Ieri, mentre speseggiavo fra le corsie di un supermercato del Basso Trentino, mi è scappato l’occhio, oddio mi scappa sempre, fra gli scaffali del vino. Fra le altre ho notato una bottiglia, diciamo così, pasquale da 2,59 euro. Uno Charmat cooperativo, ma questa volta la cooperativa è veneta, anzi la più grande coop vinicola del Veneto (e se non erro d’Europa); un blend spumantizzato da uve Müller-Thurgau e Durello. Un frizzante fusion prodotto con uve che evocano la suggestione delle terre alte: il Müller-Thurgau dalle nostre parti è un vino di montagna per vocazione, mentre il Durello lo è per nascita, giacché è il vitigno dei Monti Lessini. Prezzo finale al consumatore pasquale di bocca buona: euro 2,59. E così anche la montagna diventa merce da mandare all’ammasso nel circuito cannibalizzante dei prezzi al ribasso.
Cosa dire: quando si precipita in questo gorgo, quello degli scaffali da prezzo della Gdo, al peggio non c’è mai fine. Ed è ciò che capita anche in Trentino, quando varietà fortemente caratterizzate vengono trattate come utility commerciali da macelleria. E’ già accaduto, e continua ad accadere, con le uve Müller, spumantizzate e anche no. Il rischio, ora, è che le medesime scelte siano applicate anche ad un’altra varietà, questa volta internazionale e di pregio: lo Chardonnay coltivato in gran quantità nel fondovalle trentino, uve di fiume giudicate generalmente poco adatte alla spumantizzazione classica e quindi, oggi, destinate a fare una brutta fine sul mercato nazionale e internazionale. Qualcuno sta già pensando di impiegare questo Chardonnay di valle per la produzione di bottiglie Charmat. Qualcuno, anzi, lo sta già facendo.
Trovo che l’idea in sè, almeno in astratto, non sia del tutto peregrina: immaginare per questa enorme quantità di uve una destinazione spumantistica in acciaio, può essere una soluzione alla sovrapproduzione e una via d’uscita agli errori delle politiche di impianto degli anni passati; lo Charmat lungo, il modello di elaborazione Cavazzani, possono dare ottimi risultati, possono costituire un’alternativa dignitosa al totem prosecchista. Ma attenzione, è un percorso delicato e denso di pericoli. Facilmente permeabile alle scorciatoie, quelle che sono già state percorse disinvoltamente e tragicamente con il Müller. La tentazione di gettare uve all’ammasso nel circuito low cost a scapito della qualità, è dietro l’angolo. Un’eventualità che per simmetria e per proprietà transitiva potrebbe riverberare effetti nefasti e devastanti anche sull’immagine della spumantistica classica trentodocchista. Quindi, attenzione-attenzione.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.