Finalmente, come avevo già anticipato qui:https://www.territoriocheresiste.it/2012/05/scioperare-dal-trento-fa-bene/, trovo il tempo per trascrivere le mi piccole note d’assaggio, scritte in tempo reale giovedì sera mentre assaggiavo le sei bolle presentate da Proposta Vini alla libreria caffè Il Papiro di Trento in via Galilei.
Blanc De Morgex et de La Salle Brut – Cave du Vin Blanc Arvier (AO) – da Uve autoctone Prié Blanc
Non trovo la freschezza e l’acidità che pure mi aspetto da un uva coltivata alle altitudini estreme della Valle d’Aosta. E’ tutto in forma, senza difetti, anzi molto piacevole: ma non mi stupisce. Manca il carattere e l’austerità. Manca la sensazione di freschezza e di mineralità che sono le cose che apprezzo di più nei metodo classico. Forse dipende da un tempo di rifermentazione troppo breve a cui è stata sottoposta questa bottiglia (10 mesi). In ogni caso tanto di cappello, per il coraggio e la caparbietà di questi eroi delle nevi, raccontati magnificamente anche da Mario Soldati a suo tempo. Da riprovare magari nelle altre versioni.
Massenza Frizzante Belle – Francesco Poli Santa Massenza (Tn) – Charmat da uve Peverella e Nosiola.
Non mi ha ne colpito ne impressionato. Una vaga aromaticità garantita dalla Peverella non riesce a nascondere un vino, a mio modesto parere, con ben poco carattere. Saranno anche autoctone queste uve ma non si segnalano per particolari pregi, almeno nelle versioni rifermentate in acciaio. Difficile innamorarsi del naso, che scappa via subito e lascia tracce decise di un eccesso vinoso. Mentre in bocca, la nota aromatica si fa quasi astringente e priva di eleganza.
Cimbrus Brut – Cimbrani d’Autore / Alfio Nicolodi, Cembra – Metodo Classico da uve Lagarino Bianco (Chegarel)
Anche in questo caso, avverto immediatamente un senso di disarmonia, di tensioni acidissime che non legano e non aiutano a costruire una sufficiente complessità armonica che invece lascia il passo a una decisa vegetalità astringente.
Prosecco Belle Frizzante sui Lieviti – Vallis Mareni – Rifermentazione in bottiglia con il metodo cosiddetto familiare
Sarà pure rifermentato in bottiglia con il metodo familiare ovvero col fondo, ultima frontiera del marketing dei prosecchisti alla scoperta della radici e di una patina di storia e di tradizione, e tuttavia il risultato non mi è apparso all’altezza. Dal prosecco, che per scelta frequento poco, mi aspetto soprattutto freschezza, bevibilità e disimpegno. Qui invece mi sono trovato di fronte ad un vino frizzante che sembra avere delle velleità da metodo classico, in quanto a complessità e austerità, ma non ci riesce e si ferma molto prima. Resta li fermo in bilico fra una cosa e l’altra, trascurando i punti di forza del prosecco e restando lontano dalla complessità del classico. Questa la nota che mi sono preso l’altra sera mentre lo assaggiavo.
Nerello Mascalese Brut – Metodo Classico Barone Emanuele Scamacca del Murgo – Uve autoctone Nerello Mascalese colivate sul versante orientale dell’Etna rifermentate in bottiglia per 26 mesi
Dunque qui, come ho avuto modo di scrivere qualche giorno fa, siamo su un altro pianeta. La spuma ha una cremosità densamente champagnosa fin da subito. Il naso è fresco di lieviti, di crosta e si inclina sui frutti polposamente maturi della mela. Al palato emergono una sapidità inattesa che si agruma con una lunga tensione che non toglie nulla alla morbidezza rotonda e persistente. Sulle mie note l’altra sera ho messo +++
Bombino Bianco Brut Riserva Nobile D’Arapri – San Severo (Fg) – da uve autoctone Bombino Bianco coltivate a 100 mt. sul livello del mare. Rifermentate in bottiglia per 48 mesi.
Dunque trascrivo pari pari le note che mi sono appuntato l’altra sera:
++++
Spumosità morbida e densa che sovrasta un perlage perfettamente ordinato e sempre in lunga tensione dorata e verticalizzata. Già al naso si propongono sensazioni vanigliate che torneranno poi armoniosamente e vellutate al palato. Ed è questo continuo gioco di rimando e di completamento fra olfatto e palato che mi hanno intrigato: ho incontrato una complessità armoniosa e lunga che raramente mi era capitata. La vanigliosità che permea la sensazione generale non toglie nulla all’esperienza del frutto maturo e allo stesso tempo sapido, fresco e mineralizzato. Un continuo gioco di rimandi ciclici delle sensazioni che mi ha incantato.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.