Avvertenza: il post che segue è stato scritto da Giorgio Cestari alias Primo Oratore, autore dell’ Osservatorio del Vino. Accogliendo cortesemente il nostro invito, e senza timore di mescolarsi con i passamontagna corsari indossati dai Cosimi Black Blogger, ha partecipato in nostra vece al simposio degustativo di ieri a Rovereto, offerto da Cantine Ferrari – Flli. Lunelli e guidato dal magistrale Ruben Larentis.  Crediamo che la raffinata competenza e l’acuta capacità di raccontare il vino di Primo Oratore, siano una risorsa preziosa per il Trentino. Per tutte queste ragioni lo ringraziamo davvero di cuore per essersi assunto generosamente l’onere di rappresentare Trentino Wine Blog in una sede così autorevole. Speriamo che non manchino altre occasioni per collaborare.

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giulio ferrari di Giorgio Cestari alias Primo Oratore – Alla degustazione spettacolare dei millesimati Ferrari c’ero anch’io ieri, come portacolori del Trentino Wine Blog. Come abbiamo già spiegato, gli autori del blog vogliono conservare la riservatezza e quindi hanno mandato avanti me.

Ora, prima di incominciare a parlare della fantastica esperienza sensoriale che è stata, voglio mettere una nota iniziale. Mi è stata riservata un’accoglienza molto speciale, quando mi sono presentato la signora che mi ha accolto ed il sommelier Tommaso Iori non hanno trattenuto un moto di compiacimento e di soddisfazione. Poi, ed anche questa cosa voglio dirla prima di tutto, Tommaso ci ha tenuto a dirmi che l’associazione dei sommelier sta facendo a sua volta alcune scelte nuove, anche per togliere un po’ la patina di esperti a tutti i costi che talvolta ha l’effetto di intimorire alcuni interlocutori, e per questo ha voluto mandare un segnale invitando alla degustazione anziché i classici [una compagnia di giro di comunicatori], pur bravi s’intende, una voce ritenuta autorevole ma più vicina alle dinamiche vere del mondo del vino, meno mediata insomma. Avrebbero veramente voluto avere uno dei Cosimi, e si sono dovuti accontentare di me.

Ed eccomi qua, a parlare della meraviglia di spumante che mi hanno versato ieri nel bicchiere.

Ferrari Perlè , Ferrari Perlè Rosè e Ferrari Perlè Nero millesimi 2005 – 2006 e 2007

Ferrari Riserva Lunelli Millesimi 2004 – 2005 e 2006

Giulio Ferrari Riserva millesimi 2000 – 2004 – 2005 e 2006

Ferrari Perlè Rosè Millesimo 1997 e Giulio Ferrari Riserva Millesimo 2007

Innanzitutto si tratta di bottiglie che non andranno mai sul mercato così come le ho assaggiate io, perché sono state sboccate e lasciate senza dosaggio. Per questo motivo tutti i vini sono imprecisi e con la liqueur sicuramente cambieranno, e molto. Ma così sono più “autentici” e finiscono per dire di più e di meno di quando saranno definitivi. Stiamo comunque parlando di prodotti di eccellenza, io li berrei tutti tutte le sere, quindi le differenze che esprimerò di seguito non devono in nessun modo essere considerate dei difetti, ma solo semplici differenze.

La prima curiosità è sorta insieme alla prima batteria di Perlè. Blanc de Blancs, nel senso che c’è dentro solo Chardonnay. Sono vini in cui il “marchio di fabbrica” Ferrari prevale rispetto alle annate. Infatti le annate si assomigliano moltissimo, se non che il Perlè 2005 è sembrato durare meno nel bicchiere, il perlage si è ad un certo punto arrestato, mentre negli altri ha continuato. Ed è un marchio di fabbrica non casuale ma ricercato, Ruben Larentis lo ha detto più volte: Ferrari cerca la freschezza, la sapidità, la mineralità (come si dice oggi) l’acidità senza mai cadere né nello stucchevole né nel vinoso. I sentori vinosi non ci devono mai essere, ed è ben divertente trattandosi in fondo di un vino. Tuttavia posso confermare che è così. Il colore è giallo paglierino, ma poi scoprirò che anche questo è un distintivo: tutti i Ferrari sono gialli paglierini, chi più chi meno scarico, salvo naturalmente i Rosè che sono buccia di cipolla e sua maestà il Giulio che è più giallo. Tutti però sono più che brillanti, sembrano luminescenti. Nella batteria dei Perlè quello che ho gradito di meno è stato il 2006, quello maggiore il 2007. Si riconoscono perfettamente come un vino unitario, tuttavia, di tutti i lotti assaggiati sono sembrati meno lineari, uno un po’ più di qua e uno di là. Comunque tutti lunghissimi, con un fine di bocca splendido e fresco-cremoso-leggero.

I Perlè Rosè sono un’altra storia. Passano un po’ di tempo sulle bucce del Pinot Nero, e ne riportano questo ramato spettacolare e gradevolissimo. Sono vini nel complesso meno fini –secondo me- dei Chardonnay, ma più complessi e più aromatici. Larentis dice che sarebbe difficile distinguerli dai precedenti bianchi se non vedessimo il colore. Sarà ma a me sembrano molto diversi. Sempre minerali, ma più fruttati e carnosi, un minimo di tannino nel 2005 che non guasta. Il 2006 sembra il meno fine dei fratelli e il più acido, il 2007 è il più diritto, verticale e tosto.

I Perlè Nero sono vini assolutamente bianchi, non li distingueresti dagli Chardonnay, ma sono invece di Pinot nero vinificati in bianco: blanc de noir secondo la musicale terminologia francese. Il naso comincia ad essere più debole dei precedenti. Naso assolutamente ordinato ma più piccolo, lo confermano anche i miei commensali, un giornalista di Euposia ed una gradevole signora che di vini se ne intende davvero molto. In bocca sono vini nettamente diversi dai Perlè : per dire il 2007, che ho preferito, per cominciare è finissimo ma molto rotondo ed armonico, nella sua crosta di pane appena sfumata, nel suo equilibrio floreale e in una piccola intonazione di spezie, leggera ma distintiva. Il 2006 è il più sapido, il 2007 il più gradevole. Mi piacerebbe aver registrato la sapienza di Larentis che spiegava quanto ci fosse di pensiero e di tentativi per cambiare di anno in anno, cercar di migliorare mantenendo fermo il registro Ferrari, e di trovarsi tutti gli anni con la sensazione che però qualcosa di meglio poteva farsi. Insomma il nostro enologo è incamminato su una strada che non ha mai fine, perché la perfezione non esiste e lui è condannato a ricercarla sempre. I risultati sono di una bontà sconvolgente.

Arriva la Riserva Lunelli. E’ un vino che fa un po’ di legno, che porta il nome dei Lunelli, gli attuali proprietari, che apre un altro mondo, e crea molte spaccature che dovrebbero far riflettere.

Naso potentissimo, esce una corrente continua di profumi sostenuti e caldi. Mi sembrano nocciole e vaniglia, raffinati e non pesanti ma distinguibilissimi. Uno dei sommelier di un altro tavolo lo paragona alla Franciacorta. Dal tavolo dei boss, accanto a Larentis, si alza la voce di chi dice che questo è il prodotto che meno ricorda la nota del Trentino, che dovrebbe essere quella di spumanti raffinati, floreali, leggeri e minerali, questo invece sarebbe il prodotto più invadente e piacione, che meno è in grado di portare il vessillo della trentinità. Vedo facce stralunate specialmente fra i non tecnici (giornalisti, imbucati vari come me e amatori) mentre si trova l’accordo dei sommelier: insomma registro una scollatura tra il sentimento comune, che trova questo vino migliore di tutti quelli finora assaggiati, più gradevole e più buono, quello che tutti comprerebbero, ed i tecnici che lo considerano il meno pregevole di quelli passati oggi.

Insomma, se le cose stanno così, verrebbe da dire che … è meglio non farsi consigliare da un sommelier. Poi è chiaro anche a me che si trattava di una provocazione, anche perché la sala è rimasta abbastanza freddina e non ci sono stati grandi interventi dal pubblico presente (del resto li capisco, erano uno meglio dell’altro gli spumanti nel bicchiere, e mi si strappava il cuore a sputarli per non ubriacarmi già ai primi sorsi).

Comunque il 2006 è il migliore, secondo me (e secondo Larentis) sarà quello che sfonderà ed avercene qualche bottiglia in serbo potrebbe essere una gioia.

Sono un po’ provato da tutti questi assaggi, sono arrivato a 12 bicchieri. Ma mi aspetta ancora la fortuna di vedere il sommelier del servizio farsi avanti con una bottiglia di Giulio 2000! L’uva proviene da un unico terreno, il ciottoloso Maso Pianizza. Grandissimo questo 2000, 12 anni portati alla stragrande. Se il marchio Ferrari è il connubio di finezza ed eleganza questa ne è la quintessenza. Grande espansività, cremosità e gusto, credo possa competere col modello francese. Tutti gli altri spumanti si collocano su una linea formale identica, pur nelle loro differenze. Questo Giulio Ferrari invece si pone sulla stessa linea ma su una tonalità più alta. C’è un po’ la differenza che si sente fra una canzone originale (il Giulio) ed una cover (tutti gli altri).

Finiamo con due spumanti dosati, cioè con la loro liqueur:

Perlè Rosè 1997: vi do la descrizione data dal sommelier, una simpatica signora romagnola: rosa succoso, melograno luminosissimo e tratti di oro rosso brillante; al naso frutti rossi fragole ed agrumi rossi, pompelmo rosa ed arancia. Una florealità e una venatura di vegetalità nella piena piacevolezza del sensore olfattivo. Palato pieno e ricco di frutti rossi in un ottimo amalgama in cui risaltano fragole acerbe e ribes. Regala larghezza e pienezza per tutto il pasto. Si abbina perfettamente a piatti d’anatra o filetto di tonno.

Giulio Ferrari 1997: anche qui descritto dal sommelier: vino molto grande di ricca complessità e persistenza, proveniente da un’annata calda e siccitosa. E’ rimarchevole la freschezza di cui è ancora dotato. Si sente una leggera speziatura ed una tonalità di burro fresco e pan brioche. E’ ancora in fase di slancio, in crescita anche la sua florealità marcata. Un vino ancora veloce e piacevolissimo.

Mi dispiace per voi, che non li avete provati.