Ci dev’essere qualcosa che non va sotto i cieli di Trento. Ci dev’essere per forza, se, come apprendo da un commento postato stanotte su Trentino Wine, Angelo Rossi, un uomo con la schiena dritta e una lucida intelligenza critica come pochi ne conosco nella variopinta umanità enoica, annuncia aver rifiutato la benemerenza a cui era stato designato da Camera di Commercio; un encomio che avrebbe dovuto essergli consegnato a fine mese nel corso della cerimonia di apertura dell’ottantesima Mostra Vini del Trentino, per aver speso una vita a correre dietro (e soprattutto davanti) al vino trentino. Più che un gran rifiuto, quello di Rossi mi sembra una sventola tirata in faccia ad un sistema dominato da un caos non casuale. Anzi funzionale. Molto funzionale a qualcuno.
Ci dev’essere qualcosa che non va sotto i cieli di Trento. Ci dev’essere per forza, se ieri, a poche ore dalla pubblicazione del post in cui annunciavo la probabile presenza alla tavola rotonda del prossimo 25 maggio, in Camera di Commercio, del presidente dei vigneron trentini Lorenzo Cesconi, ho ricevuto una smentita in presa diretta dallo staff dei vignaioli: “Il presidente non è mai stato contattato”.
Ci dev’essere qualcosa che non va sotto i cieli di Trento. Ci dev’essere per forza, se a quindici giorni dall’apertura di Mostra Vini del Trentino, nessuno è ancora riuscito a mettere le mani su uno straccio di programma della manifestazione.
Ci dev’essere qualcosa che non va sotto i cieli di Trento. Ci dev’essere per forza, se il presidente di Consorzio Vini del Trentino, e di Cavit, venerdì scorso intervenendo ad una conferenza stampa (a cui i giornalisti erano stati invitati, testuali parole, per fare due chiacchiere davanti ad un buon calice di vino trentino), ha spiegato che quella che verrà sarà la prima vendemmia quasi interamente ecologica. Peccato che sarà anche la prima vendemmia trentina Delan Pro included. Senza contare che la certificazione “Ape Maia” (ora la chiamano così anche a palazzo, lasciando intuire quanto si prendano sul serio anche loro), non ha niente a che vedere con le pratiche ecologiche.
Ci dev’essere qualcosa che non va sotto i cieli di Trento. Ci dev’essere per forza, se nei giorni scorsi l’assessore all’Agricoltura della Provincia Autonomia si è precipitato a Roma (Commissione Agricoltura) a raccontare che in Trentino fa – ha fatto – freddo, un freddo così becco da aver stecchito i vigneti. Senza tuttavia riuscire a quantificare, almeno a spanne, il danno.
Ci dev’essere qualcosa che non va sotto i cieli di Trento. Ci dev’essere per forza, se la Real Casa del metodo classico (e tanto altro) dichiara (Corriere Economia 1 maggio 2017), senza che alcuno obietti nulla «dobbiamo attrarre manager di talento nelle cantine delle famiglie e delle coop. Noi l’abbiamo fatto. E altri lo stanno facendo, come Càvit guidata da Enrico Zanoni, che arriva da Nestlé. 0 Settesesoli con Vito Varvara da Procter & Gamble. 0 il gruppo Mezzocorona con Fabio Maccari da Unilever. Manager in grado di far competere il nostro vino a livello internazionale». Affermazione che tradotta significa questo: l’unico orizzonte possibile per il piccolo Trentino (1- 2 % della produzione nazionale) non è il genius loci del territorio, ma la sirena della globalizzazione senz’anima guidata dai manager internazionali. Magari bravi, magari bravissimi (come Enrico Zanoni, e lo dico per conoscenza personale) ma apolidi e senza patria. Pronti a fare le valige nel giro di quarantott’ore.
Ci dev’essere qualcosa che non va sotto i cieli di Trento. Ci dev’essere per forza, se… e mi fermo qui. E il mio pensiero, e tutta la mia comprensione, corrono di nuovo all’amico Angelo, uomo con la schiena dritta e una lucida intelligenza critica, che con la sua sventola ben assestata al sistema, si è rifiutato di legittimare un mondo che non gli piace. Un mondo sbagliato.