fermateli

Come vi sarete ben accorti, da qualche giorno non scrivo più né di TRENTO nè di TRENTODOC. Non perché siano mancate, o manchino, le notizie. Anzi, anzi. Basta leggere il quotidiano Trentino di ieri (titolo: Trentodoc, tante bollicine per nulla), per rendersi conto di quale  sia il pasticcio e di quanto sia pasticciato l’affaire TRENTODOC. No, non ne ho scritto solo, diciamo così, per cortesia nei confronti dei giovani produttori, il fantomatico gruppo dei giovani trentodocchisti, che l’altra sera, giovedì sera, avevano messo in programma l’evento TRENTODOC EXPERIENCE. Non volevo rovinare loro la festa. Ma ora che la festa è finita, mi sento libero di fare qualche osservazione. Al Buonconsiglio, l’altra sera, ci sono stato. E per la verità non mi sono divertito. Il castello conciliare trasformato in una rumorosa discoteca non mi è parso adeguato: né alle mie personali inclinazioni, né, tanto meno, alla mia personale interpretazione del Metodo Classico. Del resto non mi è parso ci fosse il pienone: 300/400 giovani ad occhio e croce. Comunque, non entro nel dettaglio di questo evento giovanile e giovanilistico, forse sono troppo avanti con gli anni per capirne la sintassi. E comunque, contenti loro, i giovani del TRENTODOC, contenti tutti.

Epperò, però qualcosa da dire a questo proposito, ce l’ho. Dunque, l’evento in questione, comunicato mi pare piuttosto artigianalmente – facebook e una noiosetta e zoppicante noterella stampa diffusa nei giorni immediatamente precedenti a giovedì, che non ha suscitato la curiosità della stampa né prima né dopo –, è stato accompagnato da una fotissima di regime. Quella che vedete pubblicata qui sopra e che ritrae i ragazzi del Metodo Classico trentino stretti, felicemente e beatamente – beati loro –, attorno all’assessore all’Agricoltura e al Turismo della Provincia di Trento, Tiziano, ReSole, Mellarini. Questa immagine mi ha colpito, e avvilito, per un paio di buone ragioni. La prima attiene all’abc del marketing. La seconda, invece, attiene a questioni, per così dire, sociologiche. Vediamo la prima. Siete sicuri, ragazzi, che un prodotto allusivo e seduttivo come il Metodo Classico si avvantaggi dall’accostamento alla simbologia estrema e decadente della politica? Soprattutto in un momento come questo, in cui la politica e i politici sono precipitati negli indici di gradimento degli italiani. Può essere la faccia della politica, e del politico di turno, ad eccitare la forza evocativa e seduttiva di  un Metodo Classico? Non credo. Ferrari e i Fratelli Lunelli si affidano al volto di Woody Allen, voi alla faccia da acchiappo dell’assessore Mellarini. E anche qui, contenti voi contenti tutti. Ma sono convinto che questa icongrafia non vi farà vendere una sola bottiglia in più. Forse, al contrario, ve ne farà vendere cento in meno. Quello che è sicuro è questo: questa foto in stile Assessore alla Battaglia del Grano non fa un bel servizio alla DOC Trento. Pensateci.

L’altra considerazione, invece, attiene ad un piano più sociologico e culturale. Ma chi ve lo fa fare, alla vostra età, di star sempre lì a chiedere il permesso a BabboMella? Ma chi ve lo fa fare di mescolarvi alla politica? Ma quale è la visione d’impresa che vi anima? Sieti colti, giovani e belli; alcuni di voi hanno studiato nelle migliori università del Paese, e tanti fra voi hanno viaggiato per il mondo: cosa vi spinge, tornati in Trentino, a prestare, succube, la vostra faccia pulita alla politica e al minculpop mellariniano? E stiamo parlando di un festa, di un party, di una discotecata, insomma, diciamocelo, niente di che. A suo tempo, qualche mese fa, vi avevo esortati ad uccidere (simbolicamente) i vostri padri (politici), così come si conviene ai giovani. Così come si conviene a chi ha ancora tutto un mondo (da inventare) fra le dita. Vedo che non avete ascoltato il mio modesto suggerimento. Ripeto ancora: contenti voi, contenti tutti. Ma questa modalità, questo collateralismo quasi organicistico alla politica e alle istituzioni promozionistiche, cari ragazzi, non promette nulla di buono. E davanti a questa iconografia di regime, ho provato, lo ripeto, un denso senso di avvilimento. E di smarrimento. Forse sono io troppo vecchio per capire. Ma, avvilito e smarrito, non capisco. E mi avvilisco. E mi smarrisco. Sempre più.

Ps: Caro assessore, questa sovraesposizione mediatica, gestita con una professionalità da bollettino parrocchiale, credo, alla fine, faccia male anche a te. Il ricorso reiterato ad un’estetica da Istituto Luce, nemmeno riveduta e corretta,  ho paura finirà per nuocere anche a te.  E poi, una volta per tutte, spiegaci che cazzo ti ridi. Sempre. In tempo di terremoti e di pezze al culo per tutti (quasi), si può finalmente sapere cosa muove il tuo indomito e inesorabile sorriso?

Con affetto tuo Cosimo

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