In attesa di conoscere il nome del nuovo timoniere di Cavit e l’organigramma del nuovo consiglio di amministrazione, che sarà eletto questa sera dalla base sociale del consorzio di secondo grado – 11 cantine sociali, Sait e Cantine Palazzo -, passo il tempo facendo il gioco del mi piace – non mi piace, scegliendo  due fra le tante notizie e notiziole enoiche di questi giorni.
MI PIACE
12193785_432117240325654_3830750859102777040_nMi piace la nuova iniziativa promossa da Cantina Sociale di Trento: l’incontro con il socio e la degustazione del vino prodotto con le sue – del socio – uve. L’iniziativa mi sembra intelligente, non so se è anche originale, nel senso che non so se altre Sociali lo abbiano già fatto; personalmente non ne ho ricordo. A me pare una cosa intelligente, perché cerca di portare in piano piano la risorsa primaria, la vera risorsa, del cooperativismo viticolo: il socio, il contadino, il viticoltore. Fino ad oggi siamo stati abituati a confrontarci con gli enologi, con i comunicatori, i/le PR, i sommelier e gli esperti. Questa volta, invece, l’incontro è con la storia contadina, con l’origine del vino. E’ un patrimonio straordinario di storie, di esperienze, di facce, di mani, di ricordi, di memoria, di aspettative. E’ questo il vero patrimonio della cooperazione vitivinicola, e non solo di quella. Un patrimonio fino ad oggi quasi obliato, sottaciuto, nascosto, messo in sordina. Magari anche per la naturale reticenza che contraddistingue il mondo contadino. Che la Trento abbia scelto di ripartire da qui, da queste storie, ripeto, mi sembra una cosa intelligente. Che potrebbe anche aprire nuove prospettive rivitalizzanti del rapporto fra soci e coop.
Il primo Aperitivo con il Socio sarà venerdì 30 ottobre, alle 18,30 nell’enoteca della Cantina. La faccia e le parole saranno quelle di Dario Giuliani, il vino quello prodotte dalle Uve Merlot (2011) di Novaline. Un Merlot trentino che qualche emozione, e anche qualcosa in più, è capace di regalarla.

NON MI PIACE
Non mi piace, e mi dispiace anche scriverlo per la stima e l’ammirazione che nutro per Selezione_042questa cantina e per i suoi vini, la campagna social promossa dalla Roverè della Luna, apparsa in questi giorni in Fb, per promuovere il debutto del primo metodo classico (immagino Rosé) roveraitero. Mi sembra una modalità comunicativa irrispettosa, perché estranea ed estraniata, di quelle storie contadine che stanno all’origine del vino territoriale e di cui ho scritto sopra. Guardando scorrere davanti agli occhi quei cartoncini colorati di rosa shocking e di azzurro paastellato, con didascalie così stereotipate che di più sarebbe difficile immaginare, non mi viene da pensare al vino, alla terra, al mondo contadino. E nemmeno al metodo classico. Tutt’al più  scivolo verso le pesanti atmosfere dei night club  degli anni Settanta. E mi fermo qui, dicendo solo che questo è il vino che non mi piace. Perché non respira. E non fa respirare un’anima territoriale. E’ una merce alienata dentro il cortocircuito di un marketing autoreferenziale e disorientato, che ha rinunciato a raccontare storie, preferendo autocelebrare se stesso.  E la propria mancanza di idee.