Ieri un amico mi ha raccontato di aver acquistato questa bottiglia in offerta sugli scaffali della GDO trentina. Questo, testualmente, il suo commento: “Un vino da distilleria. Anzi un vino da denuncia”. Il mio amico è un tecnico, un enotecnico, con la cultura del perfezionismo dei vini internazionali. Dei vini senz’anima. Dei vini Barbie.
Ho avuto modo di assaggiare anche io questo vino. E’ un vino difficile, un vino verde, un vino senza equilibrio. Un vino vertiginoso. Come vertiginosi sono i pendii del lago di Santa Giustina, dove sono coltivate le uve base.
E allora?
Conosco, e ho bevuto, vini assai meno potabili del Groppello dei Produttori di Revò. Sono vini che si possono trovare nelle cantine dell’alta ristorazione newyorkese. E che per questa loro anima “difettosa” sono apprezzati e comperati a prezzi perfino inverosimili.
E allora?
Allora, il Groppello di Revò, con tutti i suoi difetti, con tutte le sue asperità, non deve, non può finire nella grande distribuzione. E invece, lì finisce.
Perché?
Perché è semplicemente una bottiglia. Senza territorio. Senza un territorio da raccontare. Perché in Trentino si è scelta un’altra strada: quella dei vini deterritorializzati. E la politica – leaseback included – ha finanziato, e finanzia, i vini senza territorio.
Perché?
Perché producono consenso. Un enorme consenso. Elettorale.
E tutto questo in culo al Groppello. Al Marzemino. Al Nosiola. Al Foglia Frastagliata. E al Foja Tonda.
Punto.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Sono appena tornato dal Trentino e le mie due mete sono state la Val di Cembra e proprio la Val di Non… scelte enoiche volute e dettate dalla ricerca di quei territori che hanno bisogno di essere raccontati, perché, spesso, nessun ne conosce la produzione vitivinicola. Ho assaggiato il groppello della cantina Laste Rosse, che tra l'altro uscirà presto persino con un metodo classico prodotto da queste uve così "rudi" e posso affermate, senza tema di smentita, che si tratta di ottimi Vini.
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Oddio… il Metodo Classico…. non riesco ad immaginarmelo… però aspettiamo….impazienti. Issimi.
E comunque grazie per essere venuto in visita in queste lande di periferia…
si un MC RUSTICANO che si accompagna a formaggi duri e sopratttutto coi salumi…
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Voglio sperare che l'immagine sia dedicata a me, canarino, non a Russo.
Se è vero che la politica non ha finanziato, idem per la cooperazione delle grandi promesse. Idem per quel consorzio di produttori di mele che da poco ha fatto capolino nel mercato dei piccoli frutti "perché ce l'hanno chiesto i nostri soci, e non potevamo dire di no ai nostri soci".
Idem per la stragrande maggioranza degli esercenti nonesi, che non ha mai avuto l'orgoglio di proporre questo suo figlio un po' "stròlec'". Idem per i nonesi stessi che quasi se ne vergognano.
ps. il Groppello a 3,90 si trova anche a 2.90. Tristissimo epitaffio di un vino sgraziato – per sua natura – che proprio nella mancanza di grazia trova il suo punto di forza.
Io correggerei un po' il tiro Frida e sarei un po' più puntuale… sul discorso della "politica che non ha finanziato" preciserei… la politica locale che per poca lungimiranza, e forse per volontà di affermazione, non ha fatto altro che mettere il bastone tra le ruote… e purtroppo sono proprio le nuove generazioni di "politici rampanti" più attente a crearsi un consenso politico (o a mortificare gli "avversari politici"… che a cercare un ritorno di reddito ed ambientale per il proprio territorio… ma tant'è e ce ne faremo una ragione… ma arriverà il giorno che….
Senza anima nel Vino, non c'è futuro..
È inutile perder tempo con varietà del genere! La vera vergogna trentina è permettere di produrre l'unica nostra varietà autoctona, il principe Teroldego, con qualità rilevanti a livello internazionale, con rese di 200 q.li/ha… E a prezzi stracciati! E ancora più vergognoso è limitarla a una superficie così ristretta, impedendone la visibilità mondiale…
Concordo con te Stefano sulla questione Teroldego, limitata ad una zona così ristretta e con rese tali… è rovinarsi da sé.
Sulla questione Groppello invece non la penso come te, e vorrei ricordarti che proprio grazie al Groppello nacque a Revò nel 1893 la prima Cantina Sociale in Trentino. Evidentemente non è una varietà perditempo, lì sulle sponde del Lago di Santa Giustina avrebbe ancora storia…
Il problema del Teroldego è il medesimo del Groppello. Entrambi sono vittime di una visione ben descritta in questo post. Che poi sia una varietà marginale e anche poco allettante, magari è anche vero. Ma questo è un altro discorso.
Quale sarebbe il vino potabile di new York ? Se è quello che pensò allora tu non capisci niente d vino e di vita.
Si probabilmente è quello che pensi tu. E io non capisco nulla. Tu pero, forse, capisci poco di quello che leggi. Poiché la mia voleva essere perfino un'indicazione di un modello, di una strada da seguire.