Premetto subito che questa non è una nota di degustazione. Ma sono solo un paio di osservazioni all’insegna della delusione. Cocente.

Stamane ad ora di aperitivo, in una delle località turistiche più finanziate e glam del Trentino, ho provato ad accostarmi ad una Cuvée 28 Rotari. Cosa che non facevo da un po’ di tempo. Ed è stata una delusione cocente. La bottiglia stappata davanti ai miei occhi era completamente rovinata. In bocca una sensazione di amaro da far cappottare all’indietro. Sensazione che lasciava il posto ai segni di un’ossidazione così marcata da diventare un sentore metallico sulla lingua che ancora, a distanza di qualche ora, non sono riuscito a cancellare. La sboccatura della bottiglia risaliva al 2010. In casa, il barista dopo un attento controllo del magazzino, mi ha fatto sapere di avere tutte bottiglie dello stesso lotto e dello stesso anno di sboccatura. E’ chiaro che la bottiglia era decisamente lesionata e quindi non fa testo per un giudizio sulla cuvée rotaliana. Che rimandiamo ad una prossima volta. Ma questo mi permette un suggerimento a tutti i protagonisti della filiera, dal produttore, al distributore fino al barman finale che si approvvigiona: più attenzione e più vigilanza, ragazzi. Più attenzione a quello che si mette in giro, a quando lo si mette in giro e più attenzione e vigilanza anche alla conservazione di un prodotto che è diverso dalla Coca-Cola. E che deve essere trattato con somma attenzione.

Poco dopo quest’esperienza ho tentato di rifarmi la bocca, nella sala bar di un rinomato Hotel 4 stelle, a quattro passi dal bar precedente. Mi è stato servito un ottimo Balter Brut. Per le note rimando a quanto scritto ieri e stamattina da SunValley e da Wyatt. Tutto perfetto, anche il prezzo: 3,50. Solo una piccola-grande imperfezione: il Trento mi è stato servito in un elegante calice Franciacorta griffato Barone Pizzini.

Per oggi è tutto. E basta e avanza.