Pubblico qui di seguito un lancio Ansa di oggi. Si racconta della decisione di mister Amarone, Sandro Boscaini, e di chi sta con lui nell’associazione delle Famiglie dell’Amarone d’arte di abbandonare il Consorzio Valpolicella. Dietro questa decisione destinata a fare “storia”, c’è la diversità di vedute fra chi considera l’Amarone una utility commerciale, alla stregua del Pinot Grigio, e chi invece pensa, immagina, debba continuare ad essere un rappresentatore del territorio.
C’è un tempo in cui dividersi fa bene. Perché fa chiarezza. Perché mette in controluce le posizioni di tutti, quando l’unitarismo ecumenico è solo una foglia di fico che copre strumentalmente il potere cruento dei più forti. Sarebbe bello e sarebbe utile, ne sono convinto, se anche in Trentino qualcuno ogni tanto, finalmente, magari di fronte allo scempio di scempiaggini come l’annunciata strategia di “trentinizzazione” del Pino Grigio, si alzasse in piedi, sbattesse i pugni sul tavolo e sbattesse anche la porta in faccia all’altro. Servirebbe a fare chiarezza. Su un sacco di cose e su un sacco di rapporti di forza. Ma questo, nel Trentino conciliare e cardinalizio dei più forti, non accade. I mezzadri restano mezzadri e i padroni restano padroni. E guai ad alzare la testa. Guai.
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VINO: AMARONE MALTRATTATO,FAMIGLIE STORICHE VIA DA CONSORZIO – CLAMOROSO DIVORZIO IN VALPOLICELLA A DIFESA DELLA QUALITÀ
(ANSA) – VERONA, 6 MAG – È divorzio tra l’Associazione
Famiglie dell’Amarone d’arte e il Consorzio Tutela Vini
Valpolicella.
Lo ha annunicato oggi a Verona la presidente dell’associazione
Marilisa Allegrini sottolineando che “da tempo è in atto uno
scempio nei confronti del vino simbolo della Valpolicella”. A
fare ‘alzarè le 12 Famiglie dell’Amarone (circa 140mln di euro
il fatturato annuale complessivo) dal Tavolo di Concertazione a
cui sedevano con il Consorzio “le modifiche capestro al
disciplinare di produzione”. Sotto accusa, in particolare,
l’ipotesi emersa in questi giorni e mai comunicata al Tavolo di
concertazione dell’eliminazione del limite alla Doc per i
vigneti impiantati in terreni freschi e di fondovalle. “Una
sorta di condono tombale – dice l’associazione – per chi
purtroppo già pratica, indisturbato, una produzione mai
consentita dal regolamento”.
“La verità – spiega il responsabile del Tavolo per le
Famiglie dell’Amarone, Sandro Boscaini – è che, nonostante le
nostre rivendicazioni, la politica di gestione non tiene più
conto delle zone vocate e si adegua solo a minimi parametri di
legge, a tutto svantaggio della riconoscibilità di uno dei vini
simbolo del made in Italy nel mondo”. Le famiglie si schierano
compatte a difesa della qualità del grande vino. “L’Amarone –
sottolinea Boscaini – si può produrre solo nei terreni vocati.
Il Consorzio pone invece obiettivi di quantità, sulla base
delle richieste del mercato. Non per nulla negli ultimi 15 anni
l’aumento della produzione è stato del 1.140%, ma l’Amarone non
è una commodity e la sua fortuna nel mondo è dovuta al nostro
assunto, non al loro”.
L’associazione si è quindi appellata a tutti i produttori
di collina affinchè partecipino alla prossima assemblea del
Consorzio in programma il 10 maggio. (ANSA).
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.