dedicato a tutte le Rosanne del mondo…

invidiaC’è dell’invidia in me. E ne faccio pubblica confessione. E ammenda. O forse è solo ammirazione, non so. Ma mi scatta questo sentimento (invidia, ammirazione?) quando leggo certe cose scritte da Franco Ziliani, come questa. Lo invidio. Invidio la sua tenacia nel portare avanti battaglie sacrosante, invidio la sua ostinazione nel mettersi al servizio di una causa che considera giusta (e io insieme a lui). Gli invidio la tenacia e l’ostinazione nel condurre a testa bassa e senza peli sulla lingua azioni mediatiche, che io, invece, ho imparato a considerare perdute. Purtroppo: purtroppo sono perdute (almeno a mio avviso) e purtroppo io mi sento arreso.

In questo post, il giornalista bergamasco abilmente mette a confronto la posizione, rigorosa, della grande e prestigiosa maison spumantistica di Ravina con quella, ondivaga e liquida, della grande cooperazione, sul tema della revisione del disciplinare della DOC TRENTO, in materia di quote altimetriche. Incontestabile e inattaccabile la posizione degli industriali di Ravina, che stanno spostando le loro aree di approvvigionamento sempre più in alto. E stanno facendo un’efficace operazione di persuasione presso il mondo contadino che orgogliosamente conferisce loro le uve. Comprensibile, se si vuole, anche la posizione dei cooperatori, la cui base sociale di riferimento è radicata solidamente soprattutto nel fondovalle. Ma sta di fatto che il nodo è tutto qui: con quali uve produrre metodo classico per la TRENTO, quali uve avverano il payoff delle bollicine di montagna a cui si affida la promozione istituzionale? Quelle del fondovalle o quelle di alta – media collina? Oggi il disciplinare consente di produrre uve base spumante per la DOC in buona parte del Trentino (Ala, Albiano, Aldeno, Arco, Avio, Besenello, Bleggio inferiore, Bleggio superiore, Borgo Valsugana, Brentonico, Calavino, Caldonazzo, Calliano, Carzano, Castelnuovo, Cavedine, Cembra, Cimone, Civezzano, Dorsino, Drena, Dro, Faedo, Faver, Garniga, Giovo, Grumes, Isera, Ivano Fracena, Lasino, Lavis, Levico, Lisignago, Mezzocorona, Mezzolombardo, Mori, Nago-Torbole, Nave S. Rocco, Nogaredo, Nomi,Novaledo, Ospedaletto, Padergnone, Pergine Valsugana, Pomarolo, Riva del Garda, Roncegno, Roverè della Luna, Rovereto, San Michele all’Adige, Scurelle, Segonzano, Spera, Spormaggiore, Stenico, Storo, Strigno, Telve, Telve di sopra, Tenna, Tenno, Terlago, Terragnolo, Ton, Trambileno, Trento, Valda, Vallarsa, Vezzano, Vigolo Vattaro, Villa Agnedo, Villa Lagarina, Volano e Zambana), anche lungo il limacciosi terreni solcati e irrorati paludosamente dall’Adige.

La questione sta tutta qui. Nella contraddizione, che non mi pare virtuosa, fra un mondo cooperativo legato ad una base produttiva indifferenziata, e che fa una fatica della madonna a convertirsi alla viticoltura di montagna, e un mondo industriale che può, e sa, scegliere liberamente dove approvvigionarsi di materie prime. Ziliani torna ancora su questo tema, che anche io considero centrale. E lo ammiro. E lo invidio. Ma io, mi sono arreso. Gli interessi in campo sono oggettivamente diversi e contrastanti. E mi sembra si tratti di una battaglia perduta. Mi sembra.

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