La tecnologia non sbaglia.
Inserendo infatti la chiave di ricerca “Michele Morgante” nel mio Google Allert appena viene pubblicato in Internet un articolo o un video con riferimento a questo nome questo, viene subito segnalato, basta solo cliccarci sopra ed et voilà.
Troppo bello!
E così anche questa volta il video con Morgante è servito:
https://www.youtube.com/watch?v=H_VT6l-4qr8&feature=em-uploademail&app=desktop
Ascoltando però il professore questa volta sono rimasto un tantino deluso da quello che dice, per almeno per due motivi.
Il primo è che come spiega bene il professore la cisgenesi e il genome editing sono, purtroppo, per la Commissione Europea, al momento in una sorta di limbo normativo, quindi per chi come il sottoscritto spera molto in queste tecniche, si può tranquillamente dire che abbiamo passato praticamente un anno inutilmente, immagino che dietro ci siano grossi interessi che bloccano il tutto.
Il secondo motivo di delusione arriva quando Morgante parla di nuove varietà interessanti di viti resistenti alla peronospora e ad altre crittogame, ottenute tramite metodo tradizionale e cioè con l’incrocio. Curioso che ad un certo punto in risposta alla domanda rivoltagli per sapere a che punto è la diffusione di queste varietà resistenti in Italia il professore risponda che finora solo il Friuli e il Veneto hanno iscritto nel proprio registro di vitigni autorizzati queste nuove varietà.
Ma come? Sarà vero? E il Trentino e l’Alto Adige e la Lombardia?
Ed allora mi permetto di girare la domanda al nostro Assessore per sapere, se avrà la gentilezza di rispondere, è vero quello che afferma il professor Morgante? Come è la situazione in Trentino? E quali sono le prospettive?
Grazie per l’eventuale risposta.
Viticoltore innamorato del mio lavoro, della Cooperazione Trentina e dell’Economia di Comunione. Non ho particolari talenti sono solo appassionatamente curioso.
Se non ho capito male il professore alludeva a due varietà resistenti sviluppate dall'Università di Udine e registrate nel 2015.
Detto questo, la normativa trentina ha il freno a mano tirato sull'introduzione delle varietà resistenti. Per esempio non è stato ammesso alcun vitigno resistente a bacca rossa, nonostante alcuni di essi siano stati iscritti nel registro nazionale ancora nel 2013.