Lo sciopero dal TRENTO continua. E tutto sommato è più facile di quel che poteva apparire all’inizio; in giro ci sono un sacco di metodo classico con cui soddisfarsi felicemente: ieri ho pasteggiatto con un Arunda Brut, buono da far paura. Quindi, possiamo benissimo continuare ad astenerci dal Trento sine die. Dalle bottiglie di TRENTO, non dalla polemica né dall’argomento. E l’argomento è questo: l’affannoso affanno  con cui il marchio commerciale TRENTODOC  e la denominazione TRENTO, incontrano i mercati. E questo non lo dice solo quel fatrentocfacciamo il puntorabutto di Cosimo, famigerato borderline che vive ai margini della legalità. Lo dicono, meglio di lui e più di lui, persone moderatissime e grandi firme del giornalismo di settore. A quest’ultima categoria ascrivo l’amico Franco Ziliani, che un paio di giorni fa ha pubblicato sulle sue Mille Bolle Blog un comunicato stampa diffuso dalla maison di Ravina. Nota destinata ai giornalisti, dalla quale le parole TRENTO e TRENTODOC sono state minuziosamente espunte (qui il link al post). Alla prima categoria, quella delle persone moderatissime che per lavoro si occupano di vino e di metodo classico, invece, ascrivo il sommelier e blogger Andrea Aldrighetti, autore del prezioso Enophilia. E’stato lui, l’altro giorno, a condividere su Facebok un’immagine della bottiglieria del salone “Eataly New York, forse la più grande vetrina al mondo del wine&food made in Italy. I migliori spumanti italiani sono quelli prodotto in Alta Langa, Franciacorta, Prosecco e…”.  Questa fotro vale da sola più di mille ragionamenti, più di mille post, più di mille polemiche. Dall’immagine, infatti, si deduce che la più grande vetrina mondiale del made in Italy, in tema di sparkling wine, segnala al consumatore americano solo Franciacorta, Alta Langa, Prosecco e Ferrari. Punto. Accanto alle denominazioni, quando si arriva al Trentino il territorio scompare brutalmente, per far posto ad un blasonatissimo brand aziendale. E qui, in questa contraddizione lampante, sta il punto. Il punto di tutto. Mi torna in mente l’esclamazione con la quale, giusto una settimana fa al Mas dela Fam, quel dinamitardo impenitente di Peter Dipoli ha chiuso il suo intervento: “Trentini, dovete cominciare a fare il Trentino”. Già, ma quando cominciamo? E soprattutto, quando cominciamo a fare sul serio?