Ecco come sta andando avanti l’avventura del CAD. Ringrazio Tex e gli altri curiosi della nostra avventura. Magari un giorno ci troviamo ad assaggiare insieme se avete ancora il vostro vecchio passamontagna….
Dunque, il 12 aprile ci hanno mandato le analisi del nostro vino, che trascrivo qui di seguito:
Alcool= 12,91 %
Zucch= 0,87
Ph= 3,65
Acidità= 4,76
Volatile= 0,59
Malico= 0,00
Lattico= 1,48
So2 netta= 13/44
Sinceramente nessuno di questi dati ci dice niente, ma ci aspettavamo che fosse così.
Li abbiamo mostrati quindi a tutti quelli che potevano darci una dritta e, anche questo ce lo aspettavamo, ciascuno ci ha dato dritte diverse. La cosa ci ha messi di buon umore: nonostante tutte le tensioni e pressioni che questi nostri diari avevano causato all’inizio, in realtà tutti coloro che ne sanno qualcosa (vignaioli, eno-tecnici, cantinieri vari ecc.) ed ai quali parliamo di questa cosa ci guardano con simpatia e si propongono di aiutarci, telefonano a loro amici -credo che qualcuno abbia parlato anche con qualcun altro di S. Michele!!- insomma una gara di piccola solidarietà. O forse ci compatiscono.
In particolare il nocciolo del problema riguardava la mitica “Volatile= 0,59” che secondo alcuni andava benissimo così, e secondo altri costituiva un campanello d’allarme abbastanza grosso dato che quando arriva al valore circa di 0,7 si comincia a sentire l’aceto e dopo non c’è rimedio. Alla partenza la Volatile era 0,48
Dopo molti conciliaboli ci siamo finalmente decisi ad aggiungere un po’ di solforosa.
Un simpatico vignaiolo ci ha regalato alcune pastiglie di metabisolfito effervescente che ha il pregio di diffondersi da solo nella soluzione liquida. Questo ci pareva un gran vantaggio dato che come si ricorderà uno dei problemi del nostro vino è questa torbidità -su cui ritornerò anche dopo- che ci aveva fatti penare all’inizio.
Sennonché questa tipologia di metabisolfito effervescente non era noto ai conoscenti vari a cui ci eravamo rivolti per le dritte, quindi nessuno di noi sapeva effettivamente quanto metterne.
Alla fine abbiamo salomonicamente optato per cacciare dentro mezza pastiglia.
Questo passaggio alla chimica non è stato indolore e qualcuno di noi ha incominciato a dover abbandonare la visione bucolica e a incominciare a fare i conti con le famigerate pratiche di cantina.
Per quanto riguarda il vino lo abbiamo riassaggiato ieri sera. Il vino comprende anche la mezza pastiglia.
L’evoluzione si percepisce con chiarezza, anche perché come vino comparativo abbiamo spillato quello della stessa tipologia che stiamo tenendo in un fusto d’acciaio e che usiamo per i rabbocchi. I due vini hanno una tipologia completamente diversa: per incominciare quello in acciaio appare un pelino più brillante del vino in legno, che è ormai quasi definitivamente illimpidito, ma va detto che traguardandolo verso una luce chiara di lampadina, si intravvede ancora qualche sospensione. La cosa ci secca perché insomma pensavamo che ormai fosse a posto, invece sia pure di pochissimo è ancora un po’ velato. Comunque bando alle preoccupazioni, diciamo che è chiaramente orientato verso il chiaro e anche se restasse così andrebbe benissimo.
Il naso è davvero poco significativo. Quello in acciaio ha un sentore ancora semplicemente vinoso, mentre quello in botte ha un che di erbaceo ma non siamo sicuri. La ciliegia che sentivamo all’inizio non c’è più. Invece è comparso come un profumo di erbe generiche, non riusciamo a dire qualcosa di più specifico. Sappiamo che il vegetale non va più tanto di moda, ma così è.
Alla degustazione si percepisce, o quantomeno alcuni del CAD lo percepiscono, una nota di amaro. A questo proposito uno dei vignaioli che avevamo interpellato per chiedere consigli sulla solforosa, e che ha una bellissima cantina verso i laghi, ci ha detto che in America dove loro esportano il sentore amaro non è tollerato ed il nostro vino non incontrerebbe i favori di quel mercato. Poco male, tanto non avevamo intenzione di venderlo ai Gringos.
In bocca è un vino che piace a tutti. Uno degli amici ha detto un’enormità: che gli piace di più quello in acciaio!!!!!! Ma tutti gli altri sono in disaccordo, quello dell’acciaio è caratterizzato da una più marcata sapidità ed ha un tannino astringente. il vino in botte è più complesso e maturo. Il tannino è presente, molto più amalgamato ed addolcito rispetto a quello dell’acciaio. E’ un vino piacevole e beverino e la quantità, meno di un litro in 8, che abbiamo estratto dalla botte è letteralmente evaporata. Insomma si prova e si giudica ma il vino va giù che è un piacere.
Alla prossima…
Un gruppo di amici, ottimi degustatori, questa volta si è cimentato con le tecniche di produzione e ha creato il suo vino. Un viaggio che loro raccontano così…
Bentornati Caneva Boys!
Per l'occasione indosseremo un banale berretto anziché il passamontagna….ammesso che, a forza di assaggi, vi rimanga qualche cosa.
Ma no ne abbiamo per tutti anche perché la barrique assorbe molto meno rispetto all'inizio.