Ogni tanto, spesso, mi chiedo cosa diavolo significhi territorio, questa parola di cui mi riempio (ci riempiamo) la bocca quando parlo (parliamo di vino). E, naturalmente, ogni volta la risposta è differente.
Poco fa, Anna mi raccontava del viaggio domenicale di suo cognato. E’ partito presto questa mattina da un paese della Marsica, sulle montagne Abruzzesi, a bordo di un capiente furgoncino in compagnia di un paio di amici. Destinazione Valdobbiadene. L’allegra, immagino, brigata ogni anno in questa stagione, al timido risveglio della primavera, prima che i tepori inneschino la seconda fermentazione, si macina oltre 1200 chilometri, fra andare e tornare, per fare scorta di Prosecco in damigiana. Che fra qualche settimana, nelle cantine d’Abruzzo, diventerà un bel Prosecco Colfòndo artigianale tappato a corona.
Ecco, poco fa, ascoltando la narrazione di questo viaggio, che è il viaggio di migliaia e migliaia di amanti del Prosecco, viaggio che si reitera e si fortifica anno dopo anno, ho pensato che questo, anche e soprattutto questo, sia Territorio.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Che bei ricordi, anche il mio papà, da Roma, ogni anno faceva questo viaggio ad inizio primavera. Lo seguivamo anche noi ed era sempre una festa. E poi un altra festa quando tornavamo a casa ad imbottigliare e le bottiglie che ogni tanto saltavano! ..Grazie per questi ricordi.