Leggo sull’edizione on line del quotidiano Trentino (qui), che la delibera della Camera di Commercio con la quale viene ceduto il marchio TRENTODOC a Consorzio Vini del Trentino, da ieri è diventata esecutiva. Bene, quindi da ieri il Consorzio del presidente Fronza e del direttore Bona è il formale titolare della tutela del marchio commerciale del nostro Metodo Classico. Siccome ciò che è reale è razionale, come diceva quello, ora ne prendiamo atto. E non stiamo più a farci troppe pippe. Adesso, però, il Consorzio dimostri con i fatti di meritarsi questo onore e questo onere. E cominci a farlo sin da subito. Sin da oggi. Prendendo una netta presa di posizione nei confronti dell’Ais e del suo premio gli Oscar del Vino 2012. Come abbiamo già avuto modo di raccontare nel post precedente, il Trento non compare fra le nomination del premio più autorevole e prestigioso d’Italia. Le segnalazioni, tre su tre, sono state assegnate esclusivamente a bottilgie franciacortine. Meritatatamente, naturalmente. Ma l’esclusione da un premio come questo del nostro Trento (insieme all’Oltrepò e all’Alta Langa), pone un problema serio. Che attiene, anche, alle politiche di comunicazione, di tutela e di promozione delle nostre bottiglie. Che, evidentemente, fin qui non hanno prodotto i risultati che avrebbero invece dovuto produrre. Il segno tangibile degli errori compiuti da chi fino ad oggi, Istituto e Trentino SpA, avrebbe dovuto comunicare e valorizzare il nostro Metodo Classico. Da ieri questo compito è passato a Consorzio Vini. Bene, si cambi registro. Subito. Anche a costo di alzare la voce.
(foto di Paola Attanasio)
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Sappiamo tutti come funzionano questi "Oscars" nazionali. Vanno un pò a rotazione e sono soggettivi per più che ovvie e, talvolta, comprensibili ragioni. Magari ci sarebbe stato meglio un Trentodoc piuttosto che La Vis come miglior azienda vinicola ma… non avrebbe fatto altrettanto scalpore ne notizia. Per professionalità mi affretterei piuttosto a degustare i tre vincitori, La Montina, Ricci Curbastro e Uberti e cercare di capire.
Inoltre, anche se fuori posto, ci aggiungerei una riflessione di carattere tecnico: secondo il mio modesto parere molti produttori di Trento DOC puntano troppo sullo Chardonnay e con scarso entusiasmo sul Pinot Nero e/o altre varietà da cuvée. Certamente viene usato ma più come riempitivo che come componente alla pari dello Chardonnay. Lo Chardonnay può dare grandissimi risultati e lo vediamo nel Giulio Ferrari, ma non tutti gli anni può dare 8-10 milioni di grandi metodo classico trentino. Fare a meno di una gran base di Pinot Nero da spumantizzazione significa rinunciare a priori alla struttura, potenza e longevità che esso può dare per contare solo sulla eleganza, finezza e mineralità dello Chardonnay. Non direi che sia per caso che nella Champagne il Pinot Nero copra il 38% dei vigneti, il Pinot Meunier il 32% e lo Chardonnay il 28%.
Claudio lei dice che i produttori trentini usano "con scarso entusiasmo" il Pinot nero e quelle che lei definisce "altre varietà da cuvée". Scusi, ma quali sarebbero queste altre varietà?
L'altra varietà utilizzata in Champagne, il Pinot Meunier, é inesistente in Italia (ed in Trentino) e quindi su quali altre varietà dovrebbero indirizzarsi i "trentodocchisti?
Ci illumini, per favore…
Già, questo è il punto, sulla carta ci sarebbero, però poi? (Per carta intendo il disciplinare del Trento Doc che contempla oltre allo Chardonnay anche il Pinot bianco, Pinot nero e Muenier). Allora ci sarebbe un’altra domanda da porci: può una denominazione di metodo classico affidare le proprie aspettative e fortune quasi totalmente ad un vitigno, seppur di ottima qualità?
bella domanda la sua Claudio. Pensando al caso dell'Oltrepò Pavese che per i suoi metodo classico sta puntando praticamente tutto sul Pinot nero direi proprio di no. Meglio, il caso della Franciacorta insegna, puntare su un mix ragionato di più varietà.
Un po' di Pinot nero in Trentino c'é, ma poco, anche il Pinot bianco non manca, ma il suo uso (chiederlo anche ai produttori di metodo classico dell'Alto Adige) é sempre rischioso specie su terreni calcarei. Quanto al Pinot Meunier prendo atto di quello che afferma ovvero della sua presenza nel disciplinare del TrentoDoc, ma vorrei sapere quanti ettari effettivamente vitati ci siano in provincia di Trento
Ciao Claudio, credo sia una scelta soggettiva, che dipenda dal singolo produttore….eppoi non c'è solo il Giulio ad essere un blanc de blanc , pensa al Perlè che è prodotto da sole uve Chardonnay in circa quattrocentomila bottiglie….o al Blauwal di Cesconi o al Balter brut (anch'essi a base di sole uve Chardonnay). In questi casi, il Pinot Nero non si fa certo rimpiangere; il Methius come Balter riserva ad esempio, sono cuvee delle due tipologie…il recente 823 di Maso Michei come il Perlè nero sono blanc de noirs. Sono espressioni diverse ma tutte di grande qualità; il problema della spumantistica provinciale non risiede nella scelta dei produttori di impiegare quella o quell'altra tipologia di uve (restando sempre però nelle due tipologie), ma sia prettamente politico-istituzionale…e di comunicazione.
Si cominci a fare chiarezza e si punti unicamente sul marchio TRENTO e forse col tempo, le cose cambieranno…
Buongiorno Wyatt, non volevo oscurare la dialettica sulle problematiche politico-istituzionali e di comunicazione che certamente ci sono e rimangono da dipanare. Piuttosto la mia voleva essere una osservazione meramente tecnica. Proprio il fatto che come giustamente confermi non c’è solo il Giulio ad essere un BdB, e ne elenchi molti altri, che mi ha dato da pensare su come ci sia una corrente non secondaria che predilige il monovitigno dominante/portante. Nulla da obiettare naturalmente; anche per me è una libera e soggettiva scelta del singolo produttore o meglio, di più di qualche singolo produttore. Se si sente più a suo agio e gratificato dai risultati perchè no. Consentimi di accendere una lucina rossa su un punto però: ritengo (magari a torto) che un SuperChardonnay ed una SuperCuvée abbiano due anime diverse e spesso, nell’”immaginario collettivo e inconscio delle suggestioni” degli appassionati ed addetti ai lavori, toccano corde sensoriali diverse. Prendo anche qui qualche frammento di saggezza francese ove, come sappiamo, nello Champagne hanno ben presto voluto evidenziare, distinguere e categorizzare i prodotti in stile “fuori serie” (minoranza) con Millesimé, Blanc de Blanc, Blanc de Noir ecc. dai prodotti nello stile di “serie”, la cuvee classica. Mi piacerebbe poter dire altrettanto e cioè qual’è lo stile di serie del ns Trentodoc e di conseguenza quali sono gli stili fuori serie.
Cosimo, vuoi scommettere con me (ti va una bottiglia di Trento Doc?) che il tuo appello rimarrà inascoltato e che nessuno in Trentino protesterà per questa triplice nomination franciacortina?
Si tratterebbe di farsi sentire, seppure educatamente, da un personaggio che viene considerato un potente nel mondo del vino italiano e non mi sembra che in terra trentina, soprattutto a livello istituzionale, ci siano tanti "leoni" che abbiano voglia di rischiare di farsi nemica una persona potente…
Non ci penso nemmeno…a fare una scommessa…di questo genere con te…!
(per la bottiglia di Trento, invece, va bene comunque…anche senza..scommessa)