Questa mattina ho pagato il canone Rai. Una volta tornato a casa ho acceso la TV: lo faccio una volta all’anno, quando pago il canone appunto, solo per capire se l’apparecchio funziona ancora. Oggi funzionava.
Il telecomando è scivolato subito, chissà perché, su Rai Tre. Una compunta conduttrice, di cui non so dire il nome, stava intervistando Giuliano Ferrara, che poi è anche uno dei miei miti giornalistici. Scrive da Dio e soprattutto scrive, e dice, cose di solito piuttosto intelligenti.
Bene, ad un certo punto la conduttrice gli rivolge una domanda sulla nuova sinistra internazionale: quella di Tsipras in Grecia e quella di Podemos in Spagna. A proposito di quest’ultima, la giornalista afferma più o meno testualmente: “Beh però, il fenomeno spagnolo è molto diverso da quello greco. In Spagna il movimento è composto soprattutto da professori universitari, come avvenne a Trento tanti anni fa”.
Ora, al di là del pericoloso e avventuroso parallelismo, di cui mi sfuggono le fondamenta ideologiche, mi tocca, ci tocca, prendere atto che nell’immaginario degli italiani, la Trento brigatista (?) e sociologica ha sostituito la dannunziana Trento – Trieste. Mi illudevo, povero illuso, che la parola Trento, nell’immaginifico immaginario italico, evocasse solo magiche atmosfere champagnose.
Bisognerà premurarsi di suggerire agli stregoni mediatici del TRENTODOC di abbandonare le fumose atmosfere glamour del fighettume di Madonna di Campiglio e di provare a cimentarsi con il volto barbuto di Curcio e con quello ieratico della compagna Mara.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
“…Mi illudevo, povero illuso, che la parola Trento, nell’immaginifico immaginario italico, evocasse solo magiche atmosfere champagnose…”… ma… l’elevazione culturale dell’enologia trentina non era un impegno presosi ca. 60 anni fa dalla Confraternita della Vite e del Vino? Se a Conchita De Gregorio Trento evoca l’Istituto Superiore di Scienze Sociali, Prodi, Andreatta e Rostagno invece che i vini e la viticoltura, beh, questo per i confratelli potrebbe essere lo spunto di riflessione per introdurre un argomento "nuovo" da discutere alla prossima congrega…
Questo fatto dimostra semplicemente che Trento e Trentodoc non solo sono concettualmente diversi, ma sono pure fuorvianti. Come questo blog sostiene da sempre. Quanto alla Confraternita, la prego, non infierisca: si è fatta concettualmente diversa pure essa, e si rischia di essere considerati … fuorvianti solo a farlo presente.
Sei forte Cosimo! Ma come ti vengono in mente queste associazioni? Certo che anche quella giornalista che ha messo insieme Trento e brigatismo rosso bisognerebbe mandarla a scuola!