Avevo temuto il peggio, andando a Milano Golosa, nel vedere la lunga lista di conferenzieri vegetariani, sinergici, gluten free, brucatori di erbe selvatiche: tant’è che mi ero portato dietro il libro “Il Filetto” del mio amico Daniele Rubini, dalla bella copertina bordò, da usare come gagliardetto in caso di necessità.

Invece, mi sono trovato di fronte a una manifestazione simpatica, molto accogliente, affollata ma non soffocante, con tantissimi prodotti di vario genere.

È organizzata da Davide Paolini, che presenta il suo libro “il crepuscolo degli chef”: ma non sono riuscito a incontrarlo.

Tornando alla manifestazione, c’erano sì i grani antichi, i vini biologici, le spezie; ma c’erano anche i salumi, il salmone, il cioccolato, il caffè, i tartufi e tante altre cose, per l’appunto, golose.

img_20161015_161149C’erano perfino due stand dal Trentino: il salumificio Parisi di Bleggio Superiore e la macelleria “dal Massimo Goloso” di Predaia, con ottimi salumi.

Vino? No. Nessun vino dal Trentino. Cavit, Mezzacorona? Niente. Cantine sociali, vignaioli? Nulla. Si vede che siamo ai margini dell’impero asburgico e Milano è una piazza secondaria.

C’era invece una cantina dell’Alto Adige, la Arunda, che peraltro avevo incontrato tempo fa a una presentazione dei vini dell’Alto Adige e che produce a 1300 metri s.l.m. degli ottimi metodi classici, tra cui notevole la cuvée Marianna. Ampio ma non pomposo, qualche nota floreale e di frutti esotici, molto bevibile.

Tra i vini segnalo anche l’ottimo Franciacorta “Lucrezia etichetta nera” di Castello Bonomi, minerale e agrumato e il magnifico “il Mattaglio” dosaggio zero della Cantina della Volta di Christian Bellei, a Bomporto, in provincia di Modena. Morbido ed elegante, la pseudodolcezza data dal fruttato fa sì che non sembri un dosaggio zero, ha profumi di frutti bianchi e una buona mineralità.

Mi hanno impressionato poi i salumi di Bacalini, quelli di Villani, quelli di Parma & Co., quelli di Graziano Casa …

Sempre restando a Parma (a Parma!) spettacolare il salmone di Upstream, pescato al largo delle isole FarOer e poi trattato e affumicato in Irlanda da un imprenditore di Parma. A Milano si può trovare da Santé.

Poi, il caffè distillato a freddo della torrefazione Dubbini di Padova.

Particolarmente interessante notare il fatto che oramai i panettoni vengono prodotti ovunque in Italia, e tutti con risultati strepitosi: la Bonfissuto li produce a Canicattì, con creme di pistacchi, di mandorle dalla Valle dei Templi, di cioccolato di Modica; Gabriele Ciacci li produce a Poggibonsi con grani antichi; Saporé a San Martino Buon Albergo produce un panettone dalla pasta giallissima, data dalle uova di galline allevate a terra.

Le mostarde di Emilio Stroppa mantengono un sorprendente sapore di frutta, che in quelle industriali è andato perduto. Ho assaggiato quella di albicocche e quella di castagne.

È bella anche l’accoglienza dei produttori, che ti offrono di assaggiare i loro prodotti senza aver l’aria di voler venderti per forza qualcosa. Tutti, tranne un banco di importatori di vini francesi, che ti vendono un bicchiere a 2, 3 o 4 euro a seconda del vino. Bravi i francesi che riescono a farsi pagare sempre più di noi: ma tenetevi i vostri vini, questa non è una mescita. Salut.

A latere di questo evento, già di per sé molto ricco, le masterclass sui vini organizzate da WineMI con la collaborazione dei sommelier della FISAR. Io ho partecipato alla verticale del Brunello di Montalcino “Poggio al Vento” di Col d’Orcia  e alla degustazione degli champagne Thienot.

Il Brunello “Poggio Al Vento” non viene prodotto in tutte le annate, solo in quelle particolarmente promettenti.

Il 2010 proviene da un’annata che secondo i produttori di Montalcino è a cinque stelle. Al naso c’è un primo sentore quasi mentolato, come di eucalipto. Poi, sentori di frutti rossi giovani. In bocca il tannino è potente ma setoso; si sente una certa acidità. È ancora giovane, per essere un Brunello: ma se ne può riparlare tra un 25-30 anni…

Il 2008 proviene da un’annata meno eccezionale, a quattro stelle, ha una freschezza e una civiltà più contenuta. Si sente la prugna e la ciliegia più matura. Il tannino e più setoso e l’acidità è più contenuta.

L’annata 2001 è stata segnata da una gelata tardiva. Il vino ha un colore aranciato ma è ancora luminoso. Permane il sentore di frutti rossi, freschi. L’ingresso in bocca è morbido, la sensazione è di un vino quasi masticabile.

Il 1995 è stata di nuovo un’annata a cinque stelle. Il vino è incredibilmente più scuro del precedente, ha sentori di sottobosco, di frutti maturi. È di nuovo “masticabile” ma cambia la corposità rispetto al precedente. Cambia anche il tannino che lascia una sensazione (piacevole) quasi di polverosità sulla lingua.

Lo champagne Thienot è prodotto dalla famiglia Thienot, una delle 20 famiglie più ricche di Francia, che produce anche altre marche di champagne. Per produrre lo champagne con il marchio Thienot vengono selezionate le uve migliori, non in tutte le annate. Thienot ha come guida quelle che lui chiama le 3F, che sono: freschezza, finezza, frutto.

Contrariamente a quanto è avvenuto per il Brunello, qui non ci sono i sommelier a illustrare i vini e un po’ ne sento la mancanza. Comunque: faccio affidamento a quel che dice il distributore, ma soprattutto a me stesso.

Il Brut è molto elegante, bevibile, fruttato con leggeri sentori di miele e piacevolmente fresco.

Il Brut rosé, con Pinot nero e Pinot meunier, introduce qualche sentore di piccoli frutti rossi, un po’ di mineralità. Anche qui, ci troviamo con una buona freschezza sul finale.

Il Vintage 2008 ha un naso più complesso, con note di pane e mandorle tostate. Mantiene comunque una buona freschezza e una grande bevibilità.

La Cuvée Stanislas 2006 è ancora più ricca al naso ma non pesante, con sentori agrumati, lievi note di frutta gialla, di mandorle. Anche in bocca mantiene le promesse, rotondo ma ancora fresco.

Mentre scrivo, Milano Golosa sta continuando.