La partita è ancora in corso: Pinot grigio è la palla, a rincorrerla in mutande 11 giocatori con le riserve (*).

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La partita inizia con la foto della tabella stradale che annuncia a chi viene da nord che si sta entrando nella zona tipica del Pinot grigio …

Anonimo apre le danze sostenendo il buon diritto di essere, del Pinot grigio. Travisando per primo il pensiero di Cosimo che, pur rispettandolo, non lo vede come rappresentante del campo, del territorio.

Tex Willer inizia a sparare subito reclamando la traduzione in tedesco con aggiunta dell’elenco dei produttori.

 Gli fa eco pinot nero, il capostipite, che bolla il figlio che gli usurpa il nome e costa poco, sostenendo poi che in Alto Adige è il meno pagato rispetto al Trentino dove sta alla base delle alte remunerazioni.

Parte una zuffa con Castigamattacchioni che lo becca per i prezzi bassi anche del P. nero

Kit Karson e Tiger Jack difendono l’orto che da loro da vivere …

Mario Crosta, che è a piombo, riconduce il dibattito nel giusto alveo: apprezzamento per il P. grigio, ma perplessità come testimone del territorio.

 Gli fa eco l’oriundo Armin Kobler che se ne intende, contestando chi ne denigra le potenzialità qualitative, ma incassa l’appunto di pinot nero che riconosce al P. grigio la facile vocalità, l’ottimo rapporto qualità/prezzo ed il sostegno di imbottigliatori e distributori. Pragmaticamente, ad Armin non resta che chiamarlo Grauer Burgunder e fa bene come bene difenderà più avanti la tradizionalità del PG nel suo territorio.

Tex rimette mano alla pistola ricordando i fasti di Faustini che a Roverè della Luna accumulò vantaggi su Mezzacorona, mentre Castigamattacchioni se la prende col mondo perché il P. grigio è dilagato ovunque, anche in zone non vocate. Senza accorgersi, mette il ditone nella piagona: avessero legato la varietà al territorio! Insomma, un genius loci poco geniale …

Ci pensa l’arbitro Claudio a ricostruire la storia del successo del PG in America: varietà batte territorio (Soave) 1:0 e palla al centro. La partita continua con PG storico (Valdadige DOC) che perde con PG delle Venezie, come ricorda Mario Crosta. Una vittoria che lascia sul terreno gli autoctoni veri, irreperibili nella sua Polonia come altrove.

Dopo un rigurgito di Anonimus che rivendica primogeniture a Roveré d. L. con annessi guadagni (Anonimus 2 riconoscerà il miracolo a Santa Margherita) gli script si concentrano sempre più sui soldi, tanti e subito.

Visto che il giocattolo si sta rompendo, scatta la caccia all’untore lagarino, reo di usurpazione varietale, ma ci ripensa Claudio (69) a battere le ali chiarendo come certe varietà (es. Nebbiolo) soffrano la lontananza da casa, altre meno (es. Chardonnay e PG).

Anonimo mira alla chiarezza (?) e puntualizza 1. Il buon diritto rotaliano di fregiarsi del famigerato cartello (sembra quello di Medellin), 2. Il successo in USA del PG non è ascrivibile alle uve atesine, né (sic!) alle loro cantine. Insomma: un po’ di verità e un po’ di mistificazione.

Dopo un tentativo di Massarello di riportare il dibattito sul territorio, si sveglia el roveraider che zuffa con Francy per le parole sul cartello, poi si scopre che di cartelli con falsi autoctoni (vini, mele, ecc.) è pieno il territorio e, mentre bolle il pentolone di Gianni Morgan Usai, Wyatt cerca di mettere pace invitando tutti al tavolo con un bicchiere di PG, off course.

 Ragiona bene Claudia quando dice che è difficile trasformare il pinot grigio in un identificatore territoriale riconoscibile e propone di smetterla con gli script, ma salta subito il coperchio di Morgan Usai con una serie di richiami ossigenanti dove il territorio brilla ancora per la sua assenza. Né potrebbe essere diversamente dopo l’elenco delle 29 DOC italiane con PG ed innumerevoli IGT.

 Oltre metà gara, ecco, lucido l’intervento di Cosimo senior che riporta tutti (?) con i piedi per terra sostenendo che 1. Il cartello è un modo per comunicare, 2. Comunicare l’immagine del territorio affidandola ai vitigni internazionali è sbagliato, 3. Una riprova di ciò è nella carte dei vini dei ristoranti dove il territorio è assente, 4. Per questo occorre rivedere la strategia complessiva abbandonando le ipocrisie ufficiali che, mentre mirano ai vini di montagna, agli autoctoni, ai distintivi ed ai sostenibili, di fatto spingono gli internazionali di fondovalle.

Senza volerlo, il discorso invidia l’Alto Adige, come un ruscello diventato torrente tumultuoso senza argini, senza progetto.

Fino all’affondo di Claudio che (186), salvando l’idea del cartello, lo perfeziona per dargli credibilità con la specifica almeno dell’anno di inizio attività o qualche primogenitura. Visione condivisa. E’ il punto di dialogo fra vino e territorio.

 Poi un altro rigurgito: perché solo Cavit o le grandi aziende in giro a vendere? Si muovano anche i piccoli! Ed ancora una botta di Tex: perché non un convegno regionale sui temi del vino come hanno fatto i nonesi coi sudtirolesi? Dopo un’entrata a gamba tesa del solito roveraider, Tex Willer rilancia l’idea di collaborazioni a tutto campo con Bolzano.

E’ sempre più evidente che il PG è la scusa per parlare a tutto tondo di politica vitivinicola e la riprova la dà l’altoatesino pinot nero (212) che sfida tutti su un terreno che conosce bene. Anonimo difende un’idea che va per la maggiore in rotaliana: oltre Salorno stanno peggio di noi!

Ma non si affronta, volutamente dimenticandolo, il bandolo della matassa: l’argomento è viziato alla base dal PG veneto che passando dal Trentino prima di giungere in America spalma i suoi utili sulle liquidazioni locali creando equivoci a non finire, con viticoltori che credono di essere semidei …

Dopo aver questionato sui costi e sui prezzi, Anonimo (233) mette un altro punto fermo: nel Trentino oligopolista manca una regia ed un marchio unico. Che sia quello territoriale? No, si pensa al Granata di Melinda, confondendo mele con il vino… Anche Patty si stufa a guardare.

Il discorso poi, grazie all’asparago di Zambana, torna al cartello e all’autoreferenzialità quella sì, tipica trentina e, manco dirlo, alla cooperazione … cosicché il discorso è tornato al centro, sui soldi, sui prezzi, sulle vendite sottocosto e sui debiti dell’uno e dell’altro. Confondendo debito con passivo. Una storia che è costata cara a La Vis e a cascata ad altri primi gradi. Una storia che deve ancora essere scritta e che oltre 300 script non ha sfiorato. La partita continua con i guardalinee Beppe (312) e Roberto (314) che bene delimitano il campo …

(*) Gli undici giocatori più attivi sono Gianni Morgan Usai (58), Anonimo (40), Tex Willer (32), Cosimo (28), pinot nero (23), el roveraider (15), Castigamattacchioni (14), Claudio (12), Anonimus (10), Curiosa&Sospettosa (8) e Canarino Titti (7). In panchina lunga, Armin (6), Watt (5) ed altri n.!

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