panni stesi
[Foto di Paola Attanasio]

di Massarello – Dopo il fermo di un mese del blog col dubbio che l’impegno dei Cosimi e dei lettori poco servisse a cambiare le cose nel mondo del vino trentino, eccoci nuovamente sulla tastiera francescanamente convinti che valga comunque la pena di insistere.
Questa convinzione poggia da un lato sull’opportunità di offrire una lettura anche diversa degli eventi e dall’altro sul bisogno di battere l’indifferenza, vero cancro della società post moderna.
Quel “cambiare le cose nel mondo del vino trentino” può quindi sembrare presuntuoso, ma non passa giorno che l’occhio non veda una stortura, un’inefficienza, uno spreco, insomma da far venir voglia di denunciare ciò che sembra fuori posto proponendo rimedi alternativi.
Questo modo di intendere la vita, la nostra vita, ci ha attirato strali e disprezzo di quasi tutti, pubblici e privati, funzionari, manager e titolari d’azienda. Sputtanatori del Trentino vitivinicolo, ecco ciò che è passato come messaggio, sottoposti all’insegna del tanto peggio tanto meglio.
Ovviamente non è così anche se duole essere stati strumentalizzati proprio da chi in tal modo ha continuato imperterrito nel mantenimento delle posizioni guardandosi bene dall’innovare.
Eppure la crisi c’era, c’è e – da quel che si vede – continuerà ancora per un bel po’. Almeno per i trentoni. (ndr. Fa rima con testoni). Come dire: se in Alto Adige o nel Veronese la crisi globale s’è sentita poco perché ha fatto più danni l’etilometro, in un Trentino senza reale concorrenza perché buona parte del vino sfoga oltre Atlantico, si continua a galleggiare facendosi cullare dalle onde.
Niente Vision, ma quale Mission d’Egitto, men che meno ambiziosi Obiettivi, raffinate Strategie, Azioni efficaci, tanto i Conti sono coperti per cui non servono nemmeno Controlli e Verifiche. Questi in corsivo sarebbero i passaggi storici di ogni elementare progetto, ma potendo galleggiare non si progetta. Punto.
Come dare torto ai politici (cui spetterebbero Indirizzo, Coordinamento e Controllo) che stancamente aspettano il 27 di ottobre? Come dare torto ad Enti e Organizzazioni (stando pure loro a libro paga) che si ritrovano budget regolarmente finanziati? E come dare torto, infine, alle Aziende (anche loro variamente protette direttamente o indirettamente) che non sentono il bisogno di innovare con piani e progetti nei vari comparti?
Eppure hanno torto tutti coloro che la pensano così, palesemente o nel sub-conscio. Non già perché lo diciamo noi, ma per il semplice buon senso. I treni continuano a passare e ci vorrà una generazione di sforzi per recuperare, una generazione di giovani cui spetta il subentro ad un modello irripetibile che tanto ha reso (e rende ancora un po’) in denaro, ma che si è mangiato la territorialità.
Quest’ultima parola non s’è nemmeno sentita nelle tre ore del convegno “In viaggio con i Muller Thurgau” alla recente 26.ma Rassegna di Cembra. Si è sentito dire, invece, dalla bocca del responsabile della comunicazione e della promozione del Consorzio di tutela vini del Trentino che il territorio è purtroppo scivolato all’ottavo posto fra gli interessi dei consumatori, il primo essendo ormai saldamente in mano al brand aziendale. Come dire: cosa volete farci? L’unica cosa da fare è prendere la borsa e girare il mondo in cerca di clienti (per affermare il brand, ovviamente). E poi la val di Cembra si potrà affermare solo se saprà proporre volti di produttori a testimonianza della qualità dei prodotti. Sacrosanto. Peccato che il Trentino, se oggi è nella posizione in cui si trova (e in grado di mantenersi anche cotanti strateghi) lo deve soprattutto allo spirito viaggiatore dei tecnici che ha caratterizzato il suo sviluppo già 50 anni fa! Controllare la lista dei viaggi Udias (Unione diplomati istituto di san Michele), per credere. Ci vendono una minestra riscaldata senza nemmeno porsi il problema consortile della territorialità. Tanto varrebbe iscriversi direttamente in Confindustria &C. E che dire del brand aziendale unica panacea per tutti i mali? Chissenefrega, tanto se l’azienda, magari grossa, va in tilt c’è sempre mamma provincia. Dimostrato ampiamente.
E i giovani cembrani che ci devono mettere la faccia?
Al buon Piccoli non viene nemmeno il sospetto che oltre ai cinque già noti, non se ne possono presentare altri. Il perché è presto detto: la val di Cembra è la più cooperativizzata del Trentino (siamo oltre il 95%) e in quell’ambiente c’è posto solo per qualche squalo ben protetto che non ha tempo di passarsi le serate fra enoteche e ristoranti a promuovere con la faccia sua l’immagine tanto auspicata. Meglio seguire altre strade e continuare a dire ai soci che se non gli va bene così, possono pure andarsene.
Prima di chiudere, sarebbe ora di sentire qual è la cura alternativa, vero? La leggerete solo se dimostrerete interesse al tema, o ai temi, superando l’indifferenza. Altrimenti quelli che stanno a libro paga son capaci di far copia-incolla e venderci oltre alle idee di 50 anni fa anche quelle per il domani.