Accadono cose trentodocchiste. Eppure è come se non accadessero. O come fossero già accadute. E fossero già passato nel mentre accadono. Mi vengono in mente le poesie di Borges, ora. In queste settimane, in questi mesi, stanno accadendo cose straordinariamente importanti nella galassia trentodocchista. Lo dico con affetto. Con ammirazione. E con stima. E con piacere. Nuove bottiglie, nuove etichette, nuovi produttori. Entusiasmo. Sperimentazioni. Sento sulla lingua e sulla pelle un’atmosfera quasi pionieristica e positiva.
Le giornate a Vinitaly, che si sono concluse ieri, le ho trascorse felicemente e sorprendentemente fra un TRENTO e l’altro, uno più buono dell’altro. Eppure è come se non accadesse nulla. Come se tutto fosse già accaduto. E già veduto. Archiviato. Dimenticato prima ancora di essere memorizzato. Leggo i pensieri e le riflessioni dell’amico Franco Ziliani su Le Mille Bolle Blog, scritte durante queste giornate veronesi (qui e qui). E penso: come non dargli ragione? Semplicemente ha ragione. C’è qualcosa in Trentino che non si capisce, che nemmeno ad esserci nati, nemmeno a starci dentro, si capisce. Questo Trentino mi sembra sempre più l’elogio dell’ombra. E Borges, spero, mi perdonerà.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.