Ho sempre pensato che la vite abbia trovato in Trentino un habitat invidiabile, fra valli e colline ai piedi di monti soleggiati che proteggono dal freddo e riscaldano terreni variegati ricchi di minerali, dove i microclimi permettono all’uomo di coltivare con soddisfazione un ventaglio di varietà altrove non immaginabile. Il resto lo fa la tecnica in grado di supportare tipologie tutte potenzialmente di alto livello. Mi è venuto in mente questo quadretto idilliaco assaggiando – dopo spumante, Nosiola, Schiava e Rebo – anche il nuovo Reboro 2011 dei dinamici Pisoni a Pergolese Sarche. Reboro nasce da uve Rebo, ossia dall’incrocio Rigotti 107-3 di quel Rebo Rigotti – insigne genetista di Padergnone – che nel 1948 pensò di aver sposato il Merlot al Marzemino, con quest’ultimo smascherato dalle moderne analisi molecolari che ne hanno assegnato la paternità al Teroldego. Fu un … refuso del suo assistente di allora, quel vivo e vegeto Ferdinando “Mario” Tonon che raccontò l’aneddoto condito da un sorrisetto che ne lasciava trasparire l’opposta fede politica. Davvero le scoperte avvengono spesso per caso. Il Reboro dunque, è vino presentato bene, d’un brillante rubino scuro tendente al granato con netti profumi che rimandano a frutta matura; in bocca non tradisce, anzi, conferma pienezza di sapori, rotondità, buona armonia e persistenza. Un vino che merita rispetto, se ne capisce subito la stoffa, che non può essere stato improvvisato: sicuramente c’è dietro attenta coltivazione della vite, selezione delle uve, un paio di mesi d’appassimento e poi le classiche lavorazioni dei rossi di qualità con affinamento in legno e ora in vetro. Un vino da gustare assaggiando più che bevendo, con un occhio al grado alcolico e l’altro al prezzo, eh sì, due aspetti che lo fanno esclusivo, com’è giusto che sia.
Saper che i Pisoni non sono gli unici a fare il Reboro, ma che anche altri vignaioli lo stanno affinando, sulla scorta del loro impegno storico nella produzione del Vino Santo, fa ancora più piacere. Vuol dire che in zona c’è terreno fertile anche per un gioco di squadra, così importante in un sistema polverizzato com’è quello trentino. E siccome analoghe considerazioni si possono fare per altri distretti locali dove si assiste ad un pullular di nuovi prodotti, vuol dire anche che manca una regia, o magari, che la regia ci sia e che funzioni benissimo nel non dare indirizzi specifici e nel non coordinare, lasciando semplicemente fare. S’intende ai viticoltori singoli, perché per agli associati, che sono il 90 %, la dritta c’è e si chiama Pinot grigio. E’ la storia di sempre, quella che annoia, ma che non può far demordere per non contraddire Madre Natura che pure – come detto – permetterebbe lo sviluppo di un ventaglio di varietà altrove non immaginabile.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.
Cari amici vignaioli della Valle dei Laghi, come sono andate le vendite natalizie di Reboro? Bene? E di Vino Santo? Come mai un vino storico, leggenda e bandiera storica del Trentino vitivinicolo, tutto d'un tratto viene surclassato da un vino rosso copiato dai veneti? Il "vostro" presidio Sloow Food lo avete ormai abbandonato? Buona fortuna e vedete di chiarirvi le idee!
…sugli incroci e sui professori matti…riflettevo… Al mondo sono conosciute all’incirca 10.000 varietà diverse di vite di cui almeno 700 in Italia. Per millenni, fino all’ottocento, i vigneti erano composti da un mix di varietà piantate una accanto all’altra che erano quindi soggette facilmente all’autoimpollinazione, all’incrocio dell’impollinazione o cross-pollination ed allo sviluppo di diversi cloni come ad esempio lo è la famiglia dei Pinot. La stragrande maggioranza delle varietà di oggi deriva da incroci spontanei, da inincroci o inbreeding, da closebreeding (stretta consanguineità), da linebreeding (riproduzione per linea). Ci sono famiglie di vitigni strettamente imparentate fino a 400 varietà. In europa, dal medioevo in poi, una manciata di vitigni “fondatori” ha dato vita ad una miriade di varietà e cloni di cui una parte oggi produce quasi tutto il vino che si beve. Ad esempio:
– Guais blanc è fondatore di: Riesling tedesco, Chardonnay, Gamay, Furmint, Blaufrankish ecc.
– Savagnin è fondatore di: Traminer, Traminer aromatico, Traminer giallo, Sauvignon blanc, Chenin blanc, Verdehlo, Grüner Veltliner
Qualche esempio d’incroci spontanei: Chardonnay = Pinot X Guais blanc – Cabernet sauvignon = Cabernet franc X Sauvignon blanc ecc.
E ora guardiamo alcuni incroci da laboratorio:
– Goldtraminer = Traminer aromatico X Trebbiano toscano
– Gosen = Cabernet franc X Marzemino
– Incrocio Bruni 54 = Sauvignon blanc X Verdicchio
– Incrocio Manzoni (Manzoni Bianco) 6.0.13 = Riesling renano X Pinot bianco
– Incrocio Manzoni 2-3 = Trebbiano toscano X Traminer aromatico
– Incrocio Manzoni 2.14 = Glera X Cabernet franc
– Incrocio Manzoni 2.15 = Glera X Cabernet franc
– Incrocio Terzi N. 1 = Barbera x Cabernet franc
– Kerner = Schiava grossa X Riesling renano
– Müller-Thurgau = Riesling renano X Sylvaner
– Rebo = Merlot X Teroldego
– Sennen = Merlot X Marzemino
– Zweigelt = Saint Laurent X Franconia
– Pinotage = Pinot noir X Cinsault
Se paragoniamo il patrimonio di varietà/incroci che ci ha fornito gratuitamente la natura camin facendo, Chardonnay, Riesling, Sauvignon blanc, Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Merlot, Pinot, Garganega, Nebbiolo, Moscato bianco, Teroldego, Trebbiano, Glera, Sangiovese ecc. ed il “patrimonio” genetico prodotto in laboratorio negli ultimi 100 anni…beh… arriviamo a sfatare un mito… Per sfamare e dissetare il pianeta possiamo tranquillamente sfruttare quello che ci dà la natura senza dover continuare a foraggiare e ingrassare inutilmente i professori matti e loro istituti di “ricerca”…
Non voglio sviolinare nessuno, non sono persona dalle facili lusinghe. Tengo però a fare i miei complimenti a questo Blog, non tanto per le note "ogni tanto" polemiche (che però spesso aprono gli occhi) e che comunque si è liberi o meno di condividere o leggere; ma soprattutto perché ci sono persone che, come Claudio in questo caso, riassumono efficacemente concetti, nozioni, pezzi di storia che hanno pure un'azione formativa oltre che informativa.
Complimenti.
Chapeau Claudio!
@mwg: hai ragione mwg, spesso sono più interessanti i commmenti dei post di questo blog.
Mi associo, è vero quello che dici mwg, in questo blog si leggono concetti, nozioni, che hanno un’azione formativa oltre che informativa. Complimenti sinceri a Voi tutti!
shhhhhhh che se vi sentono b.c. ..la fem… cvt…via romagnosi…si indispettiscono..
e che ci fanno Tiziano?
Fanno fanno…
Altrochè se fanno.. O si fanno… Fanno o si fanno ?
Gentile Claudio, la ringrazio e mi congratulo di quanto scrive che dovrebbe insegnare qualcosa a tutti i nostri nuovi inventori di un bollito sempre troppo bollito .
Lei non solo fornisce un esatto panorama del nostro territorio e di quello che si potrebbe davvero targare autentico "Trentino" ma anche risponde al mio "Manzoni" di cui dimenticavo la onesta e importante parola "incrocio".
Perchè a furia di incroci e viaggi contromano ci può scappare sempre un brutto incidente ! Da noi.
Grazie perché sono pochissime le persone che fanno profonda cultura anziché facile vino, con annessi balocchi e profumi !
Mi congratulo con lei di cuore e propongo a Cosimo che questa sua analisi rimanga sempre tra i temi fissi dei testi del blog perché qualcuno possa sempre ripassarla per farci sopra un serio pensiero. Prima di inventare nuove bevande ed etichette fantasia.
Ho apprezzato la competenza che Lei esprime nel commento. A questo proposito vorrei chiederLe un chiarimento: mi risulta che dopo gli studi effettuati il Muller T. porti i tratti genetici del Riesling e del Golden Chasla e che il Rebo sia figlio di Teroldego e Merlot. Sono forse in errore? RingraziandoLa anticipatamente l'occasione è gradita per porgere i più cordiali saluti.
…@ Claudio Valentini. Egr sig Valentini, non mi è chiarissimo se il suo commento e richiesta d'informazione sia indirizzato al sottoscritto oppure ad altri. Comunque, se si accontenta, io posso solo dirle quel poco che so:
– Rebo. Come avrà certamente letto su altre pagine di questo blog, qui riportato anche dal post del Dott Rossi oltre che dal mio commento, al momento la scienza sembra concorde nel ritenere che il Rebo sia un vitigno nato dall’incrocio Merlot X Teroldego.
– Müller-Thurgau. La storia di mia conoscenza è che il MT è un vitigno originato dall’incrocio Riesling renano X Sylvaner (o Silvaner), come sappiamo creato a Geisenheim in Germania dal Dr. Müller che era originario del canton Thurgau, Svizzera. E’ corretto quello che lei afferma cioè che, come nel caso del Rebo, recenti ricerche sul DNA abbiano evidenziato che invece del Sylvaner, il padre del MT sia lo CHASSELAS, vitigni molto comune in Svizzera. Lei ha fatto riferimento al “Golden Chasl”… probabilmente intendeva il “Golden Chasselas”… Da tener presente che quest’ultimo, anche conosciuto col nome italiano “Chasselas Dorato”, è ANCHE uno dei tanti (almeno 15) sinonimi usati per il Pinot bianco…
…che la valle dei laghi sia zona propizia all’appassimento dell’uva su graticci è cosa nota e dimostrabile con la tradizione della produzione del vino santo. Il progetto del Reboro però mi fà nascere spontanee un paio di domande. 1) Perchè il Rebo? C’è una ragione speciale per la scelta di questo vitigno per questa tecnica di produzione? 2) L’altra domanda, un pò più maliziosa, è la seguente: per quale ragione Rebo Rigotti incrociò il Merlot col Teroldego? Era solo uno dei molteplici esperimenti di un professore matto, diciamo sull’onda del dottor Victor Frankenstein, o era parte integrante di un progetto con fini chiari e ben definiti (di cui peraltro non si sa nulla)?… Mah…
Il prof. Rigotti però, era convinto di aver incrociato Merlot X Marzemino. Quindi correggo la domanda… Perché incrociare Me x Mz? Forse per dare maggior carattere al poco tannico e strutturato Marzemino?
Come per tutti gli incrociatori, gli incroci da fare erano e sono sempre centinaia. I tempi lunghi (10-20 anni) danno poi risposte positive solo nei casi dove si è centrato l'obiettivo.
Quindi la curiosità di Claudio e mia resterà insoddisfatta…
Io penso che Rigotti fosse autenticamente interessato a migliorare il profilo dei nostri autoctoni, contaminandoli con l'eleganza e la perfezione dell'internazionale Merlot.
"Autoctono" dice il Melzi "nativo del paese-aborigeno".
Si può definire così un incrocio – di vitigni non del tutto aborigeni – anche se azzeccato , dove Marzemino e Merlot sono padri di molti, penso arrivati da noi dall'Est ?
Oh divin Nosiola dimenticata e sradicata ! Dove sei ?
Anche il "Manzoni 12" (non so se il numero è giusto) allora è un autoctono perché nato a San Michele.
Ma perché ora dimora mica male in Veneto?
Certe volte queste scoperte e nuovi ceppi mi ricordano le donne con il burka, i gommoni e i nostri emigranti dell'800. Non creiamo leggende ma apriamo nuovi mercati e diffondiamo la nostra cultura e serietà.
Ma attenzione, guardiamo bene anche il prezzo finale al pubblico santo bevitore !
Perché la "nicchia" oggi funziona sempre meno quando l'azienda non possiede una struttura adeguata alla commercializzazione e immagine al di fuori dei nostri sacri e inviolabili confini territoriali.
Dimenticavo: evviva la "Schiava Gentile" Trentina, un gran bel vino che ha ceduto il passo a tanti, ma tanti Rosati italiani che forse sono meno imaginifici ma continuano – credendoci e diffondendoli.
E infatti, dopo circa 25 anni ecco che tornano i nostri Brut Rosè il che significa che forse un mercato c'è …. se non ce lo dimentichiamo e non ci mettiamo ogni tanto un po' di aziendalconcime.
Ah quanta nostalgia per la vecchia cara leggera effimera elegante Schiava Gentile di una volta (ma ora chi la produce ancora in Trentino?)
Gentile signor Giuliano, solo per precisione: i Manzoni sono nati a Conegliano.. non a San Michele. Per il resto le do ragione su tutto il fronte!
Io ricordo il prof. Manzoni che fu direttore a San Michele negli anni '60. A quello mi riferivo e al fatto che la sua barbatella la iniziò a studiare da noi.
Ma forse la memoria mi tradisce ……. Grazie Zorro !
Zorro precisa, giustamente.. Ho appena contrapposto l'Incrocio Manzoni ai peana di Parker sul Sassicaia 1985, sul sito Intravino.com
Caro Claudio, gli specialisti potranno darti risposte precise; di mio penso che abbiano usato Rebo perché c'è e c'è perché lo hanno impiantato al posto dei cosiddetti misti rossi (Schiava compresa). Sono più sicuro sulla seconda domanda: nell'immediato dopoguerra il vino era ancora alimento importante è la ricerca/sperimentazione mirava all'aumento della quantità, eliminando anche l'alternanza della produzione molto penalizzante in certe annate. Che Rebo Rigotti fosse tutt'altro che un matto è dimostrato proprio dal Reboro, al netto di tutte le altre considerazioni.
quoto Suavis: vino delizioso che non ha niente a che vedere con L'Amarone. Ma delizioso davvero.
Questo vino è delizioso: pieno, polposo eppure austero ed elegante. Trovo un po' indelicato, come ha fatto qualcuno, accostarlo all'Amarone. Prima di tutto mi insegnate voi, vengono i territori e poi i vitigni. Questo è un vino del Trentino non della Valpolicella.
Saluto l'amico Giuliano.. che la Mòira ci guidi…!
Salud, vecchio amico Pirata.
Ma di che Moira parli ?
Accenni elegantemente a questa nostra elegante e seria vita da circo ?
La Mòira greca caro Giuliano.. Malinconica, cosmopolita ed un tantino apotropàica… Un forte abbraccio..
Questo assomiglia ad una delle tante fughe in avanti di un Trentino senza regia alle spalle. Niente di più.
Signor Rossi, non trova che questo vino si collochi su una fascia di prezzo molto velleitaria per il Trentino?
Caro Zorro, ci hanno insegnato – ma non è verità assoluta – che il prezzo è il punto d'incontro fra offerta e domanda e che il prezzo è la sintesi della capacità imprenditoriale. Nel caso specifico si può dire che a fronte di una disponibilità piuttosto esigua di un prodotto all'altezza rapportato alla fascia di mercato cui si rivolge, il prezzo può essere corretto specie se mira ad interpretare l'obiettivo aziendale. Che può essere benissimo quello dì togliersi dalle fasce medio-basse di chi può fare economie di scala … scalando quote più elevate, le sole remunerative per quel tipo d'impresa. Per il Trentino poi, questa sarebbe la naturale collocazione se la politica e un certo management non avessero disposto diversamente. Stando così le cose, bisognerebbe perlomeno accettare che ci sia spazio per ambedue le opzioni e non che una prevarichi di fatto sull'altra. Io la penso così.
Caro Angelo, questa teoria su prezzo, domanda e offerta è un pò romantica. Infatti oggi si assiste ad un prezzo alto iniziale nominale e di facciata e poi a supersconti sotto banco e sotto bancone.
Aspettiamo tranquilli e vediamo : chi vivrà, vedrà e ciascuno avrà il suo sconticino che partendo dal nero e dagli omaggi raggiunge in genere dal 10% al 25% secondo il numero dei cartoni che ti metti in casa …. Sconto che poi cresce al secondo acquisto, ammesso che te li sei fatti fuori almeno trimestralmente.
Non penso che il Reboro sarà un piccolo boom per il Trentino in confronto agli altri vini rossi, spesso in sottotono commerciale – però lo auguro a tutti : francamente e onestamente. Come al solito.
Dopo il Teroldego amaronizzato di Endrici, ora il Rebo amaronizzato di Pisoni: il Veneto docet. Ma è stile veneto,appunto, non è stile Trentino.
Una grande confusione regna sotto i cieli di Trento.
Sempre puntuale e enoicaMENTE ESATTO Angelo. Mi congratulo con Stefano e Marco che da circa 20 anni si occupano di Rebo e con gli amici della Valle dei Laghi che li seguono. Cosa vogliono dire però le cassette che fanno da sfondo all'immagine, arele o raccolta amorevole ?
Ma dai Conte.. questo è tutto un palco..casete…arele….è la suggestione di un mondo antico..che piace..soprattutto a natale..come dici tu.
Perchè state sempre a criticare? Queste sono belle iniziative che vanno sostenute invece di criticarle