Senza titolo-1

Così, questa mattina, apre la prima pagina de L’Adige, il quotidiano più diffuso in Trentino. Vero, un pasticcio. Un pasticcio politico, soprattutto. Ma non per quello che è accaduto ieri in giunta provinciale e in conferenza stampa.  Il pasticcio viene da lontano. Viene dalla suggestione delirante che qualche decennio fa si impossessò del Trentino, fare di questa terra senza vino la capitale industriale del vino: meno del 2 % della produzione nazionale di uve e circa il 18 % del fatturato nazionale del vino industriale, calcolato sui primi dieci gruppi italiani, e il 6 % del fatturato enoico complessivo. Aver confuso territorio e industria è stato un errore fatale, esiziale. Il pasticcio di La-Vis, al di là e al di sopra del grande sogno, naufragato, di questa coop, al di là e al di sopra degli errori gestionali, delle responsabilità societarie degli amministratori, arriva da questo equivoco di fondo: l’aver immaginato che il Trentino potesse diventare – come in parte è diventato: fra i primi sette gruppi vinicoli italiani due sono trentini (fonte Mediobanca 2013) -, terra di trasformazione e di commercializzazione vinicola su scala industriale con una prospettiva marcatamente internazionalizzata. Il caso La-Vis nasce da questo equivoco, da questa illusione ottica. Da questo delirio industrialista che ha trasformato, con tecniche di sofisticata ingegneria societaria, le coop contadine in multinazionali commerciali, esposte a tutti i rischi del mercato globale.
Per uscire da questo pasticcio, non basta un leaseback, per quanto – e finalmente – blindato e garantito come quello deciso ieri dalla giunta provinciale, è necessario riaprire un confronto ragionato e “spudorato” sul profilo vinicolo complessivo del Trentino.