Mentre aspettiamo trepidanti l’apertura della 79° Mostra dei Vini del Trentino (19 – 22 maggio) e ci prepariamo alla cena di venerdì con le specialità delle foreste sempre verdi di Valfloriana, proviamo a dare uno sguardo all’andamento, negli ultimi anni (2008 – 2014), dei cosiddetti vini più rappresentativi della tradizione enologica del Trentino. Limitando lo sguardo agli autoctoni (Marzemino, Nosiola, Teroldego), alle doc a base dell’autoctono Schiava (Casteller e Caldaro) e al Mueller Thurgau, che autoctono non è, ma che le istituzioni vinicole trentine qualificano con l’aggettivo “distintivo”. A questi, per pura curiosità visti i volumi quasi insignificanti, si è aggiunto anche il Vino Santo, frutto di una tecnica di lavorazione tradizionale e originale della Valle dei Laghi, da uve base Nosiola.
Come siamo messi? Male, a guardare il trend dei numeri. Nel lasso di tempo considerato il Marzemino ha perduto per strada oltre un milione di bottiglie. Il salasso ha riguardato sia la tipologia base sia il Superiore. Sostanzialmente stabile, ma in flessione anche il distintivo Mueller, per il quale il nuovo disciplinare ha riservato la qualificazione della sottozona di Cembra. Le cose non vanno bene nemmeno per il Teroldego Rotaliano, che perde inaspettatamente circa un milione e mezzo di bottiglie. E tuttavia, e questo può offrire una chiave di lettura, si osserva una ristrutturazione della denominazione che premia la punta della denominazione, il Superiore. Pur perdendo, quindi, significativamente in volumi unitari, il Teroldego guadagna sotto il profilo del valore e della qualità. Male, anzi malissimo per le due piccole DOC del Caldaro e del Casteller (base Schiava), ormai ridotte ad uno spettro enologico, che aspetta solo di essere definitivamente archiviato. Positiva evoluzione, pur dentro una dimensione di volumi poco significativa, invece, per l’unico bianco autoctono trentino, il Nosiola, sia nella versione “semplice” che in quella di Vino Santo.
I vini rappresentativi del Trentino, quindi, sono tutti qui, in queste dieci milioni di bottiglie. Che rappresentano meno del dieci per cento della produzione enologica complessiva del Trentino, che lo scorso anno, se si prende come unità la bottiglia da 0,75 Cl, si è attestata attorno ai 115 milioni di pezzi. In aggiunta, un’ulteriore nota. Ad eccezione della denominazione rotaliana, lo strumento della qualificazione “Superiore” sembra non aver funzionato, né per il Marzemino – per il quale non ha funzionato nemmeno l’idea delle due sottozone -, né per il Mueller. E forse anche questo dovrebbe sollecitare l’urgenza di un dibattito aperto sugli strumenti di protezione e valorizzazione territoriale per il futuro.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Buongiorno, ho un piccolo appunto da fare, se anche qui si dimenticano certi vitigni, come si può pretendere che altri se ne ricordino, parlo dell'Enantio, autoctono come e forse più di altri.
Ciao Sandro, no: non ci siamo dimenticato dell'Enantio (e del Casetta). Ci mancherebbe.
Il fatto è che queste due varietà per fortuna hanno un disciplinare loro e soprattutto un loro consorzio e un loro ente di controllo….che non è quello del Trentino. Mentre questi sono stati desunti da un documento della camera di commercio di trento, che appunto fa da cotrollore a consorzio vini del trentini. Ma non a TerradeiForti. Appena recupereremo, pubblicheremo anche quei dati. Anche se temo non siano confortanti.
Buongiorno, molto interessanti i dati inseriti da Ghino, peraltro nella mia zona i punti vendita interpellati dicono che L'enantio nello specifico, è vino da non far mai mancare in esposizione, ma la mia provocazione andava oltre e non considerava le mere questioni organizzative e amministrative, del mondo vino.
Facevo osservare come si sia dimenticato completamente un autoctono Trentino, e questo aldilà di numeri e statistiche di vendita, o di consorzi di riferimento.
Sandro, senza modestia e senza velleità so di essere stato, e di essere, tra i pochi in Trentino ad aver tenuta alta l'attenzione sull'Enantio.
L'attuale presidente del consorzio Terradeiforti, Sandro Borghetti, credo me ne possa dare atto,
Il fatto che non sia stato inserito in questa tabella, dipende dal fatto che Enantio e Casetta non sono di competenza di Consorzio Vini del Trentino. Per fortuna. E nel mondo del vino denominazioni, consorzi ed enti di controllo contano più del vino stesso. Quindi non sono aspetti irrilevanti. Anzi sono questioni decisive.
Nel post successivo i numeri ci sono e, come vedi anche tu, non sono incoraggianti. Evidenziano che le giacenze equivalgono a poco meno di 4 mila ettolitri a fronte di 400 ettolitri di imbottigliato. Numeri che raccontano di un precipizio continuativo e inarrestabile. Che poi i punti vendita raccontino che l'Enantio è il principe delle loro vetrine, ci credo.
Ma comprenderai anche tu che se questi numeri sono verosimili, e lo sono perché certificati da un serio ente di certificazione terzo -soprattutto terzo -, significa che nessuno ci crede veramente. A parte me e te.