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A pagina 15 del Corriere del Trentino di oggi, compare un interessante articolo curato dagli amici di Imperial Wine. Un breve e succoso sunto sulla teoria e la prassi della Denominazione di Origine. E sul percorso parabolico che questa dicitura ha tracciato nella percezione generale e generica del vino fra i consumatori.

L’autore tuttavia, forse per ragioni di spazio giornalistico, scivola sopra una questione che io, al contrario, considero sostanziale e pregiudiziale. Quale è stata, in Trentino, la ragione prima della svalutazione varietale della DOC? La risposta a questa domanda la ho scritta tante volte: la necessità del sistema cooperativo di avere a disposizione uno strumento flessibile e adattabile, come una qualsiasi utility commerciale che si rispetti, con cui aggredire velocemente il mercato ed innescare un meccanismo virtuoso di creazione di valore economico. Presupposto essenziale per la gigantesca operazione di redistribuzione del reddito compiuta dalla cooperazione trentina negli ultimi venti anni. E se non ci si rende conto di questo, forse, si rischia di non capire tanto altro. Qualche esempio: il collateralismo fra politica e cooperazione, l’immobilismo del sistema politico trentino e la continuità ormai asfittica delle nostre classi dirigenti. E non si capisce nemmeno perché il documento citato nell’articolo (Piano Vino elaborato dalla Fondazione Mach) pure essendo stato approvato dal CdA della Fondazione, con il solo voto contrario espresso apertamente dal potente rappresentante della cooperazione, sia poi stato dimenticato in un cassetto. Vale a dire sia stato affossato.

A parte questo, suggerisco la lettura dell’articolo firmato dagli amici imperiali, resto in attesa delle successive puntate e raccolgo l’invito degli autori a provare ad indicare qualche strada e qualche suggerimento. Il blog è aperto e pronto ad ospitare il dibattito.

DENOMINAZIONE DI ORIGINE, IL MARCHIO E’ AL GIRO DI BOA