Nella mia solita osteria quotidiana, quando la sera è già troppo pericolosa.
Convinco un vecchio contadino (ultra ottantenne) a bere un ottimo (almeno per me) Lagrein 2014 (Mori Colli Zugna).
Commento a margine (del vecchio contadino)
…questi vini in cui si sente il legno, non mi piacciono. Sì, sì saranno anche buoni per voi fighetti, ma a me ricordano il vino “piccolo” di quando ero ragazzo. Quel vino che sapeva solo di legno e per fortuna sapeva di legno perché almeno copriva tutto le imperfezioni di quel vino fatto con l’acqua ripassata sulle vinacce. Per me il vino barricato è un vino taroccato. Bevetevelo voi”.
(la traduzione in italiano, naturalmente, non riesce ad esprimere fino in fondo l’acutezza di questa osservazione).
Comunque, grazie Berto per la lezione. Che vale più di mille corsi di Sommellerie.
#territoriocheresiste.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Che tutti abbiamo…mio nonno materno faceva il vino per la famiglia come si usava nelle nostre campagne fino agli anni 70 (da uve Lambrusco credo) e dopo la vendemmia di settembre il vino imbottigliato appena pronto si poteva bere più o meno fino a primavera piacevolmente accontentandosi, ma poi serviva un grande ingegno per arrivare a quello nuovo…diciamo che l'aceto non mancava mai…
Mi permetto di formulare un pensiero se vogliamo banale, mutuando in parte dagli oramai troppi e troppo presenti gastroprogrammi le considerazioni sulla panna…in cucina chi la usa non è capace di cucinare, ma per talune ricette nella corretta quantità è indispensabile, forse potrebbe valere anche per la barricatura…
mass' certo…enrico. era solo una conversazione rubata al bar, per raccontare di una sapienza contadina che non fa sconti. E di una memoria contadina di un'età, quella del "vim picol"… di grande ingegno.
È capitato anche a me, ricordo una decina di anni fa, di parlare con un esperto che mi disse più o meno la stessa cosa.
Nel massimo rispetto per i personaggi citati, che adoro, non è la Barrique a snaturare il territorio, ma il modo con cui si conduce la vigna, i vitigni prescelti e le tecniche di vinificazione. Altrimenti dovremmo affermare che i grandi Borgogna, gli champagne dei vigneron e i grand cru di Bordeaux, tutti esempi dove l'utilizzo del legno piccolo è datato tre secoli, non sono vini di territorio…
Il mio era un paradosso ….
si…Albino Armani..noi. non siamo all'altezza…dei nostri padri. pero almeno io e te ne siamo consapevoli. almem quelo dai… comunque…. ho passato un paio d'ore…così belle..ascoltando il raconto di questsa gente..che vendeva le strope al tuo papà… ma no erano solo strope era il racconto di un'umanità solidale, che parlava la medesima lingua.
sai Albino Armani…che…poi con Berto…abbiamo parlato anche del tuo papà. E bene. Un monumento al tuo papà e a quei tempi pionieristici.
eh eh….caro giuliano e invece sai cos è successo: che ad un certo punto….qualche decennio fa..gli amerikani..(gli wine writers americani) ci spiegarono che il vino doveva essere barricato…e tutti baricarono…più o meno bene più o meno consapevolmente. E tutti cominciamm a fare vini barricati, americanizzati e tutti uguali. Un vecchio barolista, il maestro dei maestri del Barolo, il compianto,e compagno vero, compagno autentico, Bartolo Mascarello,..(prima c'erano stati i barolo boys) fece quest'etichetta: No Barrique, no Berlusconi (tralascio gli aneddoti di contorno). Lunga vita ai Berto e ai Bartolo E sempre avanti con. #territoriocheresiste
Non sono un intenditore ma sono d'accordo con il mio saggio collega. 😉