Non vorrei sbagliare, ma mi pare di ricordare una conversazione con Eugenio Rosi, durante la quale il Dio proletario del Marzemino a proposito del suo Poiema, raccontava di quando suo padre gli spiegava che “una volta” il marzemino veniva considerato come una specie di medicina da somministrare ai malati. Un vino, quindi, prezioso, energetico, terapeutico, un vino che “più lo mandi giù e più ti tira su”. Personalmente non ho mai avuta particolare simpatia per questo vitigno autoctono (?). Forse perché mi ricorda gli anni di una giovinezza assai poco benestante, anni in cui il marzemino era, purtroppo, il solo vino a disposizione.
Ieri pomeriggio, tuttavia, ho stappato una bottiglia di Poiema, la bottiglia marzeminica di Rosi, e mi sono ricordato di quella conversazione con Eugenio e delle parole di suo padre. Sarà che anch’io ieri, e pure oggi, sono un po’ acciaccato. So che sto per scrivere cose che hanno già scritto altri e meglio, e più competentemente, di me. Ma devo ammettere che la bottiglia di ieri mi ha riconciliato con il Marzemino e con la memoria della mia adolescenza da osteria, quando il vino era solo bianco e rosso.
Anno 2009, colore violaceo cupo e intenso, perfino macho, naso variegatissimo di viola e poi di frutta bosco, come la mora e il ribes, un’armoniosa sinfonia di fragranze silvestri rosse e nere in cui niente sembra fuori posto. Armonia, unica parola che saprei usare per descrivere la sensazione che ha riempite le mie narici. Nessuna punta fuori luogo, niente che possa minimamente disturbare. In bocca tutto questo si ripete e si moltiplica e si potenzia; hai la sensazione di un vino maschio, ma dolcemente maschio. Una leggerissima astringenza verde si combina alla morbida e accogliente e vellutata sensazione di un mazzo di violette su cui adagiarsi comodamente, mentre ti lasci rapire da evoluzioni speziate finissime. Insomma, penso che avesse ragione il padre di Eugenio: questa interpretazione del Marzemino più la mandi giù e più ti tira su. A me ieri, che ero piuttosto giù, ha fatto questo effetto. Grazie, caro Dio proletario del Marzemino.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
sicuramente il migliore Marzemino in commercio ma di proletario ha poco visto il prezzo
Hai ragione, questo Marzemino è il più caro in circolazione, almeno per quanto ne so io, credo arrivi al consumatore finale fra i 16/20 euro.
Ma il mio riferimento al "Dio proletario del Marzemino", voleva essere un omaggio ad un maestro del giornalismo trentino, Renzo M. Grosselli, che sull'Adige, nel 2008, usò quest'espressione per fare un ritratto magistrale di Eugenio Rosi.
Se qualcuno fosse interessato qui può trovare l'articolo: http://undiwine.typepad.com/files/rosi.pdf
.. è vero..il prezzo non è proletario…! … ma 16/20 euro sono il costo dell'apparecchio cellulare proposto dalle esimie Poste Italiane……………..
Anche Mozart era una tuta blu…!
sicuramente il migliore Marzemino in commercio ma di proletario ha poco visto il prezzo
Hai ragione, questo Marzemino è il più caro in circolazione, almeno per quanto ne so io, credo arrivi al consumatore finale fra i 16/20 euro.
Ma il mio riferimento al "Dio proletario del Marzemino", voleva essere un omaggio ad un maestro del giornalismo trentino, Renzo M. Grosselli, che sull'Adige, nel 2008, usò quest'espressione per fare un ritratto magistrale di Eugenio Rosi.
Se qualcuno fosse interessato qui può trovare l'articolo: http://undiwine.typepad.com/files/rosi.pdf
.. è vero..il prezzo non è proletario…! … ma 16/20 euro sono il costo dell'apparecchio cellulare proposto dalle esimie Poste Italiane……………..
Anche Mozart era una tuta blu…!