Che scherzi fa la vita. Chi lo avrebbe mai detto (io no) che avrei scritto un post e un titolo come questi, visti i miei precedenti (e attuali) non propriamente amicali con il mondo cooperativo trentino. E invece eccomi qui a raccontare (in bene.issimo) di questa bottiglia firmata da Cesarini Sforza (Gruppo La-Vis). Dunque, non saprei davvero dire se il TRENTODOC Aquila Reale Riserva 2005 sia il Miglior Metodo Classico Italiano per il 2013. Con chi gli ha conferita questa medaglia, e con chi a suo tempo la festeggiò smodatamente, qualche tempo fa ho polemizzato di brutto (TRENTODOC (Banana) Republic). E tuttavia, oggi sono qui a raccontare con entusiasmo di questo Metodo Classico che a me piace moltissimo. Anzi di più. E che, per la gioia dei consumatori e forse le lacrime di altri produttori, si trova in giro a prezzi cooperativamente piuttosto accessibili (fra i 35 e 37 euro, consegnato a casa; la riserva 2002 la si può acquistare on line addirittura ad un prezzo ancora inferiore).

Avevo già assaggiato con piacere annate precedenti, ma ieri sera mi è capitata fra le mani proprio la Riserva 2005. Che dire: applausi. Applausissimi. E’ un vino champagnoso con tutte le qualità che dovrebbe avere un vino così. Il perlage fine e persistente e dinamico su riflessi dorati, il naso complessissimo e in continua evoluzione: uno spettro olfattivo che non si spegne mai e anzi si amplifica e si rimodula nel tempo e nel bicchiere: i canditi e le mandorle, il biscotto e la vaniglia. E un rimescolamento continuo che inonda il naso, in un continuum che non smonta. In bocca prevale subito l’allungo di una sapida freschezza fiorita e agrumosa, fino a lasciare spazio a finali che si muovono fra la tostatura e la vaniglia. E’ un Brut emozionante, che mi ha fatto rivalutare anche questa tipologia che spesso – sopratutto ora che siamo tutti invaghiti dei Dosaggio Zero – viene considerata per lo più semplice e basica. E invece no. In bocca e nel naso è tutto un gioco felice e e grazioso di rimandi fra una sensazione e l’altra, fra freschezza e verticalità e strutturazione complessa. E’ come se questo vino non volesse morire mai e anzi fosse animato da una tensione performativa continua. Mi sembra di vedere la mia Border Collie, che non si stanca mai di dimostrarmi quando è brava, quanto è talentuosa, fino alla sfinimento: suo e mio. Ripeto non so se questa sia la miglior Bollicina d’Italia 2013, mi mancano i fondamentali termini di paragone per il confronto, ma di sicuro è un Metodo Classico di quelli da non perdere (e ad un prezzo tutto sommato molto competitivo per un prodotto con queste qualità), che a Natale (ma anche prima e anche dopo) non mi farò mancare. E come faccio spesso, anche questa volta ringrazio chi sta dietro a questa bottiglia. Gli instancabili e pazienti contadini cembrani e con loro due grandi dell’enologia italiana: Giorgia Brugnara che oggi è anima e cuore di Cesarini e Francesco Polastri, il gran padre e il gran maestro di cantina che a suo tempo mise La-Vis nelle condizioni di produrre bottiglie come questa.