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di Angelo Rossi – Nell’Aula magna dell’Istituto tecnico agrario di Ora (BZ) si è svolto lo scorso 23 ottobre un interessante seminario su “Come cambia la viticoltura: immagini dal futuro / Der Weibau im Wendel: Blik in die Zukunft”. In Alto Adige un tema d’attualità, in Trentino un po’ meno. Però non è mai troppo tardi e a stimolare le coscienze ci hanno pensato gli amici di Imperial Wines che hanno animato il progetto “A nord di Trento, a sud di Bolzano”. Le domande poste erano: Come sta cambiando la viticoltura nella Valle dell’Adige? Come cambierà il paesaggio viticolo? Come si evolverà il rapporto tra le aree viticole e quelle urbane? Anche la vitivinicoltura sta conoscendo grandi trasformazioni, sospese tra il recupero di vecchi saperi e pratiche e l’innovazione portata dalla ricerca scientifica, tra le esigenze di un mercato sempre più globalizzato e la valorizzazione di ciascun territorio. Questo l’incipit di una tematica affidata all’analisi di Marius de Biasi (Tra pergole e altani: breve storia della diffusione della vite nella Valle dell’Adige), a quella di Alois Lageder (La viticoltura altoatesina fra tradizione e innovazione. Una cartolina dal futuro), a quella congiunta del sindaco di Bolzano Luigi Spagnolli e di Armin Kobler (La vite, i paesi, la città: come cambierà questo rapporto?) per finire con l’intervento di Enzo Mescalchin di FEM (Ricerca scientifica e innovazione varietale: come la scienza cambierà il paesaggio viticolo).

Manco a dirlo, gli interventi sono stati tutti affascinanti, lasciando con parecchi spunti di riflessione che meriterebbero tanto spazio. E tanto tempo, come sempre. Tempo benedetto se destinato a riflettere e dialogare, maledetto se impiegato a correre senza sapere bene dove. Comunque sia, l’impegno dei relatori andrebbe premiato rendendo fruibili i loro contributi con un paio di clic in internet ma credo che almeno qualcosa del seminario in discorso apparirà prossimamente sul sito di Imperial Wines. Nel frattempo propongo una mia libera traduzione dell’intervento (qui) di Alois Lageder, uomo di vasta cultura e importante operatore vitivinicolo altoatesino. Una lettura del territorio, la sua, che coniuga diverse anime e aspetti variamente articolati e che ha il grande pregio di ripercorrere – con lo stesso tema – lo scenario che si prospettava 30 anni fa confrontandolo a quello odierno.

Una domanda che ci si potrà porre, infine, sarà: perché se le previsioni di allora si sono puntualmente avverate, non prestare oggi attenzione allo scenario proposto? E poi: cosa di tutto questo potrebbe essere mutuato anche per il Trentino? Le risposte che potranno venire da un dibattito fra i lettori interessati. Da parte mia tanto per cominciare, un paio di considerazioni: in generale, che la chimica in agricoltura non va criminalizzata tout court ricordando come grazie a essa si ebbe ragione della fame e, nel particolare, come Lageder sia credibile e autorevole perché con coerenza ha saputo separare le sue attività agricole-territoriali-culturali da quelle più spiccatamente commerciali. Due mondi che evidentemente possono convivere sinergicamente se l’approccio al mercato è di chiara separazione, ma che non portano nulla di buono se si preferisce navigare nel torbido.