento, per tutti. La bella barista di mezza età si è fermata, espressione persa. Ho provato con Trentodoc: pupilla dilatata, interrogativa. Nulla. Ce l'ha un Prosecco? Sorriso disteso, problema risolto. Per la barista e in qualche modo anche per noi. I due magnum di Rotari e Altemasi che troneggiano per decorazione in alto sullo scaffale non sono, infatti, a temperatura. Alla fine la barista ringrazia per la mini informazione che ho approfittato per dare, come i miei occasionali accompagnatori che della faccenda sapevano ben poco. Informazione e formazione, appunto. Con a monte un pò d'ordine, altrimenti le info diventano giustificazioni.
.,.,domanda vagamente retorica la tua… chiaro che dovrebbero essere loro i primi…a formarsi, a informarsi, a sapere cosa vendono. Alcuni lo fanno. Altri meno. E altri ancora non lo fanno affatto. Detto questo, siccome il problema esiste, e pare esistano anche i soldi (tanti), usiamoli almeno per cercare di aiutare quegli operatori che non lo fanno da soli, ad aggiornarsi. Convinciamoli che la customer satisfaction è un valore… e che saper interpretare un territorio anche da dietro un bancone è un valore aggiunto che vale un sacco di soldi. Naturalmente la mia era una proposta banalissima…se ne potrebbero fare altre…molto più sofisticate. Ma temo che chi dovrebbe ascoltare non ascolti nemmeno quelle semplici di proposte. Figurarsi quelle più articolate.
E vero, Donatella,voi tenete duro. E fate sempre un buon lavoro di comunicazione in cantina – nel vostro caso nella magnifica grotta di Paolo -, ma anche gli altri, quelli che dovrebbero fare comunicazione istituzionale, tengono duro…. a sbagliare. E'questo il nodo vero: una visione della comunicazione istituzionale che fa acqua da tutte le parti.
sono in pieno accordo con te che abbiamo bisogno di formazione, ma una domanda: secondo te questi operatori avranno voglia di fare formazione? chi gestisce un locale non si dovrebbe, almeno in parte, sentire "obbligato" a sapere cosa vende? piccola riflassione…
Bravo Cosimo!! sarebbe ora di fare un pò di formazione.. di quella seria.. di quella che noi tutti produttori di TRENTODOC facciamo sempre in cantina ai nostri visitatori.
Ci vuole gran pazienza come con il nostro vino.. MAI credere che sia tempo sprecato.. semmai investito.. e come tutti i buoni investimenti daranno il loro frutto!
Teniamo duro!
e allora anche soldi………. sprecati!
Ma visto che questi soldi pare ci siano… pare….perché non usarli, almeno un po', per mettere azioni concrete a favore del trento doc. Possibile che se io chiedo un franciacorta a palermo sanno di cosa sto parlando, e se chiedo un trento doc a rovereto mi ritrovo con un bicchiere di merlot? E se invece, sempre a rovereto, chiedo un franciacorta, mi propongono sempre almeno due etichette?
eccheccazzo…..
……..tempo sprecato…….
No Cosimo, quando il Vignaiolo in aspettativa (appunto) dice "… tempo sprecato … " si riferisce al suo e a quello dei suoi colleghi. A cosa servono, infatti, le loro fatiche se dopo tutti questi anni di promozione il risultato è quello che ci hai racccontato tu?
Il fatto è che pare io racconti cazzate…e le mie (me lo hanno già detto) siano finzioni letterarie. In verità anche loro sanno che le cose stanno così, ma fingono di non sapere. Qualche tempo fa, mi capitò di cenare insieme a Re Sole, in un lussuoso ristorante roveretano. Riconobbero subito Re Sole e immediatamente si fecero avanti con una flute di aperitivo: era un prosecco. Ne io ne re sole lo bevemmo. Nemmeno per cortesia. Andammo al tavolo e Re Sole fece l'incazzato: "Ma come si permettono questi di proporci un prosecco". Quindi le cose le conoscono a memoria anche loro. Ma non amano sentirsele dire. Peccato.