Non so se, e quanto, l’espressione “vitienologia sostenibile” abbia a che fare con la viticoltura biologica e affini. Ma se, come credo io, qualche nesso c’è, allora, mi chiedo di che cosa straparlasse mesi fa (qui) il Maître à penser di Consorzio Vini del Trentino, quando si affidava alla magica suggestione della “vitienologia sostenibile“, come chiave comunicativa per aggredire i mercati nazionali, internazionali, planetari e cosmici. Me lo chiedo, mentre rileggo da oggi pomeriggio il post pubblicato su I Numeri del Vino a proposito della geografia del biologico italiano. Il Trentino Alto Adige, purtroppo i dati non sono scorporati per provincia, si colloca in fondo alla lista con il 3%, più o meno stabile dal 2010, dei biovigneti (insieme a Veneto, Campania, Liguria, Piemonte) e lontanissimo dalle regioni che mostrano attitudine a questa modalità produttiva (Marche, Calabria e Sicilia) che raggiungono percentuali vicine al 30 %.
A chi giova, mi chiedo, continuare a raccontarla lunga? A chi?