identita-golose-2016

[ continua ] – E passiamo al vino. Mi tocca rinunciare allo champagne, la lista d’iscrizione era già piena dal mattino, ça va sans dire. Dommage.

Mi consolo con i vini del Merano Award Selection, una selezione di etichette premiate nel 2015 con bollino Merano Wine Award.

Parto dal Trento Doc, anche perché è il primo entrando nell’area riservata ai vini premiati. Chiedo alla sommelier se è in grado di indicarmi qualche novità e mi propone il Maso Poli Riserva Trento Doc 2010.

Profumo di frutta matura e un po’ di crosta di pane, acidità non troppo elevata ma piacevole. Con i suoi 7 g/l è un brut, il classico aperitivo. 80% Chardonnay, 20% Pinot Nero, 50 mesi sui lieviti.

Seconda proposta: Letrari riserva 2009. Qui si sfonda una porta aperta, per quanto mi riguarda. Ancora frutta matura, nocciole, lieviti. Più ampio e complesso del precedente, forse più impegnativo ma comunque ancora molto piacevole.

Cembra oro rosso: mi aveva avvertito, alla sommelier, che si scendeva un pochino. Effettivamente si scende un po’ con questo metodo classico che però ha dalla sua una buona freschezza, note di agrumi e di fiori bianchi.

Uscendo dal Trento Doc, Kettmeir (Alto Adige) propone un metodo classico Brut del 2012 (50% Pinot Bianco, 40% chardonnay, 10% Pino nero) e un rosé 100% Pinot Nero. Vini delicati, equilibrati, fruttati molto facili da bere. Forse un po’ troppo delicati per il mio gusto, soprattutto il primo. Per non parlare di un metodo classico un po’ particolare, un 100% Pinot grigio prodotto per celebrare il cinquantenario di Santa Margherita (che controlla il brand alto atesinoi), che è ancora più etereo.

Tutt’altra storia il Durello di Cà d’Or, 2014 Cà d’Or Blanc de Blancs Lessini Durello DOC, Durello 100%, fruttato, agrumato, freschissimo. Più docile il metodo classico Noble Cuvee 90% Chardonnay, 10% Pinot Nero; ma anche un pochino più spento.

Casello Bondoni propone un Lugana, bianco fermo fruttato e floreale, con una leggera nota dolce e sentori di miele. Il residuo zuccherino non è elevato, dice il produttore, ma si somma alla pseudo dolcezza del fruttato. Siete avvisati.

Col Vetoraz propone un Valdobbiadene a dosaggio zero. Una vera sorpresa positiva. Note agrumate, floreali, di frutta. Anche l’extra dry presenta gli stessi aromi, è un pochino più facile da bere, ma il dosaggio zero è più convincente, almeno per me.

Bersi Serlini propone un millesimato di Chardonnay provenienti dai quattro vigneti più vecchi. Si sentono chiari e sentori di ananas e di nocciola tostata. Nonostante sia del 2011 e sia rimasto sui lieviti 48 mesi rimane ancora molto fresco. Davvero convincente.

Di fronte al banchetto di Bersi Serlini c’era Mezzocorona con l’AlpeRegis. Avendo dimostrato, con alcune linee di fascia alta, che quando vuole Mezzacorona i vini li sa fare, ho voluto provarli. Non mi sono piaciuti molto, né il millesimato né il rosé.

Finito il giro tra i vini entro nella sala blu 1. Ci sono Massimiliano e Raffaele Alajmo a parlare sul tema “Siamo quello che siamo”.

Stanno illustrando un loro piatto, la lisca fritta, costituita da una lisca di sarda trattata non so bene come e poi fritta. Passeranno di lì a poco a descrivere una mozzarella di mandorle: un dolce, una specie di pasta di torrone che forma un globo cavo. Una sfera rigida e sottile con ripieno di una crema dolce, condita alla fine con olio e basilico come se fosse una vera mozzarella.

Nel loro ristorante entrambe le pietanze sono incluse nel menu “classico”, al prezzo di € 225 a testa (ma c’è un menù degustazione che parte da € 135 per tre pietanze). I prezzi sono da intendersi vini esclusi.

A questo punto si sono fatte le 14 passate e ormai la folla è quella del sabato pomeriggio all’IKEA.

Prima di uscire mi offrono un pezzo di colomba Giotto prodotta dai detenuti del carcere di Padova, buonissima, soffice e profumata.

Identità golose, ci vedremo (forse) l’anno prossimo.