Sembra che ci attendano un paio di giovedì speciali in queste ultime settimane di quaresima. Oltre all’incontro in calendario il prossimo 6 aprile, dopodomani (giovedì 30 marzo) a San Michele all’Adige la FEM – Fondazione Edmund Mach ha convocoato un incontro che non esito a definire storico: si parlerà di VITICOLTURA 4.0 e delle novità in arrivo in materia di genoma della vite.
L’argomento Genome Editing è di quelli tosti, ne avevamo già parlato a lungo tempo fa su queste pagine, ma, attenzione, è un argomento delicato, che divide, come parlare di OGM. Roba che spacca!
Da una parte quelli che mettono in guardia dai pericoli dell’inesistente fragola-pesce o che s’inventano decine di morti causate da un fantomatico pomodoro-pesce, che si fanno impressionare dall’aura orientale di Vandana Shiva, che diffonde bufale sui suicidi dei contadini causati dagli Ogm, o che si lasciano affascinare dall’aria paesana di Carlin Petrini che vorrebbe riportarci a fare i contadini come una volta, alla famosa agricoltura nostalgica, quella dell’epoca d’oro dove tutti morivano di fame e si spaccavano la schiena ma erano così felici da morire giovani… . Dall’altra, invece, ci sono persone che conoscono realmente le biotecnologie, che hanno approfondito questa materia complessa e che hanno la capacità di spiegarla. L’unico problema è che persone con un identikit del genere non sono molte e soprattutto difficilmente vengono invitate a parlare nelle trasmissioni di approfondimento.
Una di esse è Anna Meldolesi, giornalista scientifica del Corriere della Sera, da anni impegnata a raccontare il mondo delle biotecnologie e che ha appena pubblicato “E l’uomo creò l’uomo” (Bollati Boringhieri), un libro divulgativo sull’ultima frontiera del biotech, l’editing del genoma.
Oggi secondo Anna Meldolesi si tende a confondere l’agricoltura con la natura, ma in realtà niente di tutto ciò che mangiamo sarebbe naturale. A parte qualche bacca o frutto selvatico, niente di tutto quello che troviamo al banco del mercato o sugli scaffali del supermercato esisteva in natura.
Tutto ciò che viene coltivato è stato manipolato dall’uomo, attraverso una serie di tecniche sempre più raffinate, dalla selezione casuale di varietà migliori che si sono modificate spontaneamente agli incroci, passando per la mutagenesi indotta da sostanze chimiche o dalle radiazioni (pratiche che noi riteniamo tradizionali), fino ai cosiddetti Organismi geneticamente modificati, frutto dell’inserimento di uno specifico gene all’interno del genoma di un altro organismo.
Il genome editing va visto in continuità con questo progresso continuo nella ricerca di tecniche per il miglioramento genetico, ma è anche un salto, una specie di “rivoluzione” perché permette di modificare il Dna in maniera precisa, puntuale e, a differenza della tecnica cosiddetta Ogm, senza lasciare traccia. Detto in parole più semplici, se gli Ogm nascevano come un collage, ritagliando una parola da un testo e aggiungendolo a un altro, il “genome editing” funziona come un testo elettronico: “La similitudine è con i sistemi editoriali – spiega sempre la Meldolesi – la tecnica può essere considerata come l’equivalente molecolare della funzione ‘trova e sostituisci’ di Word, da utilizzare per introdurre cambiamenti mirati come se stessimo correggendo i refusi di un testo scritto al computer”. In pratica consente di correggere “refusi” genetici senza lasciare tracce: “Il cambiamento è molto circoscritto e avviene senza l’introduzione di elementi estranei al genoma, perciò il risultato è una pianta che non può essere considerata transgenica”.
Ma oltre che scientifica, per l’infinità di applicazioni in campo medico e sanitario, quella del “genome editing” è anche una rivoluzione dal punto di vista legislativo, visto che i suoi prodotti non possono essere considerati Ogm. Che cos’è infatti un Ogm? Non è un concetto scientifico ma, parafrasando Vujadin Boskov, Dario Bressanini e Beatrice Mautino spiegano nel libro “Contro natura” che “Ogm è quando il legislatore fischia”. E secondo la direttiva europea che stabilisce quali sono le tecniche che danno origine a un Ogm, non compare il “genome editing”.
Ciò vuol dire che la nuova tecnica aggirerebbe dal punto di vista legale gli stupidi divieti, anche sulla ricerca, sugli Ogm imposti dal nostro Paese, e dal punto di vista scientifico che ci saranno più possibilità di proteggere la tradizione attraverso l’innovazione. “E’ importante considerare che per coltivazioni tipiche dell’agricoltura italiana, come ad esempio vite, olivo, agrumi, il normale incrocio distruggerebbe l’identità legale della varietà, un problema che l’editing genomico può evitare”.
E così ciò che fino all’anno scorso sembrava pura utopia oggi, da quello che riporta il quotidiano L’Adige di domenica, sembra fattibile, sembra veramente alla nostra portata.
Di cosa si discuta esattamente giovedì a San Michele non si sa, l’articolo dell’Adige parla di costruire nuove varietà e di rendere quelle vecchie più resistenti, non si capisce bene: speriamo!
Speriamo che questa accelerazione improvvisa su questo ambizioso progetto non sia dettato dall’interrogazione della Senatrice Elena Cattaneo presentata al Ministro dell’economia e delle finanze sul progetto Human Technopole e i relativi finanziamenti sospetti. Speriamo proprio… l’Italia e noi agricoltori abbiamo già perso il treno degli Ogm, non possiamo lasciarci sfuggire anche questo.
Viticoltore innamorato del mio lavoro, della Cooperazione Trentina e dell’Economia di Comunione. Non ho particolari talenti sono solo appassionatamente curioso.