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Da tempo, da quando è caduto il muro di Berlino e, come si è soliti dire, sono cadute le ideologie, a chi mi chiede cosa sia per me il Comunismo, rispondo, un po’ rassegnato un po’ divertito: “Ostriche e Champagne per tutti”.

Questa mattina, una vecchia amica livornese, Samanta, mi ha inviata un’email, segnalandomi un breve ma arguto pezzetto uscito su Repubblica tempo fa. Deve essersi ricordata, di quando, fra un bacio e una poesia, chiacchieravamo di sogni e di rivoluzione.

Nel pezzullo Concita de Gregorio, tratteggia il profilo di Livorno, città obliqua e menefreghista, sognatrice e anarchica, dove il comunismo sognato e realizzato consiste nel far arrivare “cee (avanotti di anguilla) e sciampagn sulla tavola di tutti.

Che dire, oggi mi sento livornese. Ancora più livornese della dolce Samanta.

 

“(…) L’ inaudita protervia di un miliardario di governo, qui, si misura in quello che mangia a cena, “cee, dugento aragoste e sciampagn”, e si sa che delle cee – avanotti di anguilla – è proibita la pesca. Il comunismo, in fondo, dovrebbe portare cee e sciampagn sulla tavola di tutti. Intanto, nell’ attesa, pazienza: si mangia “cinque e cinque” – cinque lire di pane, cinque di torta di ceci che come la fanno a Livorno non ce n’ è, domani si vede”.

 

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