“Il castello di Novara? Ma se è tutto un rudere!”. L’amica novarese era perplessa. I ruderi ci sono, è vero, ma un’ala del castello è stata ristrutturata. Qui si è tenuta, si sta ancora tenendo mentre scrivo, la manifestazione Taste Alto Piemonte. La latitudine dell’alto Piemonte è pressappoco quella del Trentino, le Alpi sono le stesse, ma qui i terreni sono diversi, arriva il vento dal Monte Rosa e la fa da padrone il Nebbiolo, detto anche localmente Spanna.
Sono Nebbiolo che, nella percezione comune, sono un po’ come dei fratelli minori rispetto ai più blasonati e più noti Barolo e Barbaresco, ma sono in grado di esprimere delle vere eccellenze.
Interessante vedere come queste uve, che classicamente producono vini rossi, vengano ora impiegate anche per produrre dei rosati e dei metodi classici, assolutamente interessanti. Un altro motivo di interesse è che molti produttori hanno portato i vini appena immessi in commercio, oltre alle annate meno recenti.
Partiamo con la Cantina Delsignore che propone, tra le altre cose, un interessante rosé brut, metodo classico. È un nebbiolo color buccia di cipolla, colore derivante da un breve contatto con le bucce in fase di spremitura e soprattutto dalla liqueur d’expedition a base di nebbiolo. Perlage sottile e persistente. Al naso mirtillo e fragoline di bosco, lieviti, emerge netta al gusto la punta di dolce, nonostante si tratti solo di un extra brut. Buona persistenza.
Il Coste della Sesia 2014, rosso rubino con profumi floreali e di piccoli frutti è sapido, rotondo, fresco.
Il Gattinara 2011 presenta note di viola e lamponi, è sapido; pronto, ma qualcuno potrebbe dire giovane, può essere invecchiato ancora a lungo.
L’azienda Ca’ Nova propone, tra gli altri, un rosato. Le annate 2015 e 2016 sono completamente diverse. Sottile e leggero il 2015, con poche note fruttate e non molta persistenza. Più complesso il 2016 con una ricca componente fruttata, frutta gialla matura e perfino pera matura.
Il Ghemme 2009 fa tre anni in botte grande, è di colore granato, intenso con note di marasche e viole; il legno si avverte ma non è affatto invasivo; in bocca presenta un bel tannino. La sapidità è molto evidente ed è una nota comune ai Ghemme: la proprietaria dell’azienda racconta di aver fatto fare degli scavi nel vigneto arrivando fino allo strato di porfido, che le radici delle viti riuscivano anche a perforare e a trarre minerali, che poi si ritrovano nei vini.
Il Vigna San Quirico riserva 2010, rubino con riflessi granato, presenta note terziarie di cuoio, caffè e tabacco. È fresco vivo, sapido e tannico al gusto: pronto, forse ancora un po’ giovane, richiede ancora qualche anno di affinamento in bottiglia.
Il Podere ai Valloni propone il Gratus, un Colline Novaresi Nebbiolo 2014. Frutta rossa, poco legno (si affina in barriques di terzo passaggio), pepe. Si tratta di un vino biologico, in una zona dove per via del vento non c’è il pericolo della botrite ma, sempre per via del vento, l’uso degli anticrittogamici di copertura è faticoso.
Poi, Vigna Cristiana Boca 2010 e 2009. Nebbiolo 70%, Vespolina 20%, Uva Rara 10%. Il 2010 deve ancora un po’ aprirsi, il 2009 è un bel vino più complesso, ha un fruttato più in evidenza, addirittura con sentori di pompelmo, non tipici del Boca. Di corpo, caldo, rotondo, leggermente sapido e giustamente tannico.
Pietro Cassina di Lessona propone un bel Metodo Classico da uve Erbaluce, che non si può chiamare Erbaluce, 36 mesi sui lieviti, sentori di frutta gialla sciroppata e mela golden, brut con 4 g/l di residuo zuccherino.
Poi un altro “Erbaluce-non Erbaluce”, questa volta fermo. Al naso pietra focaia, fiori bianchi. In bocca è fresco e persistente.
Il Rosato Coste della Sesia 2015 è ottenuto da Nebbiolo vendemmiato leggermente in anticipo. Ha note floreali e di frutta matura, quasi tendenti al miele.
Il Téra Russa (“terra rossa”) è una Vespolina in purezza. Pepe e spezie al naso, tipici del vitigno; in bocca giustamente tannico e fresco.
Particolarissimo il Don Renzo, ottenuto da Nebbiolo appassito in fruttaio. Balsamico, con sentori di frutta secca, molto intenso. Dolce ma sostenuto da una bella spalla acida.
Molti altri produttori presenti; e poi prodotti del territorio: ottimi i formaggi dell’Alpe Crampiolo, in cima alla Val d’Ossola.
Erano mesi che venivo descritto da un Lorem Ipsum e non mi decidevo mai a cambiarlo. Un po’ per pigrizia, ma anche perché mi piaceva che a descrivermi fosse un nonsense poetico, che parlava di un luogo remoto, lontano dalle terre di Vocalia e Consonantia … oggi però sento che è venuto il momento.
Lombardo di nascita e residenza, trentino di origine e di cuore, qualche affetto mi lega anche al Piemonte. Di mestiere faccio altro, il consulente di ICT Management; fino a non molto tempo fa il vino lo ho frequentato solo dall’orlo del bicchiere.
Conosco Cosimo Piovasco di Rondò da quando eravamo bambini; un giorno ho cominciato a scrivere su Trentinowine, per gioco, su suo suggerimento, e per gioco continuo a farlo. Seguo il corso di sommelier della FISAR Milano, divertendomi un sacco.
Più cose conosco sul vino, meno mi illudo di essere un professionista o un esperto. Qualcuno, ogni tanto, dice di leggermi e di apprezzare questo mio tono distaccato; io mi stupisco sempre, sia del fatto che mi leggano, sia che apprezzino. E ne vado fierissimo.
Dai, la latitudine è quella del Veronese, ma pressapoco…