Dopo la disfatta trentina in sede giudiziaria contro la DOC Venezia (TAR e Consiglio di Stato), la vicenda Pinot Grigio, soprattutto grazie a produttori e imbottigliatore veneti e friulani, sta percorrendo la strada politica delineata da una grande DOC condivisa per tutto il Triveneto; da molte settimane, nelle segrete stanze, il dibattito si sta concentrando sugli strumenti da adottare per garantire rimuneratività alle singole zone, come la grande Valdadige, dentro uno schema piramidale che garantisca marginalità adeguate per tutti. Anche la recente modifica del disciplinare della DO Trentino (aumento delle soglie di produzione del PG) si inserisce dentro questo percorso.
Dal Friuli ora arriva però un autorevole suggerimento: la costruzione delle nuove politiche per il PG esca dai palazzi e sia sottoposta ad una serie di audizioni pubbliche.
Mi sembra un modo corretto e innovativo di affrontare queste cose; una modalità che parte dal presupposto che agricoltura e viticoltura siano un patrimonio collettivo, un valore territoriale e per questo, come del resto abbiamo scritto tante volte anche noi su questo blog, debbano essere oggetto di scelte che coinvolgano tutti i protagonisti del territorio, non solo le categorie economiche portatrici di interessi diretti e immediati.
dichiarazioni di Roberto Felluga di Confagricoltura FVG
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Sulle mele, melicoltori e cooperative delle mele… Non molto tempo fa su questo blog si discettava sulla migliore strategia e azione commerciale delle coop delle mele rispetto a quella del vino nel particolare veniva presa ad esempio Melinda. Non mi ha mai convinto il paragone tra i due settori però posso sempre sbagliarmi. In questi giorni mi ha molto incuriosito l’intensa campagna televisiva di Evelina®, la mela commercializzata dalla Melinda e aver visto recentemente nei ns negozi coop sparire molte varietà di mele rimpiazzate da vassoi con 4 mele Evelina ad €1,89 in offerta (!?!). Pare si tratti di una recente varietà di mela sviluppata in Germania (una mutante della varietà Pinova® che a sua volta sarebbe un incrocio tra la Golden Delicius x Clivia), poi registrata e quindi commercializzata nei vari Paesi tramite licenza di coltivazione. Pare che nel 2011 Melinda (Luca Granata?) abbia chiesto e ottenuto un contratto di esclusiva per essere la sola a coltivare queste mele in Val di Non per l’Italia. La varietà Pinova® invece sembra essere in esclusiva della Valvenost. Alla coltivazione della varietà Evelina® in esclusiva per il trentino risponde subito l’alto adige con l’esclusiva della Shinano Gold® del Giappone. Grattando appena appena la superficie emerge che le mele registrate e coltivate sotto licenza non sono solo un paio ma ben di più, ad esempio: la Rubens® (Gala x Elstar) coltivate solo in AA, Pink Lady® dell’Australia, Kanzi® del Belgio, Modì® progetto internazionale, Gala® della Nuova Zelanda , Fuji® del Giappone, Jonagold® degli Usa ecc. La mia impressione è che la coltivazione delle mele sia ormai diventata una gara per accaparrarsi le licenze in esclusiva di nuove varietà (pagandole quanto?) in modo tale da tagliar fuori dal
mercato la concorrenza. Un mondo a me più simile all’industria farmaceutica o dell’alimentazione industriale come l’aspirina o mars bar che all’agricoltura come l’abbiamo intesa finora. Una strategia che richiede forti investimenti di commercializzazione e marketing e che comunque lascia l’esclusiva del brand nelle mani di chi l’ha registrato. Si può immaginare qualcosa di simile nel vino? Registrare una varietà e spendere una vagonata di milioni di euro di pubblicità pur di essere i soli al mondo a vendere quel vino?
Immagino farai riferimento a questa lettera: http://goo.gl/VjOp0W
La piccola differenza Claudio è che Melinda spenderà anche una vagonata di milioni, nel mondo del vino si spenderebbero tante vagonate quante le cantine protagoniste dell'iniziativa perchè incapaci di mettersi insieme. Scusa se è poco.
Sì, mi riferivo al post indicato, ai commenti che sono seguiti a quel post e ad altri commenti che saltuariamente abbiamo fatto su questo blog comparando le tematiche del mondo della mela con quelle del vino. Lo scopo primario del mio commento qui sopra è sopratutto quello di reiterare altri aspetti che a mio avviso marcano la forte differenza tra il mondo della mela e quello dell'uva e vino, fatto salvo naturalmente il fatto incontestabile che l'importanza del buon o cattivo management viene prima e sopra la varietà di frutta da gestire…
Bravo questo Felluga, peccato non si possa dire altrettanto dei nostri di Confagricoltura, Coldiretti ecc…