di Angelo Rossi – Sono stato a sentire Marina Mattarei, Geremia Gios & C. ieri sera sul tema del rinnovo della presidenza della Federazione trentina della cooperazione, o meglio, sul rinnovo della Cooperazione trentina tout court. Non di seggiole, infatti, si è parlato, ma di valori fondanti e del bisogno di guardare avanti con i piedi ben piantati nella terra di origine. Sala Don Guetti di Cassa Centrale Banca SpA zeppa di cittadini e valligiani a dimostrazione che il libero dibattito li vede disponibili e propositivi, prima ancora che dissidenti da linee imposte dall’alto. La posizione di Mattarei e Pancher rispetto alla presidenza uscente di Schelfi è nota da tempo ed anche il pensiero del prof. Gios era stato recentemente anticipato dalla stampa. Il suo intervento sarà disponibile a giorni e quindi se ne potrà riparlare, ma intanto c’è spazio per i riflessi che riguardano anche settore vitivinicolo. Il perno su cui far ruotare tutto, sostengono gli “impegnati” è la figura della persona, cioè del Socio e di conseguenza della cooperativa di riferimento. Quella di primo livello, cioè, non già del consorzio di secondo grado e men che meno quello del terzo livello interpretato dalla Federazione. Secondo e terzo livello che devono tornare a cedere servizi al primo, invertendo la condizione attuale che vede i primi gradi (es. le cantine sociali) ridotti a meri centri di raccolta con il business in capo al grado superiore o all’AD che esercita i suoi poteri in funzione della redditività necessaria e con la Federazione guidata di fatto da un cerchio magico (s’è detto) che pilota il tutto. Una filiera di comando, questa, prevista dalla globalizzazione del mercato cui è difficile sfuggire, dal momento che la remunerazione del lavoro di ogni singolo coltivatore è sommamente importante. Eppure la via cooperativa pura ha ancora un senso, soprattutto quando si tirano in ballo il territorio e le sue declinazioni. Uomo e territorio, come concetti che richiamano una coerenza da tutti conclamata, ma da pochi seguita. Nel mondo del vino, più stridente che in altri comparti, la svaporazione del territorio è stata più volte denunciata, ma progetti seri per invertire la tendenza non sono ancora maturati. E dato che le idee camminano con le gambe degli uomini, la sensazione è ancora una volta quella che ci vorrà molto tempo affinché le tutele e le garanzie sul reddito possano essere coniugate ai valori fondanti del modello cooperativo. Cooperare (con la C maiuscola) interessa sempre meno (con buona pace dei mille corsi di formazione), perché interessa soprattutto quanto si guadagna, senza porsi il problema di come il business si realizza. Insomma, fra un’economia di piano morta e sepolta e un’economia capitalistica piena di crepe, la terza via cooperativa che pesca il buono dai due modelli storici è degna di condivisione, non fosse altro perché indicata dal modello per noi più storico di tutti, quello dei Vangeli. Sob! Per questo un uomo come Geremia Gios che in tempi normali altro non sarebbe che un uomo normale, oggi è bollato come “cavallo pazzo” per le sue note prese di posizione nei luoghi dove ha messo le mani. Mani pulite, carattere roccioso poco incline al compromesso, idee chiare e competenza economica possono preoccupare chi teme il cambiamento per paura di perdere garanzie e privilegi, ma un po’ di sana autocritica e la voglia di mettersi in gioco per rilanciare un movimento che in passato ha visto il Trentino come faro per tante altre realtà è alla portata sia dei cooperatori “stoici” come dei soci giovani che pure ieri hanno fatto sentire alta e forte la loro voce. Un bel segnale che sarebbe vero peccato ignorare. Chiudo con un auspicio che mi viene dal bell’esempio dell’avv. Berteotti che l’altro giorno ha salutato tutti a conclusione del suo incarico alla presidenza dell’APT di Rovereto: aveva detto che dopo tre anni se ne sarebbe andato e questo ha fatto, dopo aver ben operato. Ecco, mi auguro che il prossimo presidente della Federazione faccia altrettanto, dopo aver avviato un processo di rinnovamento che andrebbe a vantaggio di tutti, ben oltre la cooperazione.
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Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Grazie ad entrambi per aver perso tempo a leggere il mio commento.
Ci vuole una bella faccia tosta a pretendere ancora più territorialità da chi:
-tiene aperto negozi anche dove la redditività a fatto scappare chi non vi trovava convenienza,
-a chi ritira dai contadini la frutta a tutte le condizioni (guasta, grandinata, di scarsa pezzatura, ecc…) come è accaduto in queste annate,
-o quando le sanzioni ne compromettono la loro commercializzazione,
-a chi non potrà mai sognarsi di dislocare i propri stabilimenti in paesi dove la manodopera sarebbe più conveniente,
-a chi fa i suoi bilanci completamente alla luce del sole senza possibilità minima di evadere il fisco,
-a chi paga le tasse non nei paradisi fiscali ma qui sul territorio dove lavora,
-a chi anche in questi anni di crisi ha assunto personale per integrare i propri dipendenti.
Mi chiedo: “perché lo si pretende solo dalla Cooperazione un impegno sulla territorialità?”
(forse agli ignoranti come me poi varrebbe la pena anche spiegare bene ciò che si intende con il concetto di TERRITORIALITÀ)
Che paura c'è di pretenderlo anche e sopratutto dalla politica questo impegno?
Ci sono in Trentino dei partiti che basano i loro programmi sulla territorialità ma poi una volta eletti i loro rappresentanti ti calano provvedimenti che nulla hanno a che spartire con la territorialità e naturalmente nessuno che si meravigli.
Approfitto poi di questo spazio per fare un ulteriore osservazione importante che secondo me è sfuggita alla stampa e ai commenti fi qui scritti.
Alla Cooperazione va riconosciuto che è l'unica istituzione che in questo periodo è stata capace di proporre pubblicamente e in anticipo un nome, un candidato destinato a guidarla.
Di solito si arriva a questi appuntamenti con un nome “aumma aumma” per dirla alla napoletana, ma la Cooperazione no! Ha avuto il coraggio di fare un nome.
Ed è la cosa più bella, più trasparente, rendiamocene conto! Anche perchè è un "rischio" per chi si prende l'impegno, mentre per noi “spettatori” è un occasione in quanto al candidato prescelto possiamo fare le pulci.
Vogliamo o no riconoscerlo questo?
Poi vinca pure il migliore!!!
Grazie ancora e auguri a tutti di Buona Pasqua!
Caro Giuliano, sui meriti della cooperazione in Trentino, ovviamente non ci piove. Se si discute, è perchè qualcosina non funziona come dovrebbe, almeno a parere di qualcuno… e, poichè questo è un sito vitivinicolo, è normale che il focus sia su questo comparto. Pertanto, se la politica è in gramaglie, chi domina la scena per il 90%, si deve far carico anche della gestione del territorio agrario dato che la cooperazione ha i mezzi e gli uomini per farlo. Si parla di uomini nuovi, rottamando chi in questi lunghi anni di crisi non ha colto nè I campanelli, nè le campane a morto. Per questo spero che il riferimento al coraggio di fare un nome riguardi il prof. di Vallarsa perchè l'altro cosa vuoi che rischi?
Ma ora è Pasqua e quindi auguri…!
Io non mi faccio illusioni, non credo che rottamando qualcuno cambi la
Cooperazione.
E'solo dai soci che può sbocciare la vera rivoluzione, l'autentica primavera. Come?
Semplicemente con la coerenza e la meritorietà.
La coerenza o la fedeltà che dir si voglia da parte di ogni socio verso la sua cooperativa, anche a costo di qualche piccolo sacrificio
economico momentaneo.
Molti oggi purtroppo si sentono soci della loro cooperativa soltanto quando c'è da ritirare il bonus o lo sconto mentre si scordano della fedeltà negli acquisti per tutto il resto dell'anno.
Mentre la meritorietà dovrebbe essere la qualità minima pretesa da chi si
propone come amministratore, ma anche qui invece nelle nostre piccole Cooperative a vincere è la logica dell'amico dell'amico, del vincolo della parentela se non addirittura del nepotismo a scapito del criterio del merito, del premiare chi ha una virtù, di chi fa qualcosa di bello di utile…
Ecco finchè i soci non capiranno che questi due concetti sono fondamentali la Cooperazione potrà anche essere guidata dal miglior presidente possibile ma sarà sempre azzoppata, si continuerà a
rottamare persone senza per contro costruire e pensare al bene comune.
“ Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e
lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia”
Enrico Berlinguer
apperò.. pure le citazioni berlingueriane oggi… ebbrava Giuliano!
Eddai, Giuliano, la guerra – se guerra dev'essere – la si fa coi soldati e con i generali disponibili. Una parte dell'esercito ha il mal di pancia perchè vede che si sta perpendo e pensa di cambiare il generale. Se ne trova uno coerente e meritorio, come auspichi tu, basta dragli fiducia e partite, senza troppi rimpianti.
Grazie Angelo Rossi per questo pezzo veramente interessante!
E grazie anche a questo blog che da la possibilità di discutere di questo argomento che la stampa locale invece sembra aver fretta di accantonare.
Tre falsi problemi colgo in questo racconto:
1)Maggior ruolo per i Giovani;
2)Cooperative di secondo e terzo livello;
3)Lasciare il posto ad altri;
1)Maggior ruolo per i Giovani:
sia dalla stampa che dal Suo articolo emerge il bisogno di rivendicare un maggior ruolo per i giovani nella governance della Cooperazione, ma ahimè, sia in quella sala dove si presentava Gios come nelle nostre Cooperative i giovani mancano, nonostante tutto
l'investimento che la Cooperazione ha fatto in questi anni per coinvolgerli.
Quando dico mancano intendo dire che ai giovani d'oggi la Cooperazione non fa ne caldo ne freddo, non sentono quel desiderio di partecipare alla vita attiva della loro Cooperativa, pretenderebbero una volta soci di essere subito eletti in CdA, troppo semplice.
Se io potessi, ai giovani direi lo stesso messaggio che l'ex presidente della mia Cantina Sociale ci affidò il giorno che lasciò l'incarico e che a me risuona come sprono, lui ebbe a dire queste parole: “partecipate, chiedete spiegazioni, dite la vostra. La Cooperativa è vostra”. Io credo che se messe in pratica queste raccomandazioni darebbero una vitalità alle nostre Cooperative ininmmaginabile, come il silenzio per contro di certe assemblee ne è la loro rovina.
2)Cooperative di secondo e terzo livello che devono tornare a cedere servizi al primo”:
mah… è una frase che dice tutto e non dice niente, ammetto di essere il re degli ignoranti, ma francamente non oso immaginare l'agricoltura trentina senza la Cavit o Melinda…
esempi ne abbiamo di chi ha voluto fare a meno e direi che non depongono a Suo favore… Magari avessimo avuto un secondo grado forte anche nel credito, a quest'ora non saremo costretti a fare fusioni forzate nelle nostre Casse Rurali.
3)Lasciare il posto ad altri:
nel Suo articolo tra le righe se non sbaglio, lei auspica che Schelfi lasci il movimento.
Ora io non ho grandi studi alle spalle ma da quel poco che ho letto sulla storia della Cooperazione so che don Guetti raccomandava ancora allora che se un amministratore non “andava” di cambiarlo anche dopo sei mesi dalla sua elezione, ma nulla ho letto al riguardo di limite ai mandati o di chi finito di prestare servizio desiderava rendersi utile ancora.
Non capisco perchè alla Cooperazione si chiedono cose che agli altri enti è pacificamente concesso, anche a chi non meriterebbe…
Caro Giuliano su alcune cose che scrivi sono d'accordo con te. In particolare sulla questione del giovanilismo e del limite dei mandati. Come te non credo che dell'anagrafismo se ne debba fare una questione dirimenti. Sebbene è chiaro che dietro a questi due richiami, ci celi una questione fondamentale: la costruzione della classe dirigente del futuro. Questione fondamentale in qualsiasi assetto sociale e politico.
Mi trovo invece in completo disaccordo con te, ma lo sappiamo da tempo, sulla questione del secondo grado. Vedi, giuliano, nessuno qui si immagina di abolire Cavit – o le società di capitale controllate dalle coop -, qui si tratta di capire "chi serve chi" e "chi delinea le strategie". Io penso che la politica, la definizione delle strategie, il comando, debba restare saldamente nel primo grado. Mentre al secondo grado (o alle società di capitale) credo debba competere una funzione di servizio rispetto al soggetto fondativo della cooperazione, ovvero il primo grado. Oggi, invece, soprattutto in agricoltura capita prevalentemente il contrario e qui si colloca anche la ragione del progressivo disimpegno del socio rispetto alla sua coop. In ogni caso, anche grazie allo scossone portato da Gios, di queste cose ora se ne può parlare liberamente. Tre anni fa, anche solo toccare questo argomento era considerata quasi una bestemmia.
Caro Giuliano, oltre a quanto detto qui sotto da CPdR, bisognerebbe evitare di glissare sulla territorialitá, perseguendola con coerenza e non solo con i proclami. Credo che molte cose andrebbero a posto da sole, ovviamente col tempo, dato che 20 anni in una direzione non si cambiano in un paio di giorni… Credo cioè che l'amore per il territorio debba stare un gradino sopra la pur sacrosanta redditività e le due cose non sono inconciliabili. Dipende dall'impegno degli uomini, per cui vanno cambiati, o non eletti, se deficienti su questo punto. Punto.