E così VINITALY 2015, che si è chiuso ieri sera, se non altro è servito per far scoprire al grande pubblico che dal 2011 è a regime un nuovo disciplinare tutto veneto interamente dedicato alla rifermentazione in bottiglia: il Vigneti della Serenissima Doc o più semplicemente Serenissima Doc. La prima etichetta la ha tenuta a battesimo, guarda caso, il governatore Zaia, e si tratta di un metoto classico targato Villa Sandi, una delle locomotive che si muovono fra Cartizze, Valdobbiadene e Prosecco Doc.
Si tratta di un disciplinare che abbraccia le zone pedemontane e collinari di ben cinque province: Belluno, Treviso, Padova, Vicenza e Verona. E comprende esclusivamente zone di collina e montagna, con il limite massimo dei 700 metri di altitudine, ed esclude tassativamente le coltivazioni di fondovalle. Le uve consentite sono quelle classiche della rifermentazione, Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero, da sole o in blend. Stranamente, invece, non si fa menzione dell’Incrocio Manzoni, da cui proprio in Veneto si traggono degli stupefacenti m.c. Mi viene in mente il Sogno di Cirotto.
Le tipologie ammesse sono la versione base (12 mesi sui lieviti) il Rosè (12 mesi), il Millesimato (24 mesi) e il Riserva (36 mesi).
Non so che fortuna avrà questo disciplinare, ma i veneti, di solito, sanno cosa fanno. E soprattutto lo fano bene. E in grande.
Chi volesse approfondire e studiare il Vigneti della Serenissima, può scaricare il disciplinare in formato pdf a questo indirizzo.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.