C’è un posto dove non grandina mai, dove non imperversano fitopatie e nemmeno le gelate precoci o tardive creano preoccupazioni. No, non è la piccola serra sotto casa, è un posto dentro casa, sulla scrivania. È là che stanno le carte, i registri, le denunce dei danni e quelle della produzione. Sulle carte non grandina mai, o se qualcosa succede, le prende di striscio, manco le bagna e men che meno le gela. Stanno al caldo e all’asciutto, le carte.
Cos’altro pensare ripercorrendo a memoria i titoloni dei giornali negli ultimi lustri, all’indomani dei fenomeni atmosferici perversi che ciclicamente si abbattono sulle colture? Emblematico, al riguardo, il mondo della vite e del vino che prende tutti con le emozioni che il vino si porta appresso. Più delle mele e dei piccoli frutti. Negli anni si son lette percentuali da spavento: 50% del raccolto compromesso, in certe zone addirittura il 100%, in altre magari solo il 30! Così uno aspetta con ansia il dato finale, quello che fissa la realtà inconfutabile, ossia la somma della produzione che a fine stagione emerge dalle carte della denuncia obbligatoria. E lì uno scopre che la conclamata diminuzione a due o tre cifre, è del tutto sparita o ridotta a una cifra soltanto. Miracolo? O è il miracolo delle carte?
Il miracolo delle carte si pone in Italia perché i dati veri e certificati dei nostri guai non si sanno e comunque non si pubblicano. Nemmeno quelli riferiti al 60% dell’uva assicurata.
Da tempo ormai, la vulgata corrente sostiene che su una malaugurata grandinata non occorre che l’uomo ci metta anche del suo per aggravare la situazione. È lo stesso ragionamento che si fa per i barconi carichi di immigrati i cui negrieri sarebbero o potrebbero essere in contatto con alcune Ong di salvataggio: per non danneggiare la stragrande maggioranza di quanti s’impegnano col cuore, si evita anche solo d’indagare se fra loro c’è qualche malintenzionato. In passato, sulle carte del vino (non quelle dei ristoranti, s’intende), su quelle aggiustate a dovere, qualcuno ci ha fatto i soldi, e tanti, magari dividendoli coi sodali.
Che colpa ha il contadino se grandine o freddo gli hanno falcidiato la produzione? Ovviamente nessuna, la produzione è ridotta e allora viene voglia di integrare il mancante con un acquisto da chi invece ne ha, spacciandolo per proprio. Fatto sta che le statistiche di fine anno pareggiano sempre e la qualità è sempre ok. E vissero tutti felici e contenti? No. Ci sono quelli che le carte non le aggiustano, che non le vogliono aggiustare e che di conseguenza sono becchi e bastonati.
Come osserva Angelo Peretti sul suo Internetgourmet.it – La gelata, i francesi forniscono le cifre, noi minimizziamo – è una questione culturale: il pensiero corre ai brand territorial-varietali come il Pinot grigio, che sul mercato globale non può proprio permettersi deficienze, cosicché la tentazione di non far grandinare sulle carte rimane grande.
Enologo, direttore del Comitato Vitivinicolo Trentino fra gli anni Settanta, Ottanta e Novanta, già membro del CdA Fem e vicepresidente di UDIAS, l’associazione degli studenti di San Michele, ed ex capitolare della Confraternita della Vite e del Vino di Trento. Largo ai giovani.