Ma se alla domanda “Lei cosa pensa della forza di gravità?”, un astronauta rispondesse: “Non so, non è un mio problema”, voi cosa pensereste? Io penserei che il sedicente astronauta non è un astronauta. O che l’astronauta non sta tanto bene. Di testa.
Ed è quello che ho pensato oggi leggendo le dichiarazioni del presidente della Strada del Vino e dei Sapori, Francesco Antoniolli, rilasciate al quoidiano on line Il Dolomiti. Alla domanda del giornalista che osserva “aggiungiamo anche un altro argomento di dibattito: il Doc delle Nuove Venezie e le coltivazioni di pinot grigio che si intensificheranno anche qui in Trentino”, il presidente sulle nuvole risponde: “… Non entro nel merito del Doc delle Nuove Venezie, in quanto queste sono valutazioni e dinamiche prettamente commerciali che spettano alle aziende stesse e al Consorzio dei Vini”.
Che il trasferimento della promozione territoriale dal Consorzio alla Strada, con la complicità dolosa e irresponsabile dell’assessorato all’Agricoltura della Provincia di Trento, fosse un errore madornale, concettuale ancora prima che pratico, lo avevo già scritto e non c’era bisogno di rimarcarlo. Ma, casomai qualcuno non lo avesse ancora capito, a certificarlo, oggi, ci ha pensato il presidente Antoniolli. Che ha dichiarato urbi et orbi ciò che noi tutti già sospettavamo: che l’ente che lui presiede si interessa esclusivamente di farfalle e di castagnate e, per vocazione genetica e scelta politica, non si occupa né di denominazioni né di disciplinari di produzione. Come il sedicente astronauta che non vuole sapere cosa sia la forza di gravità. Per paura di cadere. Di sotto.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
sto col presidente Antonioli cosa dobbiamo promuovere un vino con 150qli + 30 di supero…..ma per favore.Dove sta la storia nei nuovi inpianti di grigio di H1 .
Approfitto dei vostri commenti, Angelo e Stefano, per chiarire il mio pensiero. Che nel post non sono riuscito a sviluppare in maniera comprensibile, se è vero, come è vero, che oggi ho ricevuti in privato numerosi messaggi di rigoroso dissenso e di severa disapprovazione anche da parte di pareccchi amici.
Da questa intervista, Angelo e Stefano, purtroppo non mi pare si deduca che nell'aria c'è un'ambizione di riforma come quella a cui voi alludete. C'è invece la reiterazione dell'errore concettuale – lo chiamo errore concettuale, ma sono convinto si tratti di altro: una scelta politica utile agli industriali ma dannosa alla reputazione del territorio e agli interessi generali del Trentino -, l'errore concettuale di separare la produzione e la tutela dalla promozione. Sostengo che è un errore concettuale, perché il vino – quello territoriale ma anche quello industriale – nasce dentro il crogiuolo delle denominazioni e dei disciplinari, che sono la sintesi dinamica di un'analisi culturale, economica, sociale e colturale di un terrritorio e delle sue aspettative. Li si definice il vino e da li ne dovrebbe discendere la definizione di un piano promozionale complessivo e organico. Che stabilisca cosa promuovere, dove promuovere e a chi rivolgere la promozione. E la cui regia non può, e non deve, stare altrove rispetto alla tutela. Se le due cose si separano, come si è fatto in Trentino dalla fine degli anni Novanta in poi, prima delegando la promozione a Trentino Marketing – Progetto Vino, Trentodoc e tutto il resto – e oggi trasferendola alla Strada, il pasticcio funesto è assicurato.
E non sto ragionando sulla base di ipotesi futuribili o di previsioni (pessimistiche), ma sulla base dell’analisi dei processi reali che hanno attraversato il Trentino negli ultimi 15 anni. E questo non c'entra con il ruolo della strada della vino – che apprezzo – e del suo presidente – che stimo -, che giustamente e comprensibilmente si disinteressa di denominazioni e di pinot grigio – quindi di produzione e di tutela -, ma che proprio per questo è un soggetto – la strada – inidonea a condurre la regia della promozione enologica. Azione che in ogni distretto vinicolo che si rispetti, vicino e lontano, viene agito dai consorzi in continuità e coerenze con le attività di tutela (disciplinari). Mentre le strade agiscono attività accessorie e di raccordo con la complessità territoriale. Sono compiti e funzioni altrettanto importanti, ma differenti.
Per evitare di apparire astratto, provo a fare qualche esempio. Chi decide se promuovere il Mueller o il Cembra o il Sorni (sottozone della doc Trentino)? La strada del vino è in grado di sviluppare un’analisi e un ragionamento coerente con gli obiettivi di consorzio rispetto a questo tema. Nel comunicato stampa di qualche settimana fa, quello dall’adunta lavisana, ho letto che si parla ancora di rassegna dei mueller, e poi di Marzemino e poi di Vino Santo e di Mozart, etc etc. Ma il Trentino ha ancora interesse a presentarsi all’esterno in questo modo? E a promuovere mille varietà? O piuttosto deve concentrarsi sulla promozione dei territori? Ecco questi ragionamenti li deve fare la Strada o il Consorzio? Io credo che queste scelte siano esclusivamente pertinenti all’ente consortile.
Poi è chiaro che bisogna fare i conti con la realtà: in Trentino il Consorzio da molti anni ha rinunziato a svolgere un’azione dignitossa sul terreno della promozione – del resto basta dare un’occhiata alla web site -, limitandosi ad un impegno esclusivo sul fronte internazionale (vinitaly e prowein) utile a chi agisce quotidianamente i mercati internazionali delle gdo, ma poco significativo dal punto di vista dell’interesse generale del territorio e della sua reputazione.
La scelta politica adottata alla fine di anni Novanta nasceva da questa impostazione. Ora la si è reiterata e si è reiterato l’errore di fondo: sono mancati allora, e mancano ora, una politica, e un politico, capaci di alzare la voce e di costringere Consorzio a rientrare nei ranghi e ad assumersi le sue responsabilità istituzionali e statutarie. Quelle suggerite dal buon senso. E stabilite dall’ordinamento generale dell’istituto consortile. Purtroppo la realtà è questa e così spiega anche questa nuova – vecchia stagione che vedrà la promozione enologica affidata alla Strada in discontinuità con la produzione e con la tutela.
Avanti così.
È proprio vero, a ognuno il suo mestiere. Cosimo, da buon comunicatore, è riuscito a spiegare bene lo stato dell'arte in modo che possano capire anche i non addetti ai lavori. Non c'è contraddizione con ciò che ho sostenuto io in dieci righe, andando anche a cercare il bandolo della matassa, ossia il bisogno di rifondare il Consorzio. Altrimenti non se ne esce e sul terreno – per continuare con le metafore – continuerà a giacere il cadavere del territorio. A comprova di ciò, completando il riferimento a Vinitaly e Prowein, è il caso di ricordare che anche le piccole aziende che vi partecipano puntano tutto sul proprio brand perché il Trentino di Qualità (nostro cognome) non ha più immagine o ha quella industriale. E questo è un peccato, perché una cosa non esclude l'altra.
Caro il mio Angelo (Salvatore)…. temo che ci si capisca solo io e te. E pochi altri: anche oggi ho ricevute molte critiche e tanti rimproveri, anche da amici, per queste venti righe. Ora ci riprovo. A spiegarmi. Con un altro post. E se non ci riesco, mi ritiro in buon ordine con a fianco una bottiglia di Cardenal Mendoza.
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Cardenal = Chiesa.. Hai visto mai..? Magari la promessa di un nuovo Concilio.. Usato sicuro..
File Allegato
Sto con Stefano Ferroni aggiungendo che dopo la separazione, e prima di cercare un nuovo Presidente per il Consorzio Vini, sarebbe cosa buona e giusta creare un gruppo di lavoro (tutt'altro che inutile) per analizzare le cause dell'impasse che lì perdura da anni, per arrivare ad uno Statuto interprofessionale e paritetico fra commercio-industria e produttori singoli-associati di primo grado. Il CdA che ne uscirebbe potrebbe serenamente darsi un piano di medio-lungo periodo articolato su tutela e valorizzazione (senza tanti spezzettamenti).
La guerra, mutuando George Clemenceau, è cosa troppo seria per lasciarla in mano ai militari, per cui ognuno faccia il proprio mestiere e si assuma la responsabilità di competenza. Cose trite e ritrite, ma evidentemente il divide et impera fa comodo a tutti e allora ci risparmino almeno le altre puntate della telenovela.
Se fosse il segnale di un divorzio tra il vino industriale e il vino territoriale, forse non sarebbe neanche tanto deleteria questa distrazione …
Se fosse per me, tutti questi enti inutili li abolirei, ma mi rendo conto che se si vuole combinare qualcosa di buono, bisogna essere un po' democristiani. Antonioli è in buona fede, non gli viene nulla in tasca, il suo obiettivo è creare sinergie cercando di unire le varie anime di questo disunito trentino. Le Doc, non solo in trentino ma in tutta Italia sono ridicole, non rappresentano la qualità e tantomeno l'identità, non è come in Francia, dove la AOC sono sinonimo di qualità. Basta pensare che da noi abbiamo ancora il Casteler Doc con un disciplinare che prevede una produzione per ettaro di 160quintali. Questa è una mancanza tutta Italiana, ma ci rendiamo conto che il Prosecco è una Docg?! Allora di cosa stiamo parliamo. Forse è meglio fare un progetto sinergico per promuovere le eccellenze trentine, piuttosto che combattere contro i mulini a vento.
Grazie Max …
qui ho provato a chiarire meglio il mio pensiero. se vi interessa. http://www.trentinowine.info/2017/01/lastronauta-…