La specializzazione non autorizza nessuno a disinteressarsi dei temi generali, tant’è che anche chi fa del mondo della vite e del vino il proprio mondo, non può mettersi il paraocchi di fronte a fenomeni che lo condizionano. Così è, ad esempio, per l’attualità del riscaldamento climatico o per la TAV/TAC che pure devasterà qualche bell’ettaro di terreno agrario. Più l’argomento è generale e più compatto è lo schieramento alimentato dai media, prontamente sposato dalla politica; i media si basano sugli allarmi degli scienziati e la politica ne approfitta per distogliere l’attenzione da altri temi. In mezzo ci siamo noi, semplici cittadini con la nostra semplice testa, liberi di usarla.
Orbene, restando ai due esempi, basterebbe ragionare un po’ per fare la tara a quanto viene propinato.
Riscaldamento globale: non c’è dubbio che l’uomo industrializzato nelle aree dove insiste, riesce a fare danni anche gravi all’ecosistema, ma da qui ad elevare anatemi sul punto di non ritorno se si sforeranno i 2° di aumento del riscaldamento fino alla presunzione di riuscire a cambiare le leggi della natura, ci corre. Quindi, lasciando perdere il big bang che pure ha impresso al nostro pianeta un moto rotatorio su un asse inclinato responsabile delle glaciazioni nel lungo periodo e delle stagioni nel breve, non possiamo dimenticare – ragionando sempre all’ingrosso – che stiamo vivendo nel 75 millesimo anno dall’ultima discesa dei ghiacci nordici, quando cioè sulla verticale di Trento c’erano 1600 m di ghiaccio. Infatti, per effetto della rotazione terrestre “a trottola”, la calotta si sposta come un pendolo ogni 100 mila anni. Muto testimone di quanto successo nell’ultimo milione e mezzo d’anni è il piccolo e a noi vicino anfiteatro morenico di Rivoli Veronese.
Le analisi del C14 sui massi erratici lì ammucchiati per 7 volte successive stanno a dimostrare il sistematico e preciso muoversi delle forze naturali nel lungo periodo. Per dire: la Groenlandia (terra verde, nella memoria ancestrale) oggi sotto ghiaccio, tornerà inevitabilmente verde e l’innalzamento dei mari sarà inevitabile; ma questa è faccenda che non può vederci imputati in assoluto, ma solo obbligati a rendere migliore l’ambiente che viviamo per le future generazioni.
Da quando poi l’uomo ha cominciato a calcare i nostri suoli (Olocene, 10 mila anni fa) il clima temperato ne ha favorito lo sviluppo con un aumento della temperatura fra il 5500 e il 2200 a.C. (optimum climatico) per poi farsi più umido nel Neolitico fino al 900 a.C. con diminuzione dei livelli delle acque (Garda e falde), ma con un avanzamento in controtendenza dei ghiacciai fra il 1600 e il 1400 a.C. con devastanti alluvioni fino alla piccola crisi arida dell’Olocene che perdura fino ad oggi. Questo dicono i sacri testi. Oggi, allora, che vogliamo fare? Beh, intanto sarebbe bene non dimenticare da dove veniamo, cosa siamo e dove siamo destinati ad andare per forze che non riusciremo mai a dominare. Ciò non di meno, restando l’imperativo categorico di migliorare l’ambiente per le prossime generazioni, è da rifiutare l’assunto che l’uomo sia la causa prima e unica di quello che succede, con buona pace di quegli scienziati e degli affabulatori di popolo che guardano al particolare dimenticandosi del generale. Non sono sviste da poco, servono oculisti.
Stessa demagogia con il secondo esempio, quello del tunnel del Brennero con annesso raddoppio della ferrovia fino a Verona (lo chiamano tratte d’accesso). Poiché i soldi ci sono o si trovano, il burocrate iniziò a tirare delle linee sulla carta, creò il bisogno con l’aiuto dei media, è già qualcuno cominciò a fregarsi le mani. Magari anche qualche contadino, satollo e stufo di piegare la schiena sotto la vigna. Cosa pensare, altrimenti, del silenzio assordante dei sindacati agricoli? Non sono i loro aderenti i guardiani del territorio? O si sono tranquillizzati sentendo che la maggior parte del percorso si farà in galleria? Ma la devastazione del territorio per un’intera generazione come può lasciarli indifferenti? Queste sono solo le prime domande specifiche, senza addentrarci in aspetti tecnici che pure riguardano tutti, come la rassegnata necessità del raddoppio al posto dell’impegno per la razionalizzazione dei trasporti, come l’impossibilità di rinchiudere passeggeri in un tubo per centinaia di km invece di far loro godere il panorama e via elencando. Timidamente, qualche ingegnere disincantato e non colluso ha cominciato a farsi sentire, a dire che 16 miliardi per il tunnel e 32 per le tratte d’accesso sono una follia, che i costi di gestione (mai sentito parlarne?) saranno assolutamente insostenibili (questa sì una grave eredità per le future generazioni), oppure che all’attuale linea ferroviaria – che va comunque ammodernata – basterebbe aggiungere un terzo binario per la funzionalità del tunnel e per la salvaguardia del territorio, ecc. ecc. Tutte soluzioni che costano troppo poco, come i traghetti al posto del ponte a Messina, come gli ospedali e tante altre bubbole quotidiane. Populismo? Magari. Dagli ismi la gente ha imparato a difendersi, per la demagogia bisogna vaccinarsi perché questa affabula, accomodandosi nel cervello impedendoci di usare la testa.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Interessante analisi, Dott Rossi… come sempre. Non credo siano in discussione i cambiamenti climatici ciclici della terra, ere glaciali e di riscaldamento si sono succedute molte volte. L’uomo, però, ha continuato a prosperare sfruttando la lunghezza delle fasi, avvenute alle volte nel corso di centinaia di anni e altre di millenni, quindi si è potuto adattare alle mutazioni grazie alla gradualità. Ci sono molti esempi dove la rapidità delle mutazioni hanno portato anche l’uomo all’estinzione, ad esempio sull’isola di Pasqua. Se la deforestazione fosse avvenuta molto più lentamente, gli abitanti avrebbero avuto l’accortezza di trovare dei rimedi e sopravvivere. Altro esempio eclatante è la scomparsa dei dinosauri e altre innumerevoli specie animali dovuta a dei cambiamenti atmosferici traumatici. L’atmosfera NON è grande come l’universo, tutt’altro. Basti guardare il primo e più importante per noi strato, la troposfera che è di soli 8 km e ca. 20 km all’equatore, di spessore. Un’inezia per le capacità d’inquinamento e del condizionamento del suo delicato equilibrio gassoso, della civiltà moderna. Se ci interessa come sarà la vivibilità nel mondo tra cent’anni, ovvero quando noi non ci saremo più… beh, dobbiamo occuparcene ed operare delle scelte tutti i giorni.
Perfettamente d'accordo, caro Claudio, c'è l'ho con certa stampa e prima ancora con certi scienziati che mi sembrano tante mosche cocchiere. Capisco che si debbano sensibilizzare le masse, ma se ci trattano da imbecilli… Insomma, se quelli che vanno di motosega nel Mato Grosso tornano dopo un paio di stagioni s'accorgono che la foresta s'è ripresa il posto, come la foresta trentina che si estende ogni anno di mille ettari. Con tanti saluti ai roncadori che per oltre dieci secoli si erano dati da fare per ricavare prati e pascoli. Mi conforta Papa Francesco che in proposito s'è ben guardato dal criminalizzare l'uomo, invitando tutti ad attenuare gli impatti dei cambiamenti climatici… Subito tradotto dalla stampa in "appello ai partecipanti alla Conferenza di Parigi affinché concentrino i loro sforzi per frenare il riscaldamento globale e i suoi effetti disastrosi sul pianeta"(R.it): ecco, questa mi pare presunzione.
Inquinamento, buco nell'ozono, tumori? E' tutta colpa del fuoco della nonna…. #seguirabrindisi
Ma vi siete alleati anche voi con quelli che spaccano tutto come alle Novaline? Complimenti cattivi maestri.