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C’è un futuro per lo Chardonnay del Trentino? Ne andiamo scrivendo e discutendo ormai da parecchio tempo. Il 30 % del vigneto trentino è coltivato a borgogna bianca. Ma il sogno di trasformare questa enorme quantità di uva in metodo classico, è un sogno ormai naufragato. La produzione di mc è ormai stabile da alcuni anni attorno agli otto milioni di pezzi. Pochi per dare sfogo ai 300 mila ettolitri di vino bianco che se ne sono ricavati con la vendemmia dell’anno appena passato. La versione ferma di questo vino fa fatica a prendere piede, almeno su un posizionamento di prezzo all’altezza delle aspettative dei contadini.

Lo diciamo da molto tempo: è tempo di immaginare un vino territoriale, trentino – al nome ci si dovrà pensare -, in formato spumante leggero e disimpegnato, che rispecchi le qualità e la struttura di queste uve. Uno Charmat di qualità che stia in una fascia di prezzo medio, fra i cinque e gli otto/nove euro. Non è una novità: in trentino se ne producono già circa due milioni e mezzo di pezzi (Cesarini con il suo Metodo Cesarini, la fa da padrone). Ma c’è ancora posto e soprattutto c’è ancora materia prima in esubero.

Nei prossimi giorni, sabato sera, in Valle di Non, nell’ambito della manifestazione “Emozioni da vivere a Nanno“, alcuni amici di questo blog, legati al progetto TRENTINOVINO ANTEPRIMA, lanceranno una provocazione, a cui aderiamo anche noi. In toto. Si tratta di una degustazione di tre differenti etichette di Chardonnay in versione Charmat. Un’occasione, un modo, per provare a capire, se fra i consumatori locali ci sia spazio per una tipologia di vino come questa, che potrebbe presentarsi come alternativa territoriale di qualità all’egemonia culturale ed enologica del Prosecco nelle sue diverse denominazioni.

Declinazione Chardonnay, Declinazione Charmat. In degustazione tre brut di diverse fasce di prezzo e diverse caratteristiche.

Chiaro che tutti sono invitati. Tempo permettendo. E anche non permettendo.