Caro Angelo, te la dico tutta: io mi sono rotto il cazzo. Perdonami l’espressione. Ma me lo sono proprio rotto. Leggo, fra i commenti di ieri, del tuo inguaribile ottimismo. Un po’ te lo invidio. Invidio questa tua felice capacità di percepire sempre la rivoluzione dietro l’angolo. Ma il fatto è, Angelo, che la rivoluzione non arriva mai. La Fortezza Bastiani, vero, è in fermento. Ma i tartari non si scorgono all’orizzonte.

Torniamo a Mostra Vini del Trentino. Da quanto tempo, io e te e pochi altri, ne critichiamo l’impianto (fragile), gli obiettivi (che non ci sono), il pressapochismo organizzativo? Lo facciamo da prima della nascita di questo blog. Due anni fa, ricordi, insieme a qualche altro disperato come noi, con quattro soldi raccolti all’ultimo momento fra un paio di generosi benefattori privati, organizzammo una Mostra alternativa al Muse: Trentinovino Anteprima. Mentre contemporaneamente, dall’altra parte della città, quattro gatti incontravano quattro enotecari. Fu la prova, provata, perché declinata nel concreto, che si possono fare cose utili e con un qualche costrutto. Ma la nostra lezione rimase inascoltata. Del tutto. Lo scorso anno Mostra Vini saltò, sostituita da un improbabile Festival del Vino. Quest’anno, quella roba lì che abbiamo visto nei giorni scorsi. Gastronomia della Valfloriana included. Ieri le istituzioni ci hanno ammannito numeri rassicuranti: 1700 partecipanti e 5000 degustazioni. E la fiera è finita lì. In attesa del prossimo anno, che speriamo non abbia a venire.

Ma questa è la mia opinione. Forse anche la tua. E poi? Poi chi altri la pensa come noi? Cosa rappresentiamo, io e te, Angelo? Se dietro di noi non c’è un esercito? Se davanti a noi non c’è un generale? Ho la sensazione, caro Angelo, che si sia noi quelli che sbagliano tutto. E credo che se ne debba onestamente prendere atto. I produttori, grandi e piccoli, belli e brutti, stanno tutti da un’altra parte. Dalla parte delle istituzioni, grandi e piccole, belle e brutte. E noi due assomigliamo sempre più a due emarginati che hanno perduto il rapporto con la realtà.
Perché la realtà, caro Angelo, è palazzo Roccabruna. Con i suoi spensierati abitatori, con le sue felici liturgie, con le sue dolci spensieratezze, con le sue imbalsamate confraternite. Noi siamo pura astrazione. Siamo un inconcludente esercizio hegeliano. E io mi sento stanco. E mi sono rotto il cazzo. Prendiamone atto. Magari insieme.